Alessandro Mainente

Calisthenics e Mobilità

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Trazioni presa prona: la guida completa

Marzo 7, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Alessandro Mainente esegue una trazione prona
Alessandro Mainente esegue una trazione prona

In questo articolo voglio parlarti delle trazioni alla sbarra prone chiamate anche trazioni con la presa dorsale, cercando di evidenziarne vantaggi, svantaggi, limiti e utilizzo in funzione dei propri obbiettivi.  Molti articoli e guide sono già stati scritti in merito, cercherò quindi di non essere ripetitivo e piuttosto di affrontare qualche questione più sottile, particolare, interessante e se possibile mettere luce su qualche punto ancora poco chiaro.

Che cosa sono le trazioni prone?

Alessandro Mainente inizia una trazione prona
Alessandro Mainente esegue una trazione prona

Le trazioni sono un esercizio multiarticolare per la parte superiore del corpo che permette di lavorare una vasta quantità di muscoli e, data la sua sinergia muscolare, permette di spostare anche molto carico.

È un gesto base utilizzato in tantissimi sport come esercizio di preparazione fisica generale, specifica e speciale quali la ginnastica artistica maschile, la femminile, la pesistica, il canottaggio etc.

E’ ritrovabile come una porzione di movimenti più complessi come la salita di forza agli anelli (muscleup) e come esercizio base per varianti più difficili come la trazione ad un braccio o le trazioni con sovraccarico. 

Insieme alla panca piana si può considerare la trazione come il secondo BIG per la parte superiore del corpo e mi sento di dire che, dopo quasi 15 anni a macinare trazioni, è un modo più unico che raro per stimolare a dovere la muscolatura di braccia e dorso.

Come si eseguono le trazioni prone?

E’ possibile identificare due grosse macrocategorie di trazioni prone:

  • trazioni a presa larga;
  • trazioni a presa stretta.

A sua volta in ognuna di queste categorie possiamo identificare:

  • una trazione dove le spalle restano vicino alla sbarra e/o alla perpendicolare al pavimento che passa per la sbarra;
  • una trazione dove le spalle si allontanano dalla sbarra (solitamente dovuto ad una inclinazione volontaria del corpo indietro;

Nonostante queste distinzioni diano origine a tutti gli effetti a 4 sottocategorie cioè:

  • Larga e vicino alla sbarra;
  • Larga e lontano dalla sbarra;
  • Stretta e vicino alla sbarra;
  • Stretta e lontano dalla sbarra.

Quello che differenzia queste esecuzioni è la muscolatura principalmente coinvolta e/o differenti fasci della stessa muscolatura che vengono coinvolti in modo differente.

Quali sono i muscoli coinvolti nelle trazioni prone?

Le trazioni, come già accennato sono un esercizio multia-rticolare che coinvolge u numeroso numero di muscoli che possono essere più o meno reclutati anche in base al proprio obbiettivo.

I principali motori del gesto sono:

  • gran dorsale;
  • grande rotondo;
  • deltoide posteriore;
  • capolungo del tricipite;
  • sottoscapolare;
  • adduttori, rotatori interni e depressori della scapola;
  • flessori dell’avambraccio sul braccio;
  • muscoli della presa.

Sicuramente se il tuo obbiettivo è lo sviluppo di un movimento come il muscle-up sicuramente dovrai imparare a reclutare tutta la muscolatura del core per minimizzare la dispersione del movimento e facilitare la sincronizzazione dei diversi segmenti corporei come un unico oggetto che si muove.

Trazioni prone sbarra o anelli?

Sicuramente questo è un punto molto interessante. Da un punto di vista puramente legato alla presa non cambia assolutamente nulla. Ciò che fa la differenza è:

  •  la distanza della presa nel caso in cui questa fosse mobile o fissa. Gli anelli per loro natura subiscono dei movimenti compensatori che possono dipende da “punti morti” del movimento dove alcuni muscoli sono deboli e che necessitano di ulteriore supporto di altri (ciò che poi si manifesta è un movimento anomalo degli anelli che si discosta dalla traiettoria ideale o che discosta gli anelli dal loro posizionamento ideale). Questo impone che se si vuole usare una presa più larga il movimento può apparire più tosto in quanto si deve aumentare la distanza degli anelli mentre si sale rendendo il movimento più difficile man mano che si compie la trazione agli anelli;
  • La tensione dei muscoli motori. Nella fase di massimo rilassamento la muscolatura principale ha anche una forte componente di rotazione interna, questo fa si che non sia facile mantenere gli anelli sempre nella posizione coerente con la presa prona. E’ inevitabile quindi un sovrautilizzo della muscolatura che assiste la presa prima di partire.

