
- 1 Che cosa sono i piegamenti sulle braccia?
- 2 Si dice piegamenti o flessioni?
- 3 Come si eseguono i piegamenti sulle braccia?
- 4 Quali sono gli errori più comuni nei piegamenti?
- 5 Quali sono i muscoli interessati nei piegamenti?
- 6 Quanta mobilità serve per fare i piegamenti?
- 7 Varianti di piegamenti sulle braccia
- 8 Esistono varianti di piegamenti facilitati per le donne?
- 9 Come allenare i piegamenti?
- 10 Conclusioni sui piegamenti a terra
In questo articolo vedremo i piegamenti sulle braccia uno degli esercizi più comuni nel mondo dell’allenamento a corpo libero (e quindi del calisthenics).
Nella prima parte cercheremo di fare chiarezza sulla definizione dell’esercizio stesso, sulla fisiologia e biomeccanica e sugli errori più comuni.
Nella seconda parte analizzeremo le varianti più comuni dal punto di vista del reclutamento muscolare e verranno proposte delle metodiche di lavoro per cercare di diventare più forti nei piegamenti e/o cercare di aumentarne le ripetizioni massime.
Che cosa sono i piegamenti sulle braccia?

I piegamenti sulle braccia sono un popolare esercizio di condizionamento muscolare utilizzato sicuramente in ambito militare e reso popolare in molte apparizioni televisive nelle varianti più stravaganti a due mani, una mano, rialzati con il battito di mani e molto altro.
Data la sua “semplicità” a livello logistico lo rendono un esercizio adatto a qualsiasi ambiente (sia casalingo o palestra) e livello, soprattutto se si conoscono le modalità per scalarlo in modo opportuno. Nel mondo del calishtenics e dello streetworkout è diventato oggetto di diverse tipologie di allenamento/workout, dove viene eseguito in combinazione con uno o più esercizi per altri gruppi muscoli o viene proposto in un alto numero di ripetizioni.
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Si dice piegamenti o flessioni?
Vale la pena spendere qualche riga per chiarire un'importante diatriba che caratterizza il mondo del fitness e che riguarda la terminologia per identificare questa gestualità: si parla di piegamenti o di flessioni?
Analizzando il termine piegamento vi si può dare questa definizione: “il termine piegamento si riferisce al passaggio da una posizione “lunga” ad una posizione “corta” quando si sostiene il corpo su un sostegno come l’arto superiore, l’arto inferiore oppure entrambi. Nel caso del piegamento a terra si verifica un sostegno iniziale del peso corporeo sull’arto superiore (che trova il gomito in estensione) e l’arto inferiore. Nella fase finale, senza cambiare l’appoggio del corpo si trova vicino al pavimento o comunque in una posizione dove il busto è all’incirca a livello dell’appoggio (questo può variante in base all’escursione di movimento e non è una regola fissa).
Al contrario con il termine “flessione” si identifica un esercizio dove il segmento sollevato non ha una base di appoggio, basti pensare ad un leg-raise (flessione dell’anca) oppure ad una alzata frontale con un manubrio.
Fatta questa premessa in questo articolo parleremo solamente di piegamenti a terra discostandoci dal comune utilizzo del termine “flessione” che non è corretto dal punto di visto terminologico.
Come si eseguono i piegamenti sulle braccia?
I piegamenti rappresentano un esercizio multiarticolare a catena cinetica chiusa che, indipendentemente dal tipo di piegamento che si esegue, presenta sempre delle caratteristiche comuni che prescindono quindi dalla variante che si utilizza.
A livello puramente esecutivo vi sono principalmente 2 fasi:
- la fase di appoggio a corpo teso. Ogni piegamento a terra inizia con una tenuta isometrica dove il corpo viene mantenuto in posizione di plank. In questa isometria il gomito è in estensione completa, la mano si trova in appoggio sul suolo e i piedi rappresentano il secondo appoggio.
A meno di esecuzioni volutamente monobraccio il movimento presenta sempre una simmetria rispetto al piano sagittale.
