
- 1 Che cos’è il plank per l’addome?
- 2 A cosa serve il plank?
- 3 Come si esegue e come si fa l’esercizio corretto del plank?
- 4 Errori comuni nel plank
- 5 Come imparare il plank?
- 6 Quali sono i muscoli coinvolti nel plank
- 7 Quali sono i benefici del plank?
- 8 Plank a braccia tese
- 9 Plank a gambe alternate
- 10 Plank superman (long hollow)
- 11 Plank monopodalico a una gamba
- 12 Plank monopodalico a una gamba
- 13 Plank laterale con rotazione
- 14 Allenare il plank ogni giorno.
- 15 Quante serie e secondi fare in plank?
- 16 Esempio di scheda per il plank
- 17 Meglio il plank o i crunch?
- 18 Per fare il plank serve la mobilità?
- 19 Plank sulle dita o sul collo del piede
- 20 Il plank sulla swissball
- 21 Conclusioni sulla plank
Il plank è uno degli esercizi più rinomati per il lavoro del core e viene utilizzato praticamente in quasi tutte le preparazioni sportive, dove la capacità di reclutare in modo efficace tutta la muscolatura del corsetto addominale diventa un punto fondamentale per stabilizzare la colonna e scaricare la forza del peso corporeo, gli impatti e via dicendo in modo efficiente ed efficace.
Un altro punto fonte di molte discussioni è il miglioramento della stabilità del core attraverso l'esercizio fisico come strumento di prevenzione degli infortuni muscolo-scheletrici. Ad oggi mancano prove definitive che dimostrino un'associazione tra instabilità di base e infortuni; tuttavia, programmi di prevenzione ben organizzati, inclusi esercizi di stabilizzazione del core, sembrano essere efficaci nel ridurre la frequenza di infortuni alle estremità inferiori e alla bassa schiena.
I programmi di prevenzione che mirano alla stabilità del core si concentrano sul miglioramento del reclutamento degli stabilizzatori locali e globali, dei mobilizzatori globali e dei muscoli che permettono il trasferimento del carico dagli arti superiori/inferiori al tronco, ripristinando la forza e la resistenza muscolare e ripristinando la postura e l'equilibrio attraverso il controllo neuromuscolare.
Aldilà di tutto ciò che riguarda la core stability, che è attualmente oggetto di studio e di discussione, in questo articolo voglio parlarti di uno degli esercizi più importanti dell’allenamento a corpo libero: il plank.
E’ bene fare un'importante precisazione: ogni disciplina dirà che la forma di plank che utilizza nei suoi protocolli di allenamento è sempre migliore di altre. Io mi pongo dalla parte del modello prestativo, dove la richiesta è sempre specifica ed è fine al miglioramento di una certa gestualità.
In questo articolo non voglio dirti quale sia il plank e quale plank bisogna fare a priori, ma che un certo tipo di esecuzione è più funzionale ad un certo tipo di allenamento, nel mio caso l’allenamento calisthenics.
Che cos’è il plank per l’addome?
Diciamo che è opportuno diversificare la tipologia di plank che si esegue in funzione della richiesta; in particolare, nell’ambito calisthenico il plank ha una funzione dominante: attivazione della parete addominale e sinergici per garantire una linea esteticamente piacevole e ottenere un sistema che sia facile da spostare nello spazio, soprattutto in gestualità che hanno un pattern motorio complesso. Vi sono tantissimi sport dove è presente questa necessità: dalla ginnastica artistica maschile e femminile, il trampolino elastico, i tuffi, il canottaggio e molto altro.
E’ ovviamente riduttivo limitare il plank ad un esercizio di attivazione addominale, perché in realtà il sinergismo è veramente molto elevato e, nonostante sia considerato un esercizio semplice e banale da chi pratica calisthenics, troppi peccano ancora nell’esecuzione.
A cosa serve il plank?
Nell’ambito dell’allenamento a corpo libero quando pensi al plank pensi ad una postura “chiusa”, che però non va confusa con “esasperare” un certo tipo di atteggiamento posturale perché si rischia di ottenere un effetto non desiderato.