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Alessandro Mainente esegue una trazione prona

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Trazioni prone dietro la testa

e trazioni dietro sono un esercizio reso molto popolare in due ambiti principalmente:

  1. Bodybuilding: in caso di una scelta particolare, come la volontà di cambiare un angolo di lavoro, è possibile utilizzare questa variante alla lat machine o anche libera.
    Tuttavia, per poter eseguire in modo corretto questo esercizio è necessaria una mobilità di spalle superiore per evitare che una mancata rotazione esterna dell’omero venga compensata anteponendo la spalla, portando la scapola in tilt anteriore e, quasi sempre, estendendo il tratto cervicale. In molti casi si presenta anche una estensione dell’omero e una estensione eccessiva del polso.
    In caso di asimmetrie di mobilità tra la parte destra e sinistra potrai assistere ovviamente a compensazioni accentuate più da un alto che dall’altro;
  2. Pesistica olimpica: non è raro trovare pesisti di un certo livello eseguire questa variante sia con presa stretta che con presa larga.

Il buonsenso dovrebbe far optare per la scelta più saggia:

  • Se siamo pesisti di calibro olimpico sicuramente abbiamo un’ottima mobilità scapolo omerale e a fine prestativo potrebbe esserci una sua utilità;
  • Se siamo bodybuilder e ci interessa “variare” riflettiamoci bene per evitare che quella dietro sia la nostra ultima serie di trazioni per molto tempo.

 

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Trazioni prone jump

Le trazioni prone con il salto vengo molto spesso utilizzate erroneamente dai principianti che non sanno eseguire nemmeno una trazione alla sbarra (con l’intento di imparare la prima) con un doppio rischio:

  • Il principiante non ha tempismo e non ha coordinazione, c’è a probabilità che non afferri la sbarra nel punto più alto del salto in cui la velocità del corpo è zero e che, al contrario, afferri la sbarra in caduta, con il rischio di sovraccaricare i tessuti connettivi in una fase eccentrica frenata;
  • Il principiante ha un limite più grosso: la cosiddetta “buca”. In questa parte i muscoli si trovano nel punto di massimo svantaggio meccanico, ma prima o poi dovrà cimentarsi anche in questa fase. “task is always specific”, significa che se vi limitate a saltare ed afferrare la sbarra diventerete forti solo dal punto in cui vi appendete in su.

Trazioni esplosive

Queste sono per definizione l’esercizio più utilizzato per insegnare il muscle-up. Normalmente sussiste un concetto fondamentale nello sviluppo della forza: lo sviluppo della forza lenta nei principianti deve sempre precedere lo sviluppo della forza veloce. Questo significa che nell'erroneo tentativo di superare la sbarra con una trazione esplosiva ci si dimentica che la probabilità di sviluppare una attivazione corretta su un sistema nervoso ancora acerbo è molto molto bassa.

E’ molto più produttivo sviluppare un surplus di forza lenta e controllata che ecceda di molto il carico minimo da spostare (peso corporeo) e solo in seguito pensare ad accelerare il carico minimo. Questo concetto fa anche leva sul fatto che i tessuti connettivi hanno componenti che facilitano l'accelerazione del movimento. Tuttavia, se non sono stati precedentemente preparati a sopportare un certo numero di accelerazioni con una certa intensità finiranno prima o poi per cedere dando origine ai fantomatici processi cronici come la sindrome del brachioradiale, l’epicondilite, o peggio, l’eptrocleite.

Ti ricordo inoltre che sussistono delle percentuali ideali per allenare la forza esplosiva, percentuali che si aggirano intorno al 30-40% del carico massimale. Bene se il 30-40% del cario massimale corrisponde al nostro peso corporeo allora saremmo in grado di utilizzare un protocollo per le trazioni esplosive che abbia poi un risvolto importante sulla capacità di accelerare un movimento come la trazione.

Un ottimo esercizio base per imparare le trazioni esplosive è il seguente:

Trazioni prone mezzo rom dal basso e mezzo rom in chiusura

Personalmente non ho mai utilizzato questa tipologia di trazioni per massimizzare un certo range di movimento. Ho sempre preferito utilizzare un carico che permettesse di lavorare sul range di movimento completo. Questa scelta nel complesso rinforza inevitabilmente tutta la muscolatura e tutti i range di movimento. Va piuttosto capito se la limitazione ad un certo range di movimento è da indurre una debolezza muscolare o a una poca efficiente coordinazione dovuta, per esempio, a carenze di mobilità o a una cinematica articolare alterata.

E’ uno strumento che utilizzo in una sola soluzione, ma ti lascio il piacere di scoprire quando proseguendo la lettura di questo articolo.

Come tenere il pollice nelle trazioni prone?

Questa credo che sia una delle domande più frequenti che mi viene fatta in palestra dai miei allievi: ma come devo tenere il pollice? Molto spesso la risposta più frequente è: “credi che faccia tutta questa differenza?” e poi  sei convinto che il tuo massimale aumenti in modo smisurato?”.

