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Calisthenics e Mobilità

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Piegamenti hindu (hindu push-up): come si eseguono

Marzo 24, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Hindu push up di Alessandro Mainente
Hindu push up di Alessandro Mainente

Nell’universo dei movimenti a corpo libero i piegamenti a terra ricoprono un ruolo sicuramente dominante, insieme alle trazioni alla sbarra: si tratta, in entrambi i casi, di esercizi con un elevato sinergismo muscolare e, quindi, diventano quasi una scelta obbligata.

La grande famiglia dei piegamenti sulle braccia ha una radice comune che sono sono i classici piegamenti a terra con passo standard.

Questa radice poi si amplia e trovano spazio i piegamenti a terra a diamante, i piegamenti a V, versioni rialzate, sovraccaricate con una resistenza addizionale, piegamenti sbilanciati e molte altre varianti.

Cosa accomuna tutte queste varianti: se con un pallino rosso identificassi il baricentro e poi tracciassi la sua traiettoria ti accorgeresti che il baricentro segue una traiettoria lineare. Infatti, se fermi il movimento in punti diversi dell’esecuzione e tracci la posizione del baricentro vedrai che, una volta collegati in ordine i punti, questi si troveranno approssimativamente sulla stessa retta.

Oggi voglio proporti l’analisi di un movimento diverso, dove il baricentro non segue una traiettoria lineare ma bensì curvilinea: gli hindu pushup.

Questo movimento, infatti, è classificabile come un movimento multipiano ed è pertanto da considerarsi un tipo di piegamento che spazia su piani di lavoro differente:

  • Quello verticale;
  • Quello orizzontale;
  • E piani intermedi che presentano componenti sia orizzontali sia verticali.

Ovviamente tanto più i piedi sono rialzati nella posizione iniziale, più aumenta la componente verticale del movimento.

Che cosa sono i piegamenti hindu (o hindu push-up) e come si eseguono?

Gli hindu push up sono un movimento ibrido multipiano, che coinvolge la catena cinetica di spinta della parte superiore del corpo. Normalmente questo esercizio lo inserisco quando si deve sviluppare i 90° pushup, che sono per definizione il movimento multipiano di spinta a braccia flesse.

Si potrebbe dividere questa variante in 3 fasi principali:

  1. La prima parte della discesa altro non è che un piegamento a V eccentrico sino a quando la fronte è vicina al pavimento;
Alessandro Mainente esegue gli hindu push up

2. la transizione: porzione che collega la prima parte di spinta verticale eccentrica alla seconda;

Hindu push up transizione a terra

3. La seconda spinta verticale: non si può definire realmente una spinta verticale vera e propria; tuttavia, dal momento che il movimento è accompagnato da una estensione della colonna, si può notare che le spalle si muovono quasi in una traiettoria perpendicolare al movimento o quasi.

Hindu push up arrivo

Una cosa non trascurabile su cui vale la pena spendere qualche riga è l’atteggiamento della colonna vertebrale e del bacino. Infatti, nella maggior parte dei movimenti assumi sempre un allineamento posturale e lo mantieni durante tutto il movimento come accade nei piegamenti normali, nella verticale, delle dip e via dicendo.

In questo esercizio, invece, l’atteggiamento cambia man mano che il movimento prosegue nella sua esecuzione:

  • Nella prima fase la colonna si trova maggiormente in flessione o atteggiamento neutro con il bacino in flessione e retroversione (in base a quanto siete mobili sulla catena cinetica postero-inferiore);
  • Nell’avvicinamento alla seconda parte del movimento (la transizione) la colonna passa ad un atteggiamento più neutro e i fianchi subiscono una parziale estensione;
  • Nella fase di spinta verticale finale la colonna è in estensione e i fianchi sono in completa estensione.

Quali sono i requisiti?

Trattandosi di un movimento multipiano, va’ fatta una premessa: se vuoi lavorare in modo efficiente su traiettorie complesse, devi essere in grado di eseguirne le sotto-componenti principali in modo sufficientemente facile.

Questo implica che devi padroneggiare in sicurezza e senza problemi diverse ripetizioni di piegamenti a V e di piegamenti normali a terra.