Nell’universo dei movimenti del calisthenics il plank si inserisce in praticamente tutti i movimenti o meglio, il reclutamento posturale che lo distingue caratterizza quasi tutti gli allineamenti dei movimenti a corpo libero dove si ricerca un'attivazione sinergica, che connetta la parte alta del corpo con la parte bassa. Addirittura, a causa della voluta attivazione di alcuni muscoli scapolari, si crea una elevata connessione tra arti superiori e inferiori attraverso il tronco.
La capacità di connettere attivamente distretti così lontani è un problema non indifferente che ho constatato esserci in quasi tutti i principianti: immagina di non riuscire ad eseguire due movimenti scapolari in sinergia, come puoi pensare di unirli ad un atteggiamento del bacino? E delle gambe? E poi unire tutto all’attivazione degli arti superiori. Il risultato è sempre mediocre e non funzionale, il primo step è sempre imparare una cosa fondamentale: il reclutamento dei singoli muscoli. Solo successivamente puoi procedere ad una integrazione delle diverse componenti.
IL plank è, quindi, un esercizio che presenta una postura che si applica a quasi tutti i movimenti del calisthenics: dalla planche, al front lever, alla verticale, ai piegamenti sino alle trazioni.
Questo non significa che, se non fai il plank come ti descriverò in questo articolo, non puoi fare calisthenics ma che probabilmente prima o poi farai semplicemente più fatica.
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Come si esegue e come si fa l’esercizio corretto del plank?


Come accennato, in questo articolo trattiamo un'esecuzione del plank che abbia un'utilità nel contesto del calishtenics: ovviamente lo spettro delle attività dove si può applicare questa variante è molto grande e va dalla ginnastica artistica alla ginnastica aerobica e, in generale, comprende tutte le pratiche sportive dove è necessario spostare il corpo come un’unica entità.
Vorrei fare una importante precisazione: la postura del plank non è l’unico allineamento utilizzato in discipline come la ginnastica o i tuffi o il trampolino elastico, ma è una delle 2 posture principali. Infatti, tutto si basa sul ciclo stiramento/accorciamento della catena cinetica anteriore e posteriore per produrre un affetto di accelerazione o/e decelerazione verticale e/o orizzontale del baricentro.
Il plank deve essere sempre funzionale alle sue evoluzioni. Realizzare una forma che poi si "traferisce" poco sugli esercizi considerati una progressione (in termini di difficoltà) significa potenzialmente sviluppare meno forza nei gesti più complessi. E’ importante, quindi, prima definire quali movimenti vuoi imparare, quali posture presentano e creare una digressione didattica fino a spolpare il movimento alla sua forma propepedeutica. Il plank è la forma propedeutica di qualcosa e a sua volta lo step successivo di un qualcosa di ancora più semplice…che però ti spiegherò successivamente.
Adesso ti presento quelli che sono i dettagli principali del plank, giustificando e, se possibile, giustificare la scelta di un certo assetto e/o attivazione muscolare:
- La prima cosa che DEVE sempre esserci è l’allineamento dei 3 giunti principali che sono spalle, bacino e caviglie. Immaginate di tracciare una linea immaginaria che parte dalle spalle e vai sui piedi…questa linea DEVE passare dal bacino;
- Il secondo punto importante è il posizionamento delle spalle sopra i gomiti che, sia in visione laterale sia in visione frontale, devono sempre essere sopra i gomiti;
- Terzo dettaglio non indifferente è la rotazione dell’omero: gli avambracci devono essere paralleli. Perché questa scelta? Immagina il plank come evoluzione di qualcos’ altro. Se da un plank sui gomiti poi procedo ad un plank a braccia tese questo diventa la base dei piegamenti a terra (di cui ho scritto un interessante articolo).
Affinché il piegamento base sia utile per esercizi più complessi, i gomiti devono muoversi lungo il busto, come succede nelle dip alle parallele, o nei piegamenti sbilanciati a terra o nei piegamenti in verticale liberi; ma come fanno a rimanere aderenti alla parte superiore del corpo se l’omero è ruotato internamente (nella posizione iniziale di plank a braccia tese)? Se l’omero è ruotato internamente, la parte posteriore del gomito sarà orientata verso l’esterno e nei successivi piegamenti il l’omero non sarà mantenuto aderente al busto.