Ovviamente ricevo quasi sempre una risposta negativa in quanto se diventi forte e ti alleni in una presa per molto tempo sarà poco utile che tu vada a cambiarla per ricominciare quasi da capo.

Fatta questa premessa sussiste il concetto di “allineamento carpale” che permette di mantenere uno stato di maggiore rilassamento della muscolatura dell’avambraccio e quindi resistere maggiormente alla condizione di acidosi che si verifica man mano che aumenta il tempo in sospensione e sotto tensione. Va però chiarito che se si pone la questione in questi termini cioè “tempo che si rimane in sospensione e/o sotto tensione” viene da pensare che sia un accorgimento utile per serie di lunga durata. Tuttavia, se una persona dovesse sostenere il massimo peso (come in un protocollo di forza) probabilmente la precedente considerazione perderebbe di applicazione.

Trazioni prone con ginocchia incrociate

Esattamente come menzionato nell’articolo dei piegamenti a terra, in caso di estensione d’anca e di flessione del ginocchio più accentuata da un lato si potrebbe assistere ad una rotazione del bacino dallo stesso lato del ginocchio più flesso. Questo potrebbe causare una maggiore attivazione del core da un lato e creare, inevitabilmente, delle asimmetrie.

Trazioni prone presa larga e presa stretta

Seguendo l’indicazione delle sottocategorie indicate precedentemente analizziamole in funzione della larghezza della presa e in base alla distanza dalla sbarra.

Nel primo caso va fatta una importante distinzione quindi:

  • trazione prona larga: è un movimento principalmente di adduzione dove lavorano i fasci alti prossimali alla colonna in sinergia con la muscolatura di grande rotondo e deltoide posteriore.Data, inoltre, la natura della presa è logico pensare che l’adduzione della scapola non sarà mai totale nel punto di massimo accorciamento, come anche la rotazione interna della scapola.Anche nel punto di massimo allungamento la abduzione e la elevazione non sono totali, ne risulta quindi un movimento di pre allungamento solo parziale in abduzione e elevazione e di parziale accorciamento in posizione di adduzione e depressione. Durante tutta la fase di tirata inoltre il pettorale non può aiutare il dorsale nel movimento di estensione. Non sembra quindi ideale per sollecitale in modo ottimale adduttori delle scapole e depressori delle scapole;

     

  • trazione prona stretta: è una condizione di pre-allungamento ottimale per le fibre inferiori (che sono anche le più forti solitamente) che producono sempre in sinergia ad altre muscolature (come al pettorale nella prima parte) una estensione dell’omero. Se analizzi il movimento considerando la posizione iniziale di pre-allungamento, con una presa più stretta avrai una rotazione esterna della scapola ottimale, una elevazione completa e una abduzione maggiore.Nella fase di massima estensione dell’omero puoi osservare una rotazione interna rotale della scapola, una adduzione maggiore e una depressione completa. Come accennato anche in precedente si ricorda che il pettorale in caso di presa più stretta può assistere maggiormente la muscolatura del dorso nella prima fase del movimento.Puoi quindi facilmente intuire come una presa più stretta permetta un reclutamento completo della muscolatura coinvolta nelle trazioni.

Trazioni prone per il dorsale o per il bicipite?

Valutando il reclutamento in base alla traiettoria è abbastanza banale capire che:

  • se ti muovi sotto e/o vicino alla sbarra ci sarà un maggiore coinvolgimento della muscolatura delle braccia, in particolare i flessori dell’omero fra cui brachioradiale, brachiale e pronatore rotondo;
  • Se ti allontani dalla sbarra (come se eseguissi un front lever raise), userai maggiormente il dorsale a scapito dei muscoli delle braccia.

Cosa fare nelle trazioni asimmetriche?

E veniamo al paragrafo finale, quello dove molti anzi moltissimi dovrebbero fare una seria autovalutazione: il numero di persone che esegue trazioni asimmetriche supera di gran lunga il numero di coloro che le fanno in modo impeccabile. Ovviamente tu ti starai chiedendo come puoi fare per correggere questo problema, ebbene sussiste sempre una condizione in cui si presenta una asimmetria: intensità altissime. Il modo migliore è procedere così:

  • individuare cosa causa la asimmetria e quindi capire se è un atteggiamento posturale, un accorciamento locale etc;
  • attuare un programma di recupero dello squilibrio e in seguito regredire nell’ intensità del gesto sino a quando è possibile eseguirlo in modo pulito;
  • aumentare di poco l’intensità sino a quando si può notare un inizio di asimmetria. Procedere con l’utilizzo di TUT molto lenti che permettano la correzione del gesto e il mantenimento dell’attivazione corretta in fase di esecuzione;
  • considerare l’inserimento dei deadstop e eventualmente l’uso di rom parziali per migliorare e correggere l’assetto da un certo punto della trazione in poi, che si tratti della parte di sblocco o della parte di chiusura.