Una caratteristica molto importante da ricercare in questa posizione isometrica in appoggio è la costante sensazione di doversi spingere via dal pavimento. E’ quindi volutamente una posizione attiva e non un appoggio passivo.Non sono al momento date indicazioni precise in merito al posizionamento del bacino e del passo degli arti superiori in quanto entrambi possono subire modifiche in base al tipo di variante che si decide di utilizzare. E’ sempre importante fare riferimento al contesto prima di dare delle indicazioni e pertanto nel proseguo di questo articolo affronteremo anche il “perché” è conveniente un certo tipo di posizionamento, traiettoria, allineamento durante una variante rispetto ad un’altra;
- la discesa e la salita. Non consideriamo la salita una ulteriore fase in quanto in tutte le varianti è sempre consigliato (a meno di casistiche particolari) seguire una traiettoria sempre uguale. Questo particolare è facilmente analizzabile visualizzando il piegamento in un video e riproducendolo al contrario. Se l’esecuzione è praticamente la medesima e non è possibile distinguere quando un video è riprodotto al contrario significa che le traiettorie sono state mantenute correttamente invariate nella fase di salita e discesa.
Nel momento in cui il corpo si abbassa verso il punto di appoggio degli arti superiori si assiste sempre ad un avvicinamento del busto verso le mani, mentre nella parte di risalita è sempre presente un allontanamento dal punto di appoggio degli arti superiori.
Precisazione: come fanno notare alcuni dei migliori preparatori di fama mondiale (come per esempio Eric Cressey) ogni piegamento dovrebbe terminare con una spinta finale verso l'alto che avviene quando i gomiti sono completamente estesi. Questo serve in primis per completare l'attivazione del gran dentato e stabilizzare nuovamente il complesso scapola-omero. Notare che essere indifferenti a questo dettaglio, nel lungo periodo, può portare a debolezza cronica del gran dentato, una maggiore retrazione degli adduttori delle scapole a riposo e difficoltà in molteplici gesti fra cui:
- verticale (nell raggiungimento della massima flessione scapolo-omerale);
-plank e didattiche della planche (incapacità di mentenere la corretta abduzione delle scapole).
In generale uno squilibrio abduttori-adduttori comporta una alterazione della cinematica scapolare.Variando in modo mirato quello che è l’obbiettivo del piegamento è facile intuire come non sia necessario che il petto, le spalle o sterno vengano portati vicino alle mani in quando per sollecitare un certo tipo di muscolatura o sviluppare un certo tipo di movimento le traiettorie di alcuni giunti articolari possono essere molto diverse. Lo stesso si può dire dei fianchi/bacino, non necessariamente questo si avvicineranno al pavimento nello stesso modo.
Pertanto, alla classica domanda "ma nei piegamenti devo arrivare con il busto che tocca terra o posso fermarmi prima?". In base al proprio obbiettivo si apre un mondo di possibilità:
1) voglio sollecitare in modo completo i muscoli di spalla e/o petto? Servirà una esecuzione con il petto che arriva a terra;
2) pratico uno sport dove la forza viene espressa fino a 10-15 cm dal pavimento? In questo caso ci sarà un momento della preparazione stagionale dove il movimento sarà su un range di movimento completo, mentre più mi avvicino al periodo competitivo più dovrò specializzarmi su un range ridotto;
3)pratico uno sport dove è necessario proseguire la discesa oltre il livello delle mani? Potrebbe essere una buona scelta in primis diventare bravo su un range di movimento più generale toccando con il busto il pavimento ad ogni ripetizione.
Come faccio notare in molte situazioni ciò che contraddistingue le scelte è sempre e solo il contesto.
Quali sono gli errori più comuni nei piegamenti?
Durante i piegamenti è molto difficile individuare degli errori comuni a tutte le esecuzioni. Le pratiche sportive spaziano su modelli di lavoro che hanno molto spesso richieste specifiche che vanno fuori dai canoni tanto da sembrare quasi esecuzioni scorrette e lo vedremo in modo molto chiaro in alcune tipologie di piegamento.
In riferimento alla versione “classica” del piegamento a terra è possibile fare una considerazione universale: quando la traiettoria del movimento in discesa è diversa dalla traiettoria del movimento in salita significa che sono presenti delle variazioni nella tensione muscolare che determina alcuni gradi articolari, siano essi a livello delle spalle, dei gomiti, delle ginocchia e del bacino.