Errori degli hindu pushup

E’ stato menzionato in diverse gestualità l’importanza di eseguire movimenti che, nella fase eccentrica e concentrica, siano sempre uguali. Questo esercizio non fa eccezione: in particolare in chi presenta molta tensione nella catena cinetica postero-inferiore del corpo si assiste ad un movimento verso l’alto delle spalle sostanzialmente dovuto ad una ridotta capacità di comprimere attivamente il busto sugli arti inferiori.

Muscoli coinvolti nei piegamenti hindu

Trattandosi di un esercizio che si basa su varianti più semplificate dei movimenti di spinta, sicuramente eredita da questi i principali muscoli motori.

Dal momento che è un movimento a “più fasi”, per ogni porzione del movimento cambiano gli angoli di lavoro e cambia anche il reclutamento muscolare. Sarebbe più corretto dire che cambiando l’angolo di lavoro si assiste, all’interno dello stesso muscolo, ad una progressiva riduzione del lavoro di alcune fibre e all’aumento dell’intervento di altre.

La difficoltà dei movimenti multipiano è proprio questa: è come se ci fossero dei punti “vuoti” del movimento che sono esattamente le fasi di transizione. Normalmente sei abituato a lavorare su traiettorie rettilinee, ma quando ti ritrovi a doverle collegare è qui che sei debole…nei collegamenti, nella transizioni.

Quando percorri la traiettoria del piegamento a V lavorano principalmente spalle e tricipiti (molto più similmente ad un piegamento in verticale), mentre man mano che prosegui verso la seconda e terza fase lavorano sempre spalle e tricipiti, insieme al pettorale (come avviene in un piegamento normale e nella panca piana, visto che la spinta verso l’alto avviene in concomitanza di una estensione della colonna).

Benefici dei piegamenti hindu

Dal punto di vista del reclutamento dei muscoli coinvolti è sicuramente l’esercizio “definitivo” nel senso che, per esempio, la spalla lavora in toto. E’ il primo esercizio che puoi usare per entrare nel mondo dei movimenti multipiano.

Quali Infortuni puoi incontrare negli hindu push up?

Trattandosi di un esercizio in appoggio sugli arti superiori sicuramente si può ritrovare:

  • stress sulle spalle soprattutto nella fase iniziale del movimento di discesa e nel ritorno alla posizione di partenza. Le spalle dovrebbero essere sempre in massima flessione scapolo-omerale. Chi non possiede una buona articolarità dovrebbe pensare a recuperarla;
  • polsi: dalla fase di transizione alla seconda spinta verso l’alto aumenta progressivamente l’estensione del polso. Lavorare per aumentare la mobilità minima è un buon modo per evitare fastidiose infiammazioni;
  • colonna: soprattutto nella seconda spinta si presenta la necessità di estendere la colonna in presenza di una estensione di anca che, se eseguita con gli arti inferiori completamente uniti, richiede un livello di mobilità maggiore.Nel complesso chi presenta un aumento della cifosi toracica potrebbe compensare il tutto sul tratto del rachide lombare; chi, invece, presenta una inversione della lordosi lombare potrebbe non essere in grado di eseguire il movimento nel modo corretto.

Conclusioni sugli hindu push up

Gli hindu push up sono un ottimo esercizio multiplanare per allenare molti muscoli della parte superiore, ma richiedono un'ottima mobilità di polso, spalle e estensione della colonna.

Se vuoi imparare i piegamenti, scarica la mia guida gratuita qui sotto.

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Filed Under: Piegamenti

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Diamond push-up (o piegamenti a diamante) per i tricipiti

Marzo 24, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Alessandro Mainente esegue i diamond push up (o piegamenti a diamante)
Diamond push up arrivo

Una volta padroneggiati i principali esercizi a peso corporeo, rimarrai stupito da quante semplici varianti puoi inventare per sollecitare muscolature differenti; infatti, bastano piccole modifiche alla versione standard per cambiare la difficoltà dell’esercizio, senza dover per forza utilizzare attrezzature particolari come anelli, trx, rialzi etc.