Conclusioni sulle trazioni prone

Come hai visto, le trazioni prone nascondono tanti dettagli e tante finezze importanti per allenarti in modo più efficace, per prevenire gli infortuni e per raggiungere i tuoi obiettivi.

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Filed Under: Trazioni

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Trazione a un braccio (oap): come imparare la trazione monobraccio?

Gennaio 6, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Stefano Perina esegue la trazione a un braccio agli anelli
Stefano Perina esegue la trazione a un braccio agli anelli

La trazione monobraccio o trazione a un braccio (oap) è sicuramente uno degli esercizi più ambiti, più spettacolari e sicuramente che richiede molto sacrificio, programmazione e pazienza. È un esercizio reso popolare nel mondo del calisthenics, ma non per questo esente da partecipazione in altre realtà sportive. Non è un caso incontrare professionisti di arrampicata sportiva in grado di eseguire trazione monobraccio oppure trovare ginnasti di élite in grado di eseguirla con poco allenamento.

È un esercizio che richiede una forza molto elevata in tutta la muscolatura del corpo che deve lavorare con livelli di coordinazione intramuscolare e intermuscolare  sopra la media. Non è sicuramente una gestualità su cui deve focalizzarsi il principiante, anzi.

Mi piace definire una sorta di vademecum per chi vuole cimentarsi, prima o poi, in questa skill:

  1. Diventare maestri nei rematori;
  2. Diventare maestri nelle trazioni;
  3. Diventare una buon “scalatore di funi”;
  4. Avere una presa sopra la media;
  5. Munirsi di molta pazienza e allenare la trazione monobraccio con molta calma.

Affronteremo in modo più dettagliato questo vademecum nel proseguo di questo articolo.

Trazione a un braccio (oap): che cos’è la trazione monobraccio?

Stefano Perina esegue la trazione a un braccio alla fune

La trazioni monobraccio chiamata anche one arm pullup (oap) è una vera e propria trazione alla sbarra eseguita monolateralmente senza assistenza da parte degli arti inferiori o dell’altro braccio.

È un movimento che richiede un’ottima forza in diversi settori muscolari e allo stesso tempo ottima mobilità articolare. In particolare quest’ultima permette un corretto funzionamento della spalla, tale per cui è possibile dire che essa “lavora bene”.

Questa definizione trasmette un concetto importante: in presenza dei corretti rapporti articolari e di una cinematica articolare ottimale è possibile produrre una contrazione muscolare efficiente ed efficace.

In assenza di questo requisito, per esempio, quando una scapola non ruota correttamente, il gesto che viene eseguito è deviato (a livello coordinativo tra i diversi settori muscolari) dall’esecuzione ottimale.

La trazione ad un braccio è una skill dove il binomio mobilità articolare e sviluppo della forza assume una connotazione molto importante, soprattutto se ci si vuole allenare con continuità e imparare questo movimento in sicurezza e riducendo di molto il rischio di infortunio.

Va inoltre menzionato che la trazione monobraccio è un esercizio di specializzazione che molto spesso richiede un numero maggiore di sessioni di allenamento, un volume maggiore, intensità maggiori, un numero di esercizi principali e accessori maggiori, quindi è necessario costruire prima una struttura in grado di sopportare tutto ciò e solo successivamente sottoporla al protocollo per il raggiungimento della skill prefissata. Al momento sono riuscito a far raggiungere la trazione monolaterale a diverse tipologie di persone, con peso favorevole come per esempio chi milita sui 60 kg, sino a persone con un peso sopra la media a partire da 80 kg sino ad oltre 100 kg per più di 2 mt di altezza.

Tutto ciò che accomuna queste persone è stata la calma e sicuramente una preparazione fisica sopra la media.

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Trazione a una mano (oap): quali sono i muscoli coinvolti nella trazione monobraccio?

Come accennato precedentemente, la trazione ad un braccio è un esercizio con una elevatissima componente di sinergismo muscolare dal momento che coinvolge tutte le articolazioni della parte superiore del corpo fra cui:

  1. Polso;
  2. Gomito;
  3. Scapolo-omerale;
  4. Scapolo-toracica;
  5. Colonna vertebrale;
  6. Bacino

Passiamo in rassegna ognuno di questi punti partendo proprio dal primo e focalizzandoci sempre sulle muscolature principali (per la sua natura sinergica sarebbe molto oneroso in termini di tempo ricercare tutte le attivazioni presenti):

  1. Polso: in questa articolazione abbiamo un elevato numero di muscolatura coinvolta. Il numero preciso dipende anche dal tipo di grip (presa) che si utilizza in quanto, in presenza di una rotazione della presa da prona a supina (come avviene con gli anelli) segue un’inevitabile attivazione dei muscoli prono supinatori. Per esempio se appena inizia la trazione si pensa a ruotare il grip da prono a supino si attiveranno con preferenza i supinatori che preferibilmente lavorano a bene a braccio semi-teso. Mentre, man mano che ci si avvicina alla chiusura dell’avambraccio sul braccio si avrà un maggiore coinvolgimento dei supinatori che lavorano bene a gomito flesso. Lo stesso tipo di riflessione si può fare nel caso di una presa che inizia in “palmare” e finisce in “dorsale” con accento sui pronatori.