La regola fondamentale per non sbagliare il “classico” piegamento a terra è mantenere una costante tensione muscolare nella zona del core. Questo prevede:
- un coinvolgimento della muscolatura addominale superficiale e profonda per mantenere un costante assetto posturale e non variante la flesso/estensione della colonna;
- un marcato coinvolgimento della muscolatura del bacino (in particolare gli estensori dell’anca) che permette di mantenere la parte superiore connessa in modo efficace con la parte inferiore rendendo il corpo un oggetto unico facilmente posizionabile nello spazio.
Le esecuzioni scorrette (sempre in riferimento alla variante “classica”) mostrano quasi sempre una perdita di tensione della parete addominale ed una conseguente estensione della colonna.
Solitamente questo errore può essere abbinato ad un aumento della flessione dell’anca. In entrambi i casi il corpo smette di essere percepito come un unico oggetto e sicuramente le traiettorie delle ripetizioni scorrette presentano sufficienti alterazioni rispetto ad una esecuzione canonica.
Ogni qualvolta si presenti una perdita di tensione a livello del core è opportuno interrompere l’esecuzione e orientarsi su varianti che permettano di mantenere traiettorie più “pulite”. A livello puramente visivo (in caso di individui non sufficientemente forti), un atteggiamento posturale non corretto è praticamente sempre dovuto alla mancanza di forza nella muscolatura del petto e degli arti superiori. Questo comporta che l’arrivo nella posizione di partenza dei segmenti corporei non è sufficientemente coordinato (per esempio, in seguito all’estensione della colonna nella fase di risalita le spalle raggiungeranno la posizione iniziale prima de bacino). In misura minore (ma non assente) è possibile che una eccessiva debolezza della muscolatura addominale comporti una perdita dell’allineamento posturale e un aumento della lordosi lombare.
In ultima analisi il posizionamento dei gomiti può subire variazioni durante la fase di risalita. E’ bene sempre ricordare che la fase di discesa è sempre quella più facile in quanto si tratta di una contrazione eccentrica dove è più facile frenare il carico. Tuttavia, in caso di debolezza negli arti superiori, si presenta sempre un errore molto particolare: i gomiti vengono spostati all’esterno. Questa modifica al pattern di esecuzione aumentando il reclutamento del gran pettorale in sfavore della spalla (compensando per mancanze di forza di quest’ultima).
Quando si parla di movimenti a carico naturale vale sempre la regola di non addentrarsi mai al cedimento muscolare quando non si possiede una elevata confidenza con il movimento perché il cedimento muscolare avviene sempre dopo il cedimento tecnico. Il rischio è quindi quello di variare eccessivamente traiettorie o coinvolgimento muscolare e semplicemente ridursi a fare un altro esercizio, troppo diverso da quello originale.
La pratica perfetta rende dunque perfetti nel senso che la ripetizione qualitativamente eccelsa permette un coinvolgimento muscolare praticamente identico ad ogni ripetizione.
Quali sono i muscoli interessati nei piegamenti?
Analizziamo ora quelle che sono le muscolature principali dei piegamenti a terra cercando di capire eventualmente quando, come e perché è possibile reclutare maggiormente alcune muscoli a scapito di altri. E’ ovvio precisare che, trattandosi di un esercizio ad alta sinergia muscolare, è praticamente impossibile eliminare completamente l’intervento di un muscolo.
Sicuramente, giocando su assetto scapolare e posizionamento della “stance” (distanza e punto di appoggio delle mani nel punto di partenza rispetto alle spalle) è possibile aumentare o diminuire il contributo di alcuni gruppi muscolari.
Ad eccezione di qualche variante che illustreremo in seguito la muscolatura del core è praticamente sempre attiva allo stesso modo.