I push-up a diamante ne sono un ottimo esempio. Solitamente tutti i tipi di piegamenti lavorano su petto, spalle e tricipiti, avvicinando le mani; al contrario, rispetto ad un classico push-up, con i diamond push up puoi concentrare lo sforzo maggiormente sui tricipiti.

Che cosa sono i diamond push-ups (o piegamenti a diamante)?

Diamond push up partenza

La variante con le mani a diamante recluta molto di più i muscoli delle braccia, e in particolare, gli estensori dell’omero.

Si tratta in ogni caso di un esercizio multiarticolare, che viene assegnato alla catena di spinta della parte superiore del corpo. Il posizionamento delle mani così vicino produce un notevole aumento della difficoltà rispetto ai push-up standard, quindi non sorprenderti se fallisci dopo aver fatto anche solo la metà delle ripetizioni che riesci a fare nei push-up normali: il focus muscolare è rivolto su muscoli più piccoli con una sezione muscolare ridotta rispetto, per esempio, ai pettorali.

Questo non significa che non vi sia alcun lavoro su spalle e pettorali ma che, rispetto ad un piegamento normale, cambia la proporzione con cui questi vengono coinvolti.

Come si eseguono i diamond push-up?

Per iniziare questa variante devi posizionarti in plank a braccia tese, esattamente come nei piegamenti a terra a passo normale o a passo leggermente più largo.

Diamond push up partenza

Se la posizione di partenza, almeno dal punto di vista posturale, è uno step condiviso nella stragrande maggioranza dei piegamenti, è necessario modificare il posizionamento delle mani: gli indici e i pollici devono essere posizionati in modo che siano acontatto, a forma di diamante. A questo punto è necessario flettere i gomiti e scendere sino a quando il petto arriva a contatto con le mani.

Diamond push up arrivo

Errori dei piegamenti a diamante?

Senza approfondire la questione della linea corporea che accomuna tutti i tipi di piegamenti preferisco soffermarmi sul posizionamento dei gomiti. Come già menzionato i tricipiti sono muscoli piccoli e, in particolare se sono deboli, si affaticano velocemente. L’errore comune in questo frangente è proprio l’apertura del gomito verso l’esterno: questo è un meccanismo involontario, che si attua nel tentativo di continuare le ripetizioni, ma che porta ad un maggiore reclutamento del pettorale a scapito del tricipite. Vige la regola del cedimento tecnico e sei sempre invitato a fermarti prima di incorrere in questo errore esecutivo.

Quali sono i muscoli coinvolti nei diamond push-up?

A livello posturale non vi sono differenze rispetto ai piegamenti standard, è necessario mantenersi sempre in spinta verso l’alto, reclutando quindi il gran dentato, e massimizzare la depressione delle scapole. Nel complesso questo assetto delle scapole conferisce sicurezza al movimento e stabilizzazione della testa dell’omero.

A livello del core, addominali e muscolatura profonda garantiscono una esecuzione pulita senza riduzioni del range di movimento.

Infine, glutei e capo lungo del bicipite femorale concorrono alla retroversione del bacino e l’estensione dell’anca.

Fra i muscoli motori principali vi sono, in ordine di maggior coinvolgimento, tricipiti, spalle e pettorali.

Quali sono i benefici dei diamond push-up?

I benefici sono sicuramente a livello psicologico in una variazione dello schema motorio di base. A livello fisico un reclutamento maggiore dei tricipiti permette di sollecitare gli estensori del gomito senza dover utilizzare macchinari, bande elastiche, manubri o bilancieri.

A cosa servono i piegamenti a diamante?

Le applicazioni di questo esercizio sono molteplici e vanno da un contesto di:

  • ipertrofia, dove l’obbiettivo è colpire maggiormente un determinato settore muscolare;
  • preparazione generale o esercizio accessorio in ambito di powerlifting (per la panca piana) oppure nel calisthenics come lavoro complementare allo sviluppo della forza nelle dip o nei piegamenti in verticale;
  • esercizio per il condizionamento generale, gesti specifici della ginnastica e del calisthenics, come i muscle-up alla sbarra controllati o agli anelli.