Oltre la muscolatura che governa la prono supinazione, c’è un fondamentale contributo che rappresenta la condizione “sine qua non” ossia un tassello senza il quale non è possibile pensare di cimentarsi in questo lavoro: la forza della presa. La capacità di mantenere la presa salda sulla sbarra è una qualità che si costruisce nel tempo e che può essere influenzata dal livello di mobilità articolare: basti pensare che in caso di rotatori interni molto corti sarà più difficile mantenere una presa supina. I flessori superficiali e profondi delle dita giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento della presa, soprattutto nella fase eccentrica del movimento (discesa);

  1. Il gomito è sicuramente l’articolazione che subisce più traumi nell’apprendimento di questa skill, ma ci occuperemo di questa parte al termine di questo articolo. Per il momento mi limito a dire che, quando la muscolatura atta a flettere l’avambraccio sul braccio non è sufficientemente preparata, ben presto il gomito inizierà a soffrire con dei piccoli fastidi che tendono a scomparire dopo il riscaldamento sino ad evolvere il dolori insopportabili nella parte mediale e intermedia del gomito (il motivo per cui non ho menzionato la parte laterale lo vedremo successivamente). In questa sede i muscoli più coinvolti sono bicipite brachiale, brachiale, brachioradiale, alcuni muscoli di assistenza come il pronatore rotondo.
  2. Salendo verso l’alto arriviamo alla spalla. La trazione monobraccio è un movimento che combina:

a) estensione scapolo-omerale: ad opera principalmente di gran dorsale, gran pettorale, grande rotondo e capolungo del tricipite;

b) depressione della scapola: principalmente grazie a romboide, dorsale e trapezio;

c) rotazione caudale della scapola: agevolata da romboide maggiore e minore.

Assieme a tutti questi muscoli c’è l’attivazione sinergica dei fissatori della cuffia dei rotatori, sia rotatori interni che rotatori esterni.

  1. Ultima, ma non di minore importanza, la muscolatura che agisce sulla colonna e che permette di contrastare perdita di allineamento e postura fra cui retto dell’addome, obliqui interno ed esterno, trasverso e quadrato dei lombi.

Qual è la tecnica di esecuzione della trazione a un braccio?

Come già accennato la trazione monobraccio è un movimento molto fine che richiede la coordinazione di diversi settori, è possibile tuttavia riconoscere 3 fasi fondamentali:

  • Sblocco;
  • Raggiungimento del parallelo;
  • Chiusura del movimento.

La prima è sicuramente quella più critica, in presenza di trapezi molto corti, gran dentato molto accorciato, deltoide anteriore molto rigido, sarà più difficile permettere la rotazione caudale della scapola (margine inferiore che ruota verso il basso avvicinandosi alla colonna). In questa fase tutto il peso del corpo grava su una sola spalla, in corrispondenza di una limitata mobilità scapolo-omerale (principalmente in flessione) è possibile avvertire dolore sulla sommità della spalla.

Subito dopo la depressione e la fissazione della testa dell’omero nella glenoide, avviene il reclutamento dei flessori precoci del gomito. In questa fase il bicipite brachiale e il brachiale sono in una condizione troppo sfavorevole per poter generale forza e molto del lavoro è ad opera del brachioradiale e non è un caso che proprio quest’ultimo sia oggetto di molti infortuni molto spesso cronici.

Man mano che ci si avvicina ai 100-110° gradi di estensione del gomito i flessori del gomito espletano la massima forza e aiutano l’avvicinamento alla terza fase: la chiusura. La completa chiusura dell’avambraccio sul braccio è una componente multifattoriale della trazione monobraccio che comprende, da una parte, un aumento della flessione del gomito con riduzione dell’assistenza dei flessori del gomito, ma anche l’estensione dell’omero, che inizia a soffrire la mancanza di un dorsale che ormai è a fine corsa.

Se si aggiungono limitazioni tissutali al muscolo tricipite, la chiusura diventa ancora più problematica. Un esempio lampante che si può portare alla luce riguarda le persone che eseguono molto verticalismo nella loro routine di allenamento. Il completo e frequente supporto in massima estensione del gomito può produrre rigidità capsulari che, nel lungo periodo, possono ridurre  la capacità di flettere completamente l’avambraccio sul braccio sia in pronazione sia in supinazione.

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Quanto tempo ci vuole per imparare la trazione a un braccio?