Passiamo ora in rassegna i principali gruppi muscolari:
- Gran pettorale: sempre coinvolto durante la fase di discesa e di salita, ne si accentua il lavoro con una maggiore distanza fra le mani e con un atteggiamento delle scapole neutro o in leggera adduzione;
- Piccolo pettorale: contribuisce in parte a terminare ogni ripetizione e al mantenimento della posizione di plank a braccia tese. Permette di evitare una posizione scarico muscolare tra una ripetizione e la successiva (si deve ricercare la sensazione di spingersi via dal pavimento);
- Deltoide anteriore: come flessore dell’omero permette di coadiuvare il lavoro del gran pettorale in modo marcato fin tanto che i gomiti vengono portati in fuori di 45°. Man mano che i gomiti si avvicinano al busto diventano il muscolo dominante nell’esecuzione;
- Bicipite brachiale: lavora in sinergia e in modo diverso in base al posizionamento delle mani. Maggiore la vicinanza dell’omero al busto (quindi un passo stretto) maggiore l’intervento della componente flessoria dell’omero del bicipite (capo lungo); maggiore la stance maggiore il contributo della parte di adduzione del bicipite (capo breve). E’ possibile, in soggetti con una errata cinematica scapolo-omerale che durante i piegamenti venga percepito eccessivo lavoro del bicipite;
- Tricipite brachiale: principalmente lavora come estensore del gomito nella fase di salita e assiste la flessione del gomito durante la discesa (lavorano in contrazione eccentrica);
- Coracobrachiale: sinergico di pettorale e bicipite in tutte le esecuzioni, assiste sia la flessione dell’omero che l’adduzione dell’omero;
- Dorsale e trapezio: principalmente sono coinvolti nella stabilizzazione della scapola conferendone la depressione durante tutto il movimento e garantendo il giusto rapporti articolari;
- Gran dentato: i fasci anteriori permettono di stabilizzare e fissare la scapola sulla cassa toracica. Lavora in sinergia con il piccolo pettorale per contribuire alla posizione di plank a braccia tese fra una ripetizione e l’altra;
- Rotatori esterni ed interni: contribuiscono come muscoli sinergici al movimento di adduzione dell’omero e flessione (rotatori interni) e al mantenimento della stabilità dell’omero nella glena;
- Avambracci: in alcune varianti dove è previsto un maggiore coinvolgimento della spalla permettono di ridurre un eccessivo avanzamento del corpo durante la fase di risalita;
- Muscolatura del core: principalmente la porzione addominale e gli estensori dell’anca, garantiscono un mantenimento della postura costante.
Quanta mobilità serve per fare i piegamenti?
È molto semplice incappare in affermazioni estremizzate come “se non hai mobilità non puoi fare i piegamenti”, ma è tuttavia necessario fare alcune precisazioni che permettono di comprendere come, in presenza di qualche deficit, si possano presentare delle forzature di range di movimento e traiettorie. Nel lungo periodo movimenti troppo “aggiustati” inducono alterazioni dello schema motorio e a volte producono qualche fastidio di troppo.
Sicuramente una minima estensione dell’articolazione del polso garantisce la possibilità di scaricare in modo efficiente ed efficace il peso durante ogni ripetizione. Solitamente nelle versioni con le spalle che avanzano molto rispetto alle mani c’è una maggiore sollecitazione del polso. Notare che è lo stesso appoggio della mano in verticale quindi chi segue un percorso di recupero della mobilità del polso come avviene per l‘esecuzione della verticale sicuramente non avrà mai problemi in questo distretto.
Il secondo distretto coinvolto è sicuramente il bacino. Per riuscire a mantenere un corretto allineamento (senza spezzare la linea) è fondamentale capire come raggiungere questo assetto. Si tratta di combinare due range di movimento:
- Retroversione del bacino (che è una rotazione in avanti del sacro);
- Estensione dell’anca (che è una traslazione orizzontale del bacino).
Nel complesso queste due attivazioni permettono un collegamento importante fra la parte superiore e inferiore del corpo. Per capire e comprendere in modo importante questa attivazione consiglio di consultare la mia guida gratuita sul Calisthenics che si può ritrovare sul mio sito e di consultare la sezione dedicata alla planche, sezione comprende in modo dettagliato lo sviluppo della postura e posizione del plank. In caso di eccessiva rigidità a livello dei flessori dell’anca in particolare psoas e retto del femore diventa molto più difficile estendere completamente l’anca mantenendo anche l’estensione del ginocchio.