Non vale la pena correggere il gesto in futuro, perché sarà solamente una perdita di tempo e un correre dietro ad un sistema nervoso che è stato abituato a fare le cose diversamente;
- Passiamo alle scapole e alla colonna: l’unico accorgimento è quello di non adagiarsi sulle spalle, ma pensare a spingersi sempre verso l’alto e contemporaneamente mantenere le spalle lontano dalle orecchie.Questo genera una abduzione delle scapole e una depressione. Nota importantissima: l’abduzione delle scapole dovrebbe limitarsi all’attivazione del gran dentato anteriore e non al piccolo pettorale.
Ogni movimento dove c’è una esagerazione del piccolo pettorale presenta un'anteposizione eccessiva della spalla e un tilt anteriore. Nell’evoluzione del plank avere un assetto estremizzato non è la soluzione ottimale; tuttavia, in individui alle prime armi si consiglia di spingersi via al massimo, ovvero il principiante non deve assolutamente pensare a modulare l’attivazione. Una cosa che mi ha colpito negli ultimi dieci anni di lavoro è che il neofita non riesce a combinare la protrazione delle scapole e la depressione o meglio se prima si attiva in abduzione di scapola poi la perde quando allontana le spalle dalle orecchie.
La corretta attivazione delle scapole genera una flessione della colonna di circa 15-20°; questo è l’allineamento che si ricerca sempre e purtroppo oggi è confuso con una eccessiva flessione della colonna, che estremizza la cifosi toracica con inevitabili adattamenti posturali e funzionali;
- Il quinto punto di cui ti voglio parlare è il bacino: la maggior parte delle persone crede che fare un plank voglia dire retroversione. Ma la retroversione è una rotazione avanti del sacro e stop: e tu potresti ruotare il sacro avanti anche in flessione di anca (sino ad un certo punto ovviamente); tuttavia, plank e flessione d’anca sono due cose, che non possono coesistere e, infatti, a livello del bacino si ottiene l’attivazione corretta tramite l'utilizzo di due accorgimenti:
- Retroversione del bacino;
- Traslazione del bacino.
Ebbene il plank è un movimento di roto-traslazione dell’anca;
- Questi sono i punti principali a cui ovviamente si aggiunge una adduzione degli arti inferiori e una estensione delle ginocchia.
Errori comuni nel plank
Di pari passo a queste regole di “buona condotta”, seguono sempre gli errori che dovresti sempre evitare; non è la pratica che rende perfetti, ma SOLO la pratica perfetta:
- Ovviamente, in relazione al primo punto, se non riesci a mantenere sula stessa linea che corre dai piedi alle spalle anche il bacino, significa che non vi sono le corrette attivazioni muscolari;
- Le spalle: se guardassimo un plank scorretto lateralmente e/o frontalmente, puoi subito notare che l’omero non è perpendicolare al pavimento. Ho volutamente scritto “e/o”, perché l’errore in visione laterale può presentarsi in presenza o in assenza dello stesso errore in visione frontale.
Più le spalle sono sbilanciate in avanti, più il carico sarà su spalle e tricipiti; al contrario, il carico è maggiore sugli adduttori dell'omero.
In visione frontale sussiste un solo errore: il gomito si trova esterno alla spalla. Questo può essere dovuto a diversi fattori, fra cui deltoide posteriore molto accorciato e adduttori delle scapole accorciati; ma quasi sempre è più un'abitudine sbagliata;
- Gli avambracci che non sono paralleli sono un altro grosso problema. Le motivazioni vanno da una maggiore comodità fino ad una difficoltà vera e propria ad extra ruotare l’omero. Questo succede perché vi sono diversi muscoli che ci aiutano a mantenere la depressione delle scapole, fra cui pettorale, piccolo pettorale, gran dorsale, grande rotondo, trapezi etc. Alcuni di questi sono anche rotatori interni dell’omero e quando vengono contratti per deprimere le scapole finiscono per ruotarlo internamente. Gli extra-rotatori, che sono naturalmente più deboli degli intra-rotatori, dovranno vincere la tensione muscolare prodotta da questi ultimi e riportare gli avambracci in una posizione dove sono paralleli;
- Errori nelle scapole: la perdita di spinta verso l’alto produce un'adduzione delle scapole. La spinta potrebbe presentare un problema di attivazione motoria oppure una limitazione passiva di altri muscoli (vedi la parte sulla mobilità).