Questa è la domanda che mi viene posta più frequentemente. In media la maggior parte del lavoro si spende nella fase di preparazione, cioè tutto quel percorso che vi permette di gestire senza problemi volumi di lavoro più elevati, numero di esercizi maggiori, frequenza di allenamento e intensità maggiori.

In media, in circa 2-4 anni (periodo variabile in base alla singola persona e alle sue caratteristiche) è possibile raggiungere una preparazione adeguata per specializzarsi in questo movimento. È molto frequente che, raggiunto un surplus di forza di base, il tempo necessario per completare la trazione monobraccio non sia eccessivamente lungo. In base alla velocità con cui vengono completati gli esercizi di preparazione per la trazione e per il raggiungimento del front lever, è possibile stimare a grandi linee quanto tempo si deve impiegare per raggiungere la trazione monobraccio.

Una velocità media di apprendimento maggiore comunica una maggiore capacità di reclutamento del dorsale e dei flessori dell’avambraccio sul braccio. Tre categorie di persone che godono di questo vantaggio sono gli ex nuotatori, gli ex canoisti e gli arrampicatori (“climbers”).

Tutorial trazione monobraccio: quali sono gli step principali e le progressioni?

A questo punto del nostro approfondimento sulla trazione monobraccio sorge spontaneo discutere degli step principali. È bene quindi fare un breve richiamo del “vademecum” che ho citato all’inizio di questo articolo e che ripropongo qui sotto:

  1. Diventare maestri nei rematori: i rematori sono sicuramente un gruppo di esercizi estremamente sottovalutato, ma che ha due importanti benefici.
    - il primo è il rinforzo della presa e dei flessori dell’avambraccio sul braccio;
    - il secondo è la possibilità di individuare delle asimmetrie. Questo secondo punto assume una connotazione fondamentale in un mondo dove le asimmetrie portano a scompensi e molto spesso infortuni. Se questi sono presenti, il cervello va rieducato al movimento corretto, non solo a scopo prestativo, ma anche preventivo;
  2. Diventare maestri nelle trazioni: tutto passa da qui. Imparare a trazionare con un braccio passa inevitabilmente dall’essere abili a trazionare con due. La variazione della presa, della distanza delle mani etc. fanno sì che le articolazioni di spalla e gomito, per esempio, vengano sollecitate ad angolazioni differenti e potenzialmente più stressanti. Una programmazione corretta e graduale produrrà con il tempo il tanto ricercato “condizionamento articolare”. È bene menzionare che non tutte le tipologie di trazioni sono adatte a tutti: trazioni larghe, larghe dietro la testa, trazioni in squadra sono sconsigliate a chi non possiede una buona articolarità della spalla. In questo frangente vi sono due opzioni: saltare questi esercizi oppure risolvere le limitazioni evitando che si ripresentino. Ovviamente la soluzione consigliata ricade sempre sulla seconda scelta;
Stefano Perina esegue le trazioni larghe
Stefano Perina esegue le trazioni a L

3. Diventare una buon “scalatore di funi”: la salita alla fune è sicuramente il tassello mancante fra le trazioni a due mani e il lavoro monobraccio in quanto esse stesse sono una parziale salita monobraccio. Per la natura del movimento e l’alternanza degli arti superiori, la salita alla fune si presta bene come passaggio graduale in avvicinamento a movimenti con escursione articolare maggiore e, per forza di cose, anche stress articolare maggiore. Va menzionato che il tipo di presa (radiale o longitudinale) rappresenta un ottimo modo per preparare tutta la muscolatura che si inserisce nella parte mediale del gomito (troclea);

4. Avere una presa sopra la media: in parallelo al lavoro della fune, è sempre una buona cosa dedicare un po’ di tempo al rinforzo locale di tutte le strutture connettive e muscolari coinvolte nella presa, lavorando su tutti i range di movimento, dalla flesso-estensione del polso, alla prono-supinazione sino alla deviazione radiale-ulnare;

5. Munirsi di molta pazienza e allenare la trazioni monobraccio con molta calma: il raggiungimento di questa skill deve sussurrare una sola parola: PAZIENZA. State lavorando con tutto il peso del corpo su articolazioni che non sono fatte per questo tipo di stress. È necessario, quindi, programmare l’allenamento in modo diligente e dare ai tessuti il tempo di adattarsi. In questa ultima fase, che è la più specifica, ci sono diversi metodi che si possono utilizzare fra cui il metodo dello scalatore, il metodo della puleggia o anche le loopbands. Tutti questi metodi sono lavori specifici e come tali producono una elevata attivazione nervosa e un elevato stress meccanico ai tessuti coinvolti. Pertanto è una buona cosa procedere in modo graduale e non limitarsi a carichi sub-massimali o massimali ma utilizzare durante la settimana anche lavori di forza generali, dalle trazioni zavorrate (dove lo stress si divide equamente su entrambi i lati), circuiti di trazioni etc. Solitamente, in base alle debolezze di chi esegue la trazione monobraccio, è possibile inserire del lavoro accessorio per i punti carenti, che possono riguardare una parte del movimento (per esempio sblocco o chiusura) e/o tutto il range di movimento.