Quali infortuni possono causare piegamenti a diamante?

La volontà di focalizzare il lavoro su un settore muscolare specifico può causare una modifica del gesto sino a portarlo in condizione di sovraccaricare maggiormente alcune articolazioni.

In particolare, il posizionamento delle mani a diamante a livello di polsi non è per tutti. Può succedere, in caso di traumi antecedenti l’esercizio, che le mani a diamante infastidiscano in modo importante l’articolazione del polso.

La seconda articolazione che può essere soggetta a infiammazione è il gomito: giustamente con un maggiore focus sui tricipiti rischi di infiammare il tendine distale del tricipite brachiale, soprattutto se i movimenti vengono rimbalzati, accelerati o sovraccaricati troppo precocemente.

Varianti dei piegamenti a diamante

Il diamond push up è difficile soprattutto per i novizi del mondo dei pushup: quindi se ti trovi in difficoltà ad eseguire anche più di 4-5 ripetizioni hai 3 soluzioni:

  1. Poggiare le ginocchia a terra, avendo cura di non cambiare l’assetto posturale l’estensione dell’anca;
  2. Utilizzare un rialzo, così da non variare le attivazioni nella parte medio/bassa del corpo;
  3. Utilizzare una loopband, che assiste dal baricentro.

Se i push-up a diamante standard non sono abbastanza difficili, vi sono anche qui diverse strategie fra cui:

  • L’utilizzo di un rialzo sotto i piedi;
  • Utilizzare una cadenza diversa, inserendo per esempio uno o più fermi durante le ripetizioni;
  • Usare una loopband per sovraccaricare maggiormente l’esercizio;
  • Utilizzare un supporto instabile dove posizionare i piedi.

Conclusioni sui diamond push up

I diamond push up, o piegamenti a diamante, sono un ottima variante dei piegamenti a terra per stimolare maggiormente i tricipiti, ma sono molto più difficili e richiedono una solida base di forza.

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Piegamenti a V: come fare i V push-up?

Marzo 19, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Alessandro Mainente esegue i piegamenti a V (o V-push-up)
Alessandro Mainente esegue i piegamenti a V (o V-push-up)

I piegamenti a V, chiamati anche V-pushup, sono esercizio multiarticolare per allenare la catena di spinta della parte superiore del corpo.

Si possono considerare una variante introduttiva ai piegamenti in verticale; infatti, se eseguiti con una traiettoria corretta, permettono di caricare maggiormente le spalle con pattern di attivazione più simile ad un handstand pushup rispetto ad una dip alle parallele. L’orientamento del corpo, rispetto a queste ultime, si trova con un assetto completamente opposto: cioè in inversione.

In una progressione ideale di didattica ti consiglio di inserirli solo dopo aver completato e sperimentato diverse tipologie di piegamenti alle parallele, poiché lo stress sulle spalle è sicuramente maggiore rispetto a queste ultime.

A livello puramente esecutivo richiedono un buon livello di forza di base e una buona mobilità della catena posteriore: l’esercizio risulta più difficile se non possiedi una buona estensibilità di glutei, femorali, polpacci e plantari.

Ritengo che sia un esercizio trasversale, dal crossfit alla pesistica olimpica, dalla ginnastica artistica al calisthenics.

Come si fanno i piegamenti a V (o V push up)?

Piegamenti a V partenza
Alessandro Mainente esegue i piegamenti a V (o V-push-up)

I piegamenti a V possono essere eseguiti a terra o sulle parallele. Tuttavia, ti consiglio di utilizzare un solo supporto preferibilmente o meglio, un solo orientamento dell’omero, in quanto il tipo di appoggio può incidere sul livello di rotazione interna ed esterna del braccio.

Nella posizione di partenza il corpo forma una vera e propria V rovesciata, dove:

  • Le due “gambe della V” corrispondono ad arti superiori e busto da una parte e arti inferiori dell’altra;
  • a parte “più alta della V” sono i fianchi.