Il secondo errore è l’elevazione della scapola: l’idea è sempre quella dell’assetto più sicuro e in questo caso il posizionamento stabile della testa dell’omero nella cavità glenoidea si produce anche con una depressione dell’omero; - Il tilt pelvico anteriore concorre a limitare l’atteggiamento corretto del plank esattamente, come la presenza della sola retroversione. Infatti, il classico plank che sembra la capanna di un indiano può presentare una flessione d’anca con antiversione del bacino, ma anche una flessione di anca con retroversione del bacino. Solitamente dato che flessione di anca più antiversione richiede una maggiore estensibilità della catena postero-inferiore sopra a media è più probabile incorrere in una flessione di anca con retroversione. Sono entrambe situazioni sbagliate, perché peccano di estensione d’anca;
- Divaricare eccessivamente gli arti inferiori aumenta la base di appoggio e la stabilità del movimento. Flettere le ginocchia è un chiaro segno che non si riesce ad estendere l’anca senza coinvolgere le gambe ma nel paragrafo della mobilità vi saranno interessanti approfondimenti.
Come imparare il plank?
Come ho accennato in diversi articoli è necessario creare una digressione, una scomposizione che permetta anche a chi ha poca connessione mente muscolo di raggiungere il plank. Lavorando con centinaia di persone ho notato che ciò che troverai di seguito non è così scontato come sembra ed è un approccio estremamente valido per inserire un tassello alla volta e integrare le singole attivazioni SOLO dopo averle ottimizzate separatamente:
- Il primo step è puramente un lavoro sulla connessione mente-muscolo, quella che io chiamo "coscienza muscolare", ossia la capacità di reclutare attivamente un muscolo in una situazione NON facilitante. E la difficoltà è proprio questa: comunemente si pensa che la condizione non facilitante sia solo un carico molto alto, un'intensità altissima, ma in realtà può essere anche una attivazione senza resistenza.Perché è fondamentale fare ciò? Perché nel plank ti trovi ad attivare alcuni muscoli in una condizione in cui non hanno un resistenza che li stimoli ad attivarsi.Se ci pensi quando sei in piedi se porti le spalle vicino alle orecchie poi la forza di gravità ti aiuta a capire cosa vuol dire deprimere le scapole, ma perché il vettore di forza della depressione è parallelo alla forza peso.Ma quando sei in plank questo non succede, perché l’elevazione e la depressione avvengono lunga una direzione che è perpendicolare alla forza peso. Questo significa che devi attivare la depressione in una condizione dove non c’è nulla che ti induce a farlo, che ti aiuta, che ti da un input di partenza. Ed è proprio in questa situazione che entra in gioco la capacità di reclutare volontariamente la muscolatura anche in condizioni non favorevoli.
Lo stesso discorso vale per i muscoli che si alternano in abduzione e adduzione della scapola. Lavorano bene quando il corpo è parallelo al pavimento e non quando è perpendicolare. Questo significa che adduzione e abduzione sono più difficili da riprodurre quando sei in piedi e non quando sei in plank: non a caso TUTTI hanno più difficoltà a deprimere le scapole e non a spingersi via dal pavimento.
Esattamente per questo motivo il tuo primo obbiettivo è imparare a:
- Addure e abdurre le scapole in piedi e in quadrupedia prona (a gattoni);
- Elevare e deprimere le scapole in piedi e in quadrupedia prona;
- Addurre/abdurre in combinazione con l'elevazione/depressione in piedi;
- Addurre/abdurre in combinazione con l'elevazione/depressione in quadrupedia prona.
Nel mentre dovrai imparare anche a distinguere e combinare tre atteggiamenti del bacino:
- Antiversione e flessione di anca;
- Retroversione e flessione di anca;
- Retroversione ed estensione di anca.
Solo quando padroneggi bene tutti questi movimenti elementari potrai cimentarti nelle didattiche per la plank.