Man mano che si diventa più forti è inoltre possibile giocare sulla tipologia di presa, iniziando da un lavoro che esplora tutta la prono supinazione (come avviene agli anelli) sino ad un lavoro con grip fissato (come avviene alla sbarra).

Trazione a un braccio agli anelli

Stefano Perina esegue la trazione a un braccio agli anelli

Da molti considerate le trazioni più facili hanno un grosso vantaggio: reclutano tutti i flessori dell’avambraccio sul braccio e rappresentano quindi un lavoro di condizionamento più completo.  Data la sinergia di molteplici flessori del gomito, rappresentano la variante più facile da imparare.

Trazione monobraccio alla SBARRA

A differenza degli anelli, la sbarra, a meno di non ricercare una rotazione del corpo intorno alla spalla , non permette di modificare il grip utilizzato in partenza. Solitamente quindi la presa utilizzata nella posizione iniziale (sospensione) è la stessa della posizione di arrivo (chiusura).

Nella stragrande maggioranza dei casi le trazioni monobraccio alla sbarra vengono presentate con una presa a martello oppure con una presa di tipo dorsale (prona). Soprattutto la seconda non può beneficiare dell’attivazione del muscolo bicipite brachiale, in quanto la presa prona stessa lo mette in condizioni di maggiore svantaggio meccanico. Di conseguenza il brachioradiale dovrà supplire maggiormente alla mancanza di questo muscolo sinergico.

Quali sono gli infortuni della trazione monobraccio?

Nella prima parte di questo articolo ho menzionato due importanti tipologie di sovraccarico:

  1. Infiammazione del condilo mediale (epitrocleite);
  2. Sovraccarico funzionale del brachioradiale.

Nel primo caso i parametri dell’allenamento, come per esempio intensità e volume, sono la causa principale di infortunio.

Se, inoltre, nello stesso programma di allenamento sono presentati altri esercizi che possono potenzialmente sovraccaricare le stesse strutture, è logico pensare che la zona affetta non ha mai il tempo di recuperare (per esempio la presenza di trazioni esplosive e/o di muscle up dinamici).

È fondamentale quindi un preciso calcolo del volume settimanale sui piani di lavoro per ridurre al minimo il rischio di traumi da sovraccarico.

Nel secondo caso, si associa erroneamente il dolore del brachioradiale all’epicondilite, che, invece, è propria dei muscoli che estendono il polso e le dita, piuttosto che coadiuvare la flessione dell’avambraccio sul braccio. Anche in questo frangente, un allenamento non adeguato su un fisico non sufficientemente preparato rappresenta la causa principale di infiammazioni in questo distretto.

Mi sento comunque in dovere di non fare catastrofismo, sottolineo invece che non esistono esercizi che creano infortunio a priori, ma solo fisici predisposti all’infortunio.

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Filed Under: Trazioni

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Come imparare la tua prima trazione

Novembre 21, 2017 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Le trazioni alla sbarra sono la base dell’allenamento a corpo libero: tuttavia, se hai iniziato ad allenarti da poco, eseguire le trazioni può sembrare estremamente difficile.

Lo stesso si può dire se sei una ragazza e non ha mai approcciato il lavoro con i pesi: la minore quantità di massa muscolare tipica del sesso femminile può rendere la trazione un esercizio tutt’altro che facile, la prima volta che lo si approccia.

Ancora, molti uomini dalla costituzione robusta non si allenano con questo efficacissimo esercizio, poichè non hanno la forza per sollevare il loro peso corporeo.

In questo articolo ti spiegherò come allenarti correttamente per eseguire le tue prime trazioni alla sbarra, senza rischiare di infortunarti o di mancare l’obiettivo.

Se non ti alleni nel modo giusto, la possibilità di farti male o incorrere in uno “stallo” non è così remota, e tra poco capirai perchè.

PS in questo articolo troverai una panoramica su come allenarti.

Se ti interessa un programma di allenamento completo per sviluppare le tue prime trazioni, ho preparato una GUIDA GRATUITA sul calisthenics.

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Trazioni alla sbarra: come si eseguono e che muscoli coinvolgono

Le trazioni alla sbarra sono un esercizio che si può eseguire in diverse varianti: ci sono le trazioni prone, quelle supine, quelle a presa stretta…..