Affinché l’esercizio sia realmente utile per lo sviluppo dei piegamenti in verticale e non diventi una cosa fine a se stessa, ti consiglio di prestare particolare attenzione per la posizione di partenza. Infatti, polsi, spalle e fianchi devono trovarsi esattamente sulla stessa linea, questo allineamento delle articolazioni garantisce una sensazione più simile alla posizione di verticale.

Durante la fase discesa mantieni le braccia relativamente vicine al corpo, in modo che il movimento assomigli maggiormente ad un piegamento in verticale.

Ora si presenta il punto cruciale. Per sviluppare una traiettoria simile agli hanstandpushup la testa va portata più avanti rispetto alle mani, esattamente nello stesso punto in cui si troverebbe in una verticale sulla testa. Questo accorgimento replica in modo fedele la traiettoria di una spinta verticale invertita del corpo libero.

Il movimento di risalita DEVE essere eseguito usando lo stesso “binario” della discesa: salita e discesa devono sovrapporsi perfettamente.

Muscoli coinvolti nei piegamenti a V (o V push up)

La muscolatura coinvolta durante i piegamenti a V è molto simile a quella delle dip alle parallele con qualche eccezione:

  • Deltoide anteriore: muscolo motore primario dell’esercizio, lavora come flessore dell’omero;
  • Tricipite: assiste il deltoide durante la fase di estensione del gomito;
  • Capolungo del bicipite: lavora come sinergico del deltoide nella flessione dell’omero;
  • Sovraspinoso: assiste il deltoide nella prima fase dell’abduzione, il suo coinvolgimento vari in base al posizionamento delle mani a terra;
  • Core: principalmente permette di chiudere e mantenere chiuso l’angolo fra il busto e le cosce;
  • Parte superiore del trapezio ed elevatore della scapola: concorrono sinergicamente a completare il movimento finale dove l’input è sempre spingersi via dal pavimento;
  • Medio e basso trapezio: lavorano in sinergia al trapezio superiore nella rotazione craniale della scapola;
  • Gran dentato: con le sue fibre inferiori assiste il medio e basso trapezio nella rotazione della scapola.

Le similitudini con le dip alle parallele sono notevoli. Apro, però, una parentesi che riguarda due muscoli molto attivi nelle dip e poco attivi nei piegamenti a V:

  • Pettorali: la postura del corpo è influenzata dalla catena cinetica posteriore. Quando questa è molto in tensione si origina una retroversione del bacino che influenza anche la colonna che tende a rimanere maggiormente in flessione. Dal momento che un ottimale reclutamento del pettorale avviene principalmente con la colonna in estensione è, in questo caso, molto più difficile che intervenga in modo importante. Questo non ne esclude il lavoro in toto ma è una valutazione sufficiente per toglierlo dai muscoli motori primari;
  • Gran dorsale: nell’articolo delle dip ti ho spiegato come durante la fase di risalita il gran dorsale lavora come flessore. Nonostante nei V-pushup il reclutamento di molti muscoli sia simile questo non vale per il gran dorsale in quanto non si raggiunge mai una estensione dell’omero abbastanza marcata da supporne una attivazione. Anzi in questo esercizio è praticamente solo una limitazione alla massima escursione del braccio sopra la testa (flessione scapolo-omerale).

Infortuni nei piegamenti a V

Parlando di infortuni, vi sono principalmente due zone, che soffrono maggiormente:

  • Polsi: durante la fase iniziale sono relativamente stressati poiché non si raggiunge un angolo di estensione del polso troppo stressante, anzi, solitamente è inferiore a 90°;
  • Spalle: in caso di infiammazioni pre-esistenti o di una cinematica articolare sub ottimale è probabile incorrere in infiammazioni alle spalle. Il tipico sintomo sono le fitte nella parte anteriore della spalla o perdita di forza. Solitamente non assegno mai i piegamenti a V a chi non ha già recuperato una buona mobilità di spalle.