- Il modo più semplice per scalare un plank è eseguirlo su un rialzo a 45°; quindi, per esempio appoggiando gli avambracci su un tavolo o su una panca o su un cubo per la pliometria e avendo cura di introdurre la combinazione di abduzione e depressione scapolare e retroversione ed estensione dell’anca;
- Arrivato a questo punto hai due soluzioni: puoi decidere di ridurre l’altezza del rialzo oppure lavorare a terra e scalare la leva.La prima strategia non è molto efficace, perché appena il corpo si posiziona parallelo al pavimento quasi tutti non riesco a deprimere le scapole. Ed è per questo motivo che ti consiglio di lavorare sulla seconda strategia, partendo dal plank sul bacino.
L’idea è la seguente: immagina di eseguire il plank e prendi nota di quanto è alto il bacino da terra. Prendi un rialzo, come un materassino o alcuni libri, e usalo come appoggio per il bacino.
L’obbiettivo è, dunque, unire atteggiamento delle scapole a quello del bacino con una leva ridotta;
- Il passo successivo è allungare la leva e spostare l’appoggio sulle ginocchia, ma senza flettere le ginocchia. Anche in questo caso prendere nota dell’altezza che le ginocchia avrebbero in un plank completo e utilizzatelo anche qui;
- Ultimo step: dalla posizione in ginocchio devi rimanere sempre in appoggio sul materasso ma, dopo aver poggiato i piedi a terra, estendere le ginocchia completamente. Questo ridurrà quasi del tutto l’assistenza del ginocchio e finalmente sarete in plank sui gomiti.
Quali sono i muscoli coinvolti nel plank
L’obbiettivo del plank è sicuramente il rinforzo di tutta catena cinetica anteriore, che permetterà di muovere il corpo come un'unica entità, riducendo così la difficoltà del movimento.
In particolare, troviamo una forte attivazione di spalle, retto dell’addome, obliquo esterno e medio gluteo. Per la zona coinvolta nell’attivazione delle scapole troviamo:
- il gran dentato principalmente come abduttore delle scapole;
- gran dorsale, gran pettorale e trapezio basso per la depressione delle scapole;
- Infine, rotatori esterni dell’omero per tenere gli avambracci paralleli.
Bisogna menzionare che, se il plank viene eseguito sul collo del piede, c’è un certo coinvolgimento anche del tibiale anteriore.
Infine, ma non meno importante, il ruolo del quadricipite femorale nell’estensione del ginocchio e dei flessori dell’anca.
Quali sono i benefici del plank?
Come menzionato nei paragrafi precedenti, il plank è un esercizio che stimola in modo importante tutta la parete addominale, è uno schema motorio ampliamente utilizzato nel calisthenics e non solo e può essere un ottimo strumento per una correzione posturale; per esempio, in tutti quegli individui che presentano un deficit di estensione di anca o le scapole alate.
Plank a braccia tese

IL plank a braccia tese è la prima evoluzione del plank sui gomiti. La differenza sostanziale è l’estensione del gomito e l’estensione del polso. Entra, quindi, in gioco una componente di stress articolare maggiore, soprattutto in individui con una ridotta estensione del polso.
Notare che per alcuni la capacità di abdurre le scapole spingendosi via dal pavimento aumenta in modo considerevole; al contrario, se tutto il palmo viene mantenuto aderente al pavimento, può essere più difficile:
- Estendere i gomiti: questo è dovuto al fatto che la pronazione completa stira al massimo il bicipite brachiale e a questa si aggiunge anche lo stiramento sul gomito. In persone con una elevata tensione al bicipite si può presentare una maggiore difficoltà ad estendere il gomito;
- Extra-ruotare l’omero: la pronazione della mano, in caso di pronatori poco elastici (in particolare pronatore rotondo), può trascinare con se la parte distale dell’omero che finisce in rotazione interna. A questo punto solo per una tensione all’avambraccio farai più fatica ad attivare gli extra-rotatori.
Plank a gambe alternate
Il plank a gambe alternate con sollevamento del braccio controlaterale (posa denominata bird-dog) è un esercizio di stabilità del core, che permette di allenare un numero più elevato di muscoli rispetto ad un plank normale e sicuramente incrementa anche la componente coordinativa.