Consideriamo ora l’articolazione scapolo-omerale. Il problema principale è che i piegamenti a terra sono un movimento che comprende sempre un certo grado di estensione scapolo-omerale, a cui si aggiunge, in base il posizionamento delle mani, anche l’abduzione orizzontale dell’omero. Molte delle muscolature coinvolte nel piegamento a terra producono, in modo più o meno marcato, una rotazione interna dell’omero. All’aumentare dell’estensione scapolo-omerale e dell’abduzione orizzontale, tutti questi muscoli vengono portati in maggiore allungamento. In presenza di poca estensibilità di alcuni di questi (per esempio, sottoscapolare e gran pettorale) si può assistere ad una anteposizione della spalla. L’anteposizione, combinata con l’estensione e l’abduzione dell’omero, può creare fastidio alla cuffia dei rotatori.
È bene quindi considerare la necessità di valutare l’articolarità della spalla prima di utilizzare protocolli di allenamento intensi.
In ultima analisi, ma non meno importante, è la valutazione della postura generale: in caso di atteggiamento ipercifotico del tratto toracico, la spalla sarà naturalmente anteposta, con tutte le conseguenti problematiche che abbiamo precedentemente menzionato.
Varianti di piegamenti sulle braccia
In questo paragrafo analizziamo velocemente le varianti di piegamenti, cercando di enfatizzarne pregi, difetti e modalità di esecuzione.
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Piegamenti alle parallele
L’esecuzione dei piegamenti su un supporto come le parallele rende possibile allenarsi con i piegamenti anche in presenza di problematiche all’articolazione del polso, che non viene mai portato in eccessiva estensione. Al di là di questo accorgimento, i piegamenti alle parallele, a patto di mantenere lo stesso stance degli arti superiori della medesima variante a terra, non alterano il reclutamento muscolare.
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Piegamenti a diamante per i tricipiti
E' possibile enfatizzare il reclutamento della muscolatura del tricipite in due modalità:
- Posizionando le mani “a diamante” all’incirca in corrispondenza dello sterno;
- Posizionando le mani esattamente sotto le spalle nella posizione di partenza.
Entrambe le varianti sollecitano in modo importante gli estensori del gomito, tuttavia è consigliabile, per evitare sovraccarichi all’articolazione del polso, preferire la seconda modalità proposta.
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Piegamenti hindu
Questo esercizio è una variante di piegamenti multipiano, dove il corpo produce una traiettoria prettamente curvilinea. Non lo considero una variante base, in quanto è presente un coinvolgimento molto maggiore di tutti gli arti superiori.
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Piegamenti larghi per il petto
Come già accennato precedentemente, giocando sul livello di abduzione orizzontale (avvicinare o allontanare il gomito dal busto e/o distanziare le mani fra di loro), si può aumentare il reclutamento del gran pettorale. Se ci basassimo sul cercare di simulare la movenza della distensione su panca, dovremmo cercare di mantenere una distanza fra le mani che sia all’incirca di 80/81 cm ed un posizionamento delle scapole neutro. L’atteggiamento delle scapole completamente di adduzione e l’estensione della colonna dovrebbero essere evitati, al fine di escludere la perdita di tensione addominale. Si consiglia, inoltre, di mantenere l’avambraccio sempre perpendicolare al pavimento.
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Piegamenti a V per le spalle
I V-pushup sono un particolare tipo di piegamento utile per reclutare maggiormente la muscolatura delle spalle e dei tricipiti, in previsione di sviluppare i piegamenti sulle braccia in verticale. L’indicazione principale di questo esercizio è di mantenere una traiettoria invariata durante la fase di discesa e in salita. L’errore più comune, infatti, è di non rispettare lo stesso schema motorio durante la parte di risalita.
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Piegamenti rialzati simulare panca piana
Se analizzassimo il gesto della panca piana, ci accorgeremmo che spalle, bacino e ginocchia vengono mantenuti alla medesima altezza (se appoggiati su una panca) e gli arti superiori sono perpendicolari al corpo. Per simulare correttamente questa configurazione, è quindi necessario porre i piedi su un rialzo sufficientemente alto per cui i piedi si trovino approssimativamente all’altezza delle spalle (o poco più in basso).