Errori dei V-pushup

I piegamenti a V sono considerati introduttivi ai piegamenti in verticale e sono quasi sempre additati come un esercizio “semplice” tra le varianti di spinta verticale invertita. Tuttavia, questo non significa che siano esenti da accorgimenti tecnici che ne ottimizzano l’efficacia fra cui:

  • Usare una traiettoria diversa nella fase di salita e nella fase di discesa significa semplicemente eseguire un movimento diverso. E’ come eseguire una trazione con atteggiamento chiuso in salita e con il busto ruotato indietro nella fase di discesa. Il tipico errore è, nella fase di risalita, prima eseguire una spinta verso l’alto (come se fosse un normale piegamento a terra) e solo dopo cercare di tornare nella posizione iniziale;
  • Un altro errore molto comune è utilizzare un grip troppo largo durante la discesa: oltre a essere un posizionamento con poco transfert per i movimenti che possono essere sviluppati, rappresenta anche una configurazione che stressa maggiormente la spalla. Non è indicata, quindi, per chi ha sofferto di problematiche alle spalle come una infiammazione alla cuffia dei rotatori.

Conclusioni sui piegamenti a V

I piegamenti a V sono un ottimo esercizio per le spalle e i tricipiti, nonché un'ottima base di partenza per i piegamenti in verticale. Tuttavia, non sono adatti a principianti e richiedono un'ottima mobilità di spalle, oltre che un'ottima flessibilità della catena cinetica posteriore.

Se vuoi saperne di più sui piegamenti, scarica la mia guida gratuita sul calisthenics, qui sotto.

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Filed Under: Piegamenti

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Piegamenti larghi o stretti: vantaggi e svantaggi

Marzo 15, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Alessandro Mainente esegue i piegamenti sulle braccia
Alessandro Mainente esegue i piegamenti sulle braccia

In questo articolo affrontiamo una tematica molto popolare e sempre molto discussa. I piegamenti vengono spesso identificati in due grandi macrocategorie, cioè i piegamenti a passo largo e i piegamenti a passo stretto.

La ricerca di una stance piuttosto che di un’altra è praticamente sempre giustificato da un differente reclutamento muscolare; infatti, i piegamenti larghi normalmente sono associati ad un maggiore lavoro sui pettorali, mentre una distanza inferiore delle mani si ritiene coinvolga maggiormente i tricipiti e le spalle.

Come si fanno i piegamenti larghi?

Alessandro Mainente esegue i piegamenti larghi

I piegamenti larghi vengono solitamente eseguiti con le mani che sono ad una distanza doppia (o poco meno) della larghezza delle spalle e, come già accennato, possono essere utilizzati per reclutare maggiormente il gran pettorale.

Il modo più semplice per spostare il lavoro sul gran pettorale è di simulare il più possibile la panca piana, quindi, una distanza fra le mani di 81 cm è l’ideale per coinvolgere maggiormente questa muscolatura.

Ricordati, tuttavia, che la distanza non è tutto infatti:

  • Le scapole sono in adduzione e la scapola deve andare in tilt posteriore (tutto più immediato se pensi ad estendere la colonna);
  • Le mani possono trovarsi in linea con le spalle (a formare una T) nella parte alta del movimento, ma nella parte passa le mani dovrebbero essere leggermente più basse (come per formare una sorta di freccia che punta in alto, in direzione della testa);
  • I piedi possono essere posizionati a terra (mentre per una simulazione ottimale dovrebbero essere leggermente rialzati);
  • L’avambraccio deve rimanere perpendicolare al suolo.

Se, invece, nella parte bassa dei piegamenti le mani venissero mantenute alte, non solo vi sarebbe una linea di spinta non ottimale, ma aumenterebbe anche il rischio di traumi alle spalle, soprattutto se assegnati a persone con un controllo scapolare poco maturo.

Piegamenti larghi mani alte

Come si eseguono i piegamenti stretti?

Nell’esecuzione dei piegamenti stretti solitamente le mani si trovano approssimativamente sotto le spalle e le braccia vengono portate maggiormente lungo i fianchi. E’ possibile individuare 3 varianti principali:

  1. Piegamenti per i tricipiti: durante la discesa si deve cercare di portare le spalle sopra le mani e inclinare indietro l’avambraccio;
  2. Piegamenti per spalle/tricipiti/pettorali: durante la discesa si deve cercare di spostare leggermente le spalle avanti e mantenere l’avambraccio perpendicolare al pavimento;
Alessandro Mainente esegue i piegamenti stretti

3. Piegamenti sbilanciati: durante la discesa si deve cercare di mantenere le spalle sempre avanti rispetto alle mani.

Una nota particolare in merito ai piegamenti stretti va fatta su una tipologia di piegamento particolare, dove l’omero è intraruotato e i gomiti vengono deliberatamente portati verso l’esterno.