Per eseguirlo si parte da una posizione di quadrupedia prona con un allineamento della colonna neutro; ti consiglio in seguito di eseguire sollevamento unilateraterale di braccio o gamba e solo successivamente coordinare il sollevamento di un braccio con la gamba controlaterale (opposta).
La sinergia muscolare pone in sincronia obliquo esterno, grande e medio gluteo, bicipite femorale (capolungo, se il ginocchio è in estensione completa), lunghissimo del dorso e multifido.
Plank superman (long hollow)
Questa variante del plank a braccia tese è sicuramente avanzata e il raggiungimento della posizione finale simula abbastanza bene il movimento dell’ab-wheel. Rispetto ad un plank a braccia tese normale si produce un aumento della flessione scapolo omerale, portando a:
- un maggiore stiramento del gran pettorale che, come ben saprai, quando viene allungato porta ad una estensione della colonna, in contrasto con l’atteggiamento di colonna leggermente flessa che dovresti ricercare. Di conseguenza dovrai reclutare maggiormente gli addominali per contrastare questa tendenza ad estendere la colonna;
- una maggiore flessione scapolo-omerale che impone anche un maggiore stiramento del dorsale e una maggiore contrazione dello stesso per evitare di cadere sul pavimento. Il gran dorsale è cifo-lordosizzante e nel momento in cui si accentua la lordosi lombare inevitabilmente si produce una flessione d’anca con perdita inevitabile dell’estensione dell’anca. In questo frangente soprattutto la parte bassa dell’addome e i glutei dovranno lavorare ancora di più per impedire la perdita di allineamento corporeo;
- Infine, la massima flessione scapolo-omerale e relativa contrazione degli stessi muscoli che si allungano comporta anche un aumento della tendenza dell’omero a ruotare internamente. La flessione scapolo-omerale e rotazione interna dell’omero non sono una combinazione molto piacevole per la spalla quindi in presenza di limitata mobilità articolare sconsiglio questo esercizio allo stesso modo con cui sconsiglio l’ab-wheel.
Plank monopodalico a una gamba
L’esecuzione del plank monopodalico può avere un suo perché all’interno della preparazione a secco di alcuni sport, come per esempio il nuoto in presenza di stili ad esecuzione prona come lo stile libero. Logicamente tutto il carico si riversa su un solo lato e qui, quasi sempre, si possono mostrare delle differenze tra destra e sinistra. In casi come questo è sempre bene impostare il lavoro sull’arto più debole e mai su quello più forte.
Plank monopodalico a una gamba
Il plank laterale, denominato anche side-bridge, è un ottimo esempio di esercizio di stabilizzazione del core e permette di colpire la spalla principalmente sul deltoide laterale, obliquo esterno, retto dell’addome e gluteo medio.
Nonostante molto spesso venga assegnato in palestra come uno dei tanti esercizi per il core, senza un obbiettivo particolare, è invece una variante che trova diverse applicazioni nella ginnastica artistica, nel calisthenics e nel Pole Sport.
In particolare, nella ginnastica diventa un modo per comprendere come allineare la colonna in tutti gli avvitamenti principalmente quando avvengono sul piano sagittale. Nel calisthenics e nel Pole Sport è un esercizio che io consiglio assolutamente in avvicinamento alla bandiera (human flag), in quanto funge da preparazione fisica di base per la stabilità della colonna nei movimenti in sospensione/appoggio al palo/spalliera.
Plank laterale con rotazione

Questa è una delle varianti più sottovalutate e risente moltissimo di tensioni muscolari sul dorso e sull’addome e ovviamente ha come requisito base il plank laterale.
Il movimento trova una forte applicazione in tutti quei gesti dove sussiste una rotazione della colonna o una contro-rotazione della colonna (cioè i fianchi ruotano in un verso e la colonna ruota nel senso opposto). Due esempi sono gli avvitamenti sul piano sagittale tipici della ginnastica artistica e i mulinelli al cavallo con maniglie.
Le direttive esecutive sono molto semplici:
- Inizia da una posizione di plank laterale su un gomito (supponiamo il destro);
- La mano sinistra va posizionata dietro la testa e il braccio sinistro in massima abduzione (devi percepire il deltoide posteriore sempre contratto);
- I piedi sono completamente sovrapposti;
- A questo punto devi ruotare la colonna e raggiungere il pavimento con il gomito, SOLAMENTE grazie alla rotazione della colonna e non tramite una adduzione del braccio superiore;
- Nello stesso momento pensare a ruotare i fianchi nel verso opposto (la famosa contro-rotazione). Questo garantisce un lavoro localizzato principalmente nella zona toracica della colonna.