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Piegamenti intraruotati
La comunità del fitness tende a demonizzare questa esecuzione perché è considerata stressante per il cingolo scapolo-omerale. Io preferisco porre enfasi sul contesto. Infatti vi sono alcuni movimenti della ginnastica aerobica o della ginnastica artistica che prevedono questo posizionamento, al fine di apprendere movimenti di una certa complessità. Vige sempre la regola del buon senso ed è preferibile, in ogni caso, evitare qualsiasi configurazione che pone eccessivo stress sulle spalle, soprattutto se non c’è alcuna necessità di sviluppare movimenti tecnici delle discipline precedentemente menzionate.
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Piegamenti sbilanciati
Questa tipologia di esercizio è stata resa popolare dalla ginnastica artistica, prima, e dal calisthenics, in seguito. Rispetto ad un normale piegamento, nella posizione di partenza, le mani sono posizionate più arretrate rispetto alle spalle. Questo accorgimento permette di caricare maggiormente la muscolatura della spalla, ma, allo stesso tempo, aumenta lo stress a livello del polso. Non è quindi raro ritrovare questa variante eseguita alle parallele o con le mani leggermente ruotate verso l’esterno.
Per un maggiore approfondimento sull’apprendimento di questi piegamenti, ti invito a consultare la mia guida gratuita sul calisthenics, in particolare la sezione dedicata alla parte della spinta. -
Piegamenti con la presa supina
Questo tipo di piegamento è caratterizzato da un particolare posizionamento delle mani. Rispetto ad un normale piegamento (dove le dita sono rivolte in avanti), in questa variante le dita sono completamente rivolte indietro (cioè puntano direttamente ai piedi). Questa modifica aumenta in modo importante lo stress sul tendine distale del bicipite brachiale, che, se non è già stato adeguatamente preparato, può subire una lesione parziale, totale, o un completo distacco dall’osso. Non si può quindi considerare questa variante un esercizio per principianti.
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Piegamenti agli anelli
Nonostante l’utilizzo degli anelli o simili (TRX) sia diventato molto popolare, va ricordato che tutti i movimenti su un supporto instabile aumentano notevolmente la destabilizzazione del cingolo scapolo-omerale. È necessario quindi avere precedentemente rinforzato tutto il complesso muscolare che mantiene la testa dell’omero in sede. Va ricordato, infine, che sui supporti instabili aumenta la possibilità di eseguire movimenti non simmetrici. Esattamente come i piegamenti con le dita indietro, non ritengo questa variante un movimento adatto ai principianti.
Esistono varianti di piegamenti facilitati per le donne?
All’interno della mia guida gratuita per il calisthenics, è mostrata una didattica estremamente graduale, dove presento diverse modalità per scalare i piegamenti:
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Piegamenti sulle ginocchia
Questa è una delle soluzioni più popolari, tuttavia è esattamente quella che io sconsiglio. Vediamo il perché. Abbiamo già accennato, nella parte relativa alla mobilità, che una eccessiva tensione ai flessori dell’anca impedisce di estendere completamente il bacino. Dal momento che i piegamenti sulle ginocchia vengono normalmente proposti con una flessione del ginocchio, ci si ritrova in una condizione svantaggiosa: infatti la flessione del ginocchio allunga la muscolatura del retto del femore, che sappiamo avere una duplice funzione, ossia, l’estensione del ginocchio e la flessione dell’anca. È prevedibile, quindi, che l’eccessiva flessione del ginocchio comporti un aumento della flessione dell’anca. Sarà quindi più difficile mantenere l’estensione dell’anca.
Un ulteriore errore da non fare è incrociare le gambe: incrociare le gambe implica una maggior flessione di un ginocchio. Di conseguenza, si avrà una maggiore flessione dell’anca dallo stesso lato ed una possibile rotazione del bacino: il movimento è diventato asimmetrico. Se volessimo proprio appoggiare le ginocchia, il mio consiglio è di mantenere le gambe rilassate sul pavimento;
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Piegamenti inclinati
Quest’ultimo è un ottimo modo di agire sulla difficoltà dell’esercizio, senza variare il coinvolgimento degli arti inferiori. Tanto più il corpo si avvicina alla posizione verticale, tanto più facile diventa l’esecuzione. Dal mio punto di vista, questo è il modo migliore per ridurre l’intensità dell’esercizio;
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Piegamenti a rom parziale
Questa strategia è quella che meno utilizzo, in quanto preferisco mantenere un’escursione di movimento completa e sacrificare l’intensità con altre modalità. Il modo più semplice per mettere in pratica questa strategia è utilizzare un rialzo sotto il petto che riduca il range di movimento. Un po’ alla volta l’obiettivo è cercare di ridurre questo rialzo.