Dato che stiamo parlando delle tue prime trazioni, le varianti che ci interessano sono soltanto due:

  • le trazioni supine, cioè quelle in cui i palmi delle mani sono rivolti verso la faccia. Questa è la variante più facile, di conseguenza è la prima che si raggiunge.
  • le trazioni prone, cioè quelle in cui è il dorso delle mani a essere rivolto verso la faccia. In questa variante il bicipite ha meno possibilità di “aiutare” il gran dorsale, quindi sono sicuramente più difficili

Nelle trazioni alla sbarra i muscoli principali che intervengono sono il gran dorsale ed i flessori del braccio (bicipite, brachiale, brachio radiale).

Lo scopo del nostro lavoro sarà quello di condizionare ed esercitare questi gruppi muscolari a sostenere il nostro peso corporeo, per un numero di volte che si possa definire “allenante”.

 

I principi base dell’allenamento: come allenarsi e che errori evitare

Quando si parla di esercizi con le macchine, risulta abbastanza semplice immaginare la progressione: oggi lavoro con 20 kg, un domani ne metterò 25, poi 30, e così via…

Nel caso delle trazioni alla sbarra, questo ragionamento non si può fare: il peso minimo da sollevare è quello del tuo corpo.

Allenamento con elastico: un errore da evitare

Qualcuno prova ad “alleggerire” il peso del proprio corpo utilizzando elastici e loop band: si eseguono così delle vere e proprie trazioni alla sbarra, utilizzando però un peso minore.

Seppure questo modo di allenarsi ha un certo presupposto logico, in realtà può rivelarsi estremamente controproducente.

Se ti butti direttamente ad allenarti sulla sbarra, rischi di creare un enorme volume di lavoro su muscoli che non sono sufficientemente preparati.

Sollecitare eccessivamente strutture che non sono pronte a ricevere quel carico di lavoro può significare infiammare tendini e articolazioni, in particolare quella del gomito.

Un altra controindicazione al lavoro con l’elastico è rappresentata dalla muscolatura dell’avambraccio: troppo volume di allenamento (possibile solo perchè hai alleggerito artificialmente il peso) può portare ad infiammazioni a livello di muscoli e tendini dell’avambraccio, perchè la presa non è sufficientemente preparata.

 

Una procedura di allenamento corretta: rematori e curl per i bicipiti

Accantonato l’allenamento con l’elastico, come possiamo creare stimoli per i nostri dorsali e bicipiti che si avvicinino sempre di più a quelli della trazione alla sbarra?

Semplice: utilizzando i rematori agli anelli (o al TRX) + il curl bicipiti a vari livelli di difficoltà.

I rematori fatti utilizzando il peso del corpo sono un esercizio ottimo per prepararci alle trazioni alla sbarra:

  • utilizzano il peso corporeo
  • rinforzano adeguatamente la presa
  • sono “scalabili”, cioè si può aggiungere e togliere difficoltà a seconda del proprio livello

Ecco un esempio di rematore utilizzando il peso del corpo: come varianti successive, si può utilizzare la presa prona e, successivamente, quella ruotata.

 

Una volta presa confidenza con il rematore a corpo libero, si può rendere l’esercizio più difficile passando alla variante declinata, cioè con i piedi più in alto rispetto alla testa.

 

In abbinamento ai rematori, è sempre consigliabile abbinare un curl, per un adeguato condizionamento della muscolatura flessoria del gomito: anche qui, utilizzeremo prima la presa supina, poi quella neutra (hammer curl) e poi quella prona.

 

Numero di serie e ripetizioni

Quando si lavora a corpo libero, sopratutto se si è agli inizi, non è indicato “tirare” le serie fino al cedimento: il rischio di creare un eccessivo stress sui tendini e sul sistema nervoso è concreto.

Nel primo caso andremo incontro ad una fastidiosa infiammazione, nel secondo ad uno stallo nelle progressioni.

È quindi buona norma quella di scegliere varianti degli esercizi e carichi che si riescano a gestire bene, passando alla variante più complessa solo quando si è acquisita grande confidenza con l’esercizio.

Il mio consiglio è quindi quello di tenersi sulle 4-5 serie per 10-12 ripetizioni, non tirate a cedimento.

 

Alla sbarra!

Quando si riesce a gestire bene un numero adeguato di serie e ripetizioni sul rematore declinato, si può pensare di iniziare il lavoro alla sbarra.

Naturalmente, non cercheremo di eseguire subito delle buone trazioni alla sbarra: ricorda che abbiamo allenato la resistenza muscolare, ma non abbiamo ancora creato attivazione dei muscoli nel gesto specifico.

Inizieremo quindi con delle negative, come quelle di questo video, cercando di eseguire 5 serie da 5 ripetizioni, della durata minima di 10”.

A questo punto dovresti riuscire a fare una buona trazione alla sbarra “normale” senza eccessive difficoltà.

Da qui può partire il tuo allenamento a corpo libero: buon lavoro!

Questo articolo non ti ha chiarito sufficientemente le idee e vuoi un programma da seguire passo dopo passo?

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