Allenare il plank ogni giorno.
Quando si tratta di allenare gli addominali si pensa banalmente che se li alleno tanto il grasso addominale andrà via, ma in realtà fare il plank tutti i giorni non farà spuntare gli addominali.
Per chi vuole inserire questo esercizio a scopo didattico per la verticale o per la planche o per i piegamenti a terra preferisco contestualizzare:
- Se non si è in grado di controllare i singoli movimenti, è bene allenarlo 2-3 volte a settimana. Lo stesso si può dire per chi ha già una buona confidenza e percepisce che è un movimento allenante;
- Se già si ha buona dimestichezza con questo esercizio, lo si può inserire addirittura come un esercizio di riscaldamento.
Quante serie e secondi fare in plank?
Anche in questo frangente definiamo un livello atletico:
- Il principiante può limitarsi a 3-4 serie da 6-12’’;
- Intermedio può spostarsi nel range 24-36’’;
- Chi desidera utilizzarlo come esercizio di potenziamento potrebbe lavorare anche su tenute da 60’’ per almeno 5 serie.
Ricordati sempre che il contesto fa da padrone: se ti serve un core molto forte perché fai sforzi ad alta intensità, potresti anche beneficiare del plank con sovraccarico (per esempio con un disco sulla schiena); mentre se il tuo obbiettivo fosse lo sviluppo della resistenza è inevitabile considerare la possibilità di inserire tenute che vanno bel oltre il minuto, per molteplici serie.
Esempio di scheda per il plank
Trattandosi di un esercizio che lavora principalmente muscoli ad affaticamento lento l’idea più comune è allenarli con un recupero breve e/o utilizzare un esercizio di compensazione per allungare proprio la muscolatura che viene accorciata nel planche (principalmente il retto dell’addome):
- Eseguire come se fosse un circuito i seguenti 2 esercizi:
- 60’’ plank;
- 20’’ di cobra;
- Ripetere tutto senza sosta per 5-7 serie.
Meglio il plank o i crunch?
Sicuramente il plank è il miglior esercizio di TUTTI…..questa sarebbe la classica risposta di chi vuole tirare l’acqua al proprio mulino. In realtà non esistono esercizi migliori di altri, ma sono esercizi adatti al modello prestativo.
Il plank è un esercizio in estensione di anca in isometria, mentre il crunch è un esercizio dinamico di flesso-estensione della colonna che quasi sempre viene eseguito in flessione d’anca.
Il plank subisce la leva sui flessori dell’anca, che tendono a portare la parte bassa del rachide in estensione, mentre nel crunch gli arti inferiori non lavorano in modo attivo e non concorrono a fare perdere l’allineamento.
Il plank, inoltre, fa utilizzo attivo della muscolatura scapolare e delle spalle, cosa che, invece, nel crunch non avviene.
Infine, mentre il primo insegna un atteggiamento posturale, il secondo è un esercizio fine a sé stesso di reclutamento dei flessori della colonna.
Sono esercizi differenti che, nel loro complesso, attivano muscolature simili ma che non possono essere considerati alternativi se l’obbiettivo è il raggiungimento della prestazione fisica.
Per fare il plank serve la mobilità?
Non ti nego che questo è uno dei paragrafi che morivo della voglia di scrivere.
La fatidica domanda: ma per fare il plank serve mobilità?
Ovviamente, senza pretendere di dare una definizione di mobilità, voglio porti la domanda in un altro modo: ci possono essere difficoltà di esecuzione in presenza di muscoli accorciati? La risposta è DECISAMENTE SI.