Come allenare i piegamenti?
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Programma per i piegamenti sulle braccia
Quando si tratta di prendere familiarità con i piegamenti a terra, io preferisco utilizzare principalmente esercizi a corpo libero, dove si aumenta progressivamente la difficoltà, giocando con le modalità illustrate precedentemente. Una classica progressione lineare permette di accumulare una buona forza di base per dedicarsi successivamente a varianti più difficili.
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Metodo recoon
Questo metodo di allenamento permette di aumentare il numero di ripetizioni dei piegamenti, seguendo una semplicissima tabella che propone, sulla sinistra, l’obiettivo da raggiungere e, nella colonna immediatamente successiva, il numero di ripetizioni minimo che dovete saper fare.
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Metodo del recupero-lavoro 2:1
Prima di utilizzare questo metodo, il mio consiglio è di arrivare ad eseguire almeno 20-30 ripetizioni. Il metodo è estremamente semplice:
- Eseguire una serie di piegamenti a cedimento muscolare e cronometrare quanto tempo ci si impiega;
- Riposare il doppio del tempo di lavoro;
- Ripartire dal punto 1. sino a quando non è più possibile fare alcun piegamento.
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Metodo della serie a scalare
Questa modalità prevede di eseguire una serie di piegamenti nella variante più difficile che potete (eventualmente sovraccaricare un classico piegamento con un peso o una loopbands) e portare la serie al cedimento muscolare (eseguire almeno 40” di lavoro continuativo). Arrivati al cedimento muscolare, rendere immediatamente l’esercizio più semplice (usare una loop-bands più leggera o ridurre il carico sulla schiena) e continuare a macinare ripetizioni fino al cedimento muscolare. Iterare questo processo fino a quando non riuscite più ad eseguire nemmeno una ripetizione nella variante più semplice. Questo costituisce una serie a scalare. Aspettare 2-3 minuti e poi ripetere. Eseguire in totale almeno 3-4 serie a scalare.
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Posso fare i piegamenti tutti i giorni?
Sì, è possibile eseguire i piegamenti tutti i giorni, ma la scelta di cosa fare, quanto fare e come fare di pende dal proprio obiettivo. Per esempio, il lavoro per la resistenza ha una programmazione diversa rispetto al lavoro per la costruzione di una forza di base. Generalmente, allenarsi sui piegamenti 2-3 volte alla settimana è sufficiente
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Programmazione per il lungo termine
In quest’ultimo paragrafo voglio accennarvi il metodo ideale per aumentare il numero di piegamenti nel lungo termine. Un concetto fondamentale è l’aumento della forza massimale assoluta nei piegamenti a terra e poi la conversione in resistenza. È quindi consigliato un periodo di 14-16 settimane dedicato allo sviluppo della forza e dei punti carenti, seguito da un periodo di lavoro prevalentemente sulla resistenza, affiancato da un lavoro minimo di mantenimento della forza. Il mio consiglio personale è di lavorare sempre e solo con un tipo di piegamenti.
La scelta del protocollo di forza è a vostra discrezione ed ha lo scopo di diventare più forti nel gesto base, mentre la fase di resistenza è un adattamento al sistema energetico legato a prestazioni con un alto numero di ripetizioni.
Conclusioni sui piegamenti a terra
Come avrai intuito dall'articolo, i piegamenti a terra non sono un esercizio poi così scontato e nascondono tante sottigliezze importanti che vanno tenute in considerazione. E' un esercizio utile e fattibile pressoché ovunque. Infine, è uno degli esercizi più classici a corpo libero per allenare i muscoli degli arti superiori.
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