In questo paragrafo voglio mostrarti con quanta facilità le tensioni passive muscolo-fasciali possono incidere sulla buona riuscita di un plank:
- Rotatori interni: quando questi sono molto accorciati impediscono di mantenere gli avambracci paralleli;
- Addutori delle scapole: se romboide e medio trapezio sono troppo corti impediscono una corretta abduzione delle scapole;
- Elevatore della scapola e trapezio alto: possono limitare la depressione delle scapole;
- Paravertebrali molto accorciati mantengono la colonna in estensione limitando indirettamente la flessione della colonna stessa e l’abduzione delle scapole: ne risentiranno sicuramente gli addominali;
- Quadricipiti e flessori dell’anca: questo è la nota forse più particolare. I flessori dell’anca permettono di spingere contro il pavimento per mantenere su il corpo; il problema è che, se sono più forti degli addominali, si finisce per perdere l’estensione e la retroversione del bacino.
Questo è uno dei motivi per cui il plank è molto difficile, perché tutti utilizzano i flessori dell’anca ogni volta che camminano a passo lento o sostenuto oppure ogni volta che si fanno le scale. Mi capisci, quindi, che gli stimoli di attivazione che vengono perpetuati durante la giornata sono sempre tantissimi.
E’ molto più probabile avere flessori dell’anca molto forti. Aggiungi, inoltre, che la vita sedentaria e i lavori da scrivania producono un accorciamento sempre dei flessori dell’anca al punto che dopo un po’ di tempo ti trovi con muscoli forti…e accorciati.
E gli addominali devono contrastare esattamente tutto ciò…su una leva non certo trascurabile…cioè la lunghezza degli arti inferiori: capito come mai il plank non è così semplice?
Plank sulle dita o sul collo del piede
Anche questo è un paragrafo interessante: quale è il più difficile?
Diciamo che vi sono due problemi principali:
- Sicuramente mantenere il peso sul collo del piede pone in stiramento il tibiale anteriore e questo molto spesso comporta il presentarti di fastidiosi crampi ai piedi e ai polpacci;
- Spostare il peso sulla parte anteriore del piede comporta un aumento della leva proporzionale a quanto i estende il tibiale: maggiore la flessione plantare maggiore lo stiramento e quindi maggiore la leva. Vale esattamente il contrario in caso di flessione plantare ridotta.
Il plank sulla swissball

Ammetto che non vedevo l’ora di scrivere questo paragrafo. Porterò in luce un paio di concetti direttamente dal mondo dell’aerodinamica che però trovano nel plank un contesto molto interessante.
Prima di tutto è bene distinguere 2 tipologie di lavoro sulla swissball:
- I piedi in appoggio sulla swissball con gli arti superiori su una superficie stabile;
- Arti superiori sulla swissball e piedi in appoggio a terra.
Questo tipo di lavoro è più facile o più difficile rispetto ad una superficie stabile? E rispetto ad un plank sugli anelli/trx? Mi sento di dire che è semplicemente DIVERSO.
Indubbiamente chiunque la prima volta appoggi i gomiti su una swissball ti dirà che è difficilissimo rispetto al pavimento e che è diverso rispetto agli anelli/trx, esattamente come chi fa gli accordi su una chitarra con la mano destra troverà impossibile eseguire gli accordi con la sinistra.
Dal punto di vista pratico la swissball si comporta esattamente come un aereo. Un aeroplano deve stabilizzare 3 movimenti principali:
- Rotazione sul suo asse (yaw);
- Rovesciamento sul piano sagittale (roll);
- Rovesciamento sul piano trasversale (pitch);

Ovviamente, data la pressione che l'atleta esercita sulla swissball, non è necessario dover stabilizzare l’instabilità sul suo asse (yaw) semplicemente perché la palla è spinta verso il pavimento e c’è troppo attrito per creare una rotazione.
Il lavoro si limita quindi ai due rimanenti gradi di libertà e comporta un elevatissimo sinergismo muscolare ed è quindi un ottimo lavoro per la propriocezione e per il riscaldamento, ma ha poca utilità se l’obbiettivo è lo sviluppo della forza su una superficie stabile.
Conclusioni sulla plank
Se sei arrivato fino a qui, avrai capito che la plank non è poi un esercizio così semplice come sembra, e anzi è ricco di dettagli e trappole che vanno sapute affrontare con l'approccio corretto.
Se ti è piaciuto questo articolo, potrebbe interessarti la mia guida gratuita sul Calisthenics che puoi scaricare tramite il link qui sotto. Buon allenamento!
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