Invece di classificarlo come sbagliato preferisco dire che SE la situazione lo richiede sono un tipo di piegamento che può essere considerato come parte integrante dell’allenamento. Per esempio, se devi imparare una capovolta indietro in preparazione ad una capovolta indietro alla verticale, è necessario porre le mani a terra in una configurazione tale per cui è inevitabile eseguire un movimento con l’omero in rotazione interna.

Alessandro Mainente esegue una capovolta

Meglio i piegamenti larghi o stretti?

Come menzionato in molti altri articoli il contesto fa da padrone.

Se l’obbiettivo è

  • Sviluppare i movimenti del calisthenics, allora i piegamenti devono evolvere verso la famiglia di esecuzioni dove i gomiti corrono lungo il busto;
  • Reclutamento muscolare, si adatta il piegamento in funzione di quale gruppo si vuole sollecitare;
  • Sviluppo elementi di discipline come la ginnastica artistica o la ginnastica aerobica.

Conclusione sui piegamenti larghi e stretti

Come avrai capito non c'è un piegamento migliore o peggiore di un altro, ma solo uno più adatto o meno al contesto, all'obiettivo e all'atleta.

Se desideri imparare i piegamenti, ti consiglio di dare un'occhiata gratuita alla mia guida sul Calisthenics, qui sotto.

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Piegamenti agli anelli: come eseguirli?

Marzo 8, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Alessandro Mainente esegue i piegamenti sulle braccia
Alessandro Mainente esegue i piegamenti sulle braccia

I piegamenti agli anelli sono un esercizio multiarticolare per la parte superiore del corpo che coinvolge, oltre a tutte le muscolature già presenti in un normale piegamento, anche quelle adibite alla stabilizzazione di un appoggio instabile.

Data la natura di questo esercizio e la complessità del mantenere fermo l’appoggio non posso che consigliarlo solo ad un pubblico con pregressa esperienza nei piegamenti in base in quanto, a questo livello, non potete più preoccuparvi di dover correggere la postura o l’assetto delle scapole.

Normalmente l’appoggio utilizzato è un anello da ginnastica in legno o materiale sintetico tuttavia nessuno vieta di eseguirli al trx.

Che cosa sono i piegamenti agli anelli?

I piegamenti agli anelli sono un esercizio molto utile per stimolare tutta la muscolatura di spinta della parte superiore del corpo. Sono un tipo di esercizio eseguito su una superficie instabile e come tali richiedono sicuramente un controllo maggiore. Sono stati resi molto popolari dal mondo della ginnastica artistica e importati successivamente nel modo dell’allenamento funzionale o come variante per cercare uno stimolo di lavoro maggiore durante una sessione di pesistica di bodybuilding.

Una considerazione non banale è che, in caso di molta esperienza nei piegamenti base, sono una buona alternativa se l’esecuzione dei piegamenti a terra, crea fastidio al polso. Infatti, la superficie di appoggio permette di sacrificare quest’ultima, ma non il coinvolgimento muscolare.

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Come si eseguono i piegamenti agli anelli?

Sicuramente dato il supporto instabile mi sento di darti un consiglio prima di tutto: utilizzare una base di appoggio più larga per i piedi; una base di appoggio stretta rende inutilmente difficile l’equilibrio sui piedi nel caso si iniziasse ad ondeggiare a destra e sinistra a causa dell’instabilità.

Il movimento segue le stesse direttive del piegamento a terra, ossia cercare di mantenere una fase iniziale di spinta verso l’alto (non fatevi schiacciare dal vostro peso), in seguito scendere in modo controllato assicurandosi di avere un’ottima simmetria del movimento e arrivare sino al punto in cui il petto è circa a livello delle mani.

Cercare di risalire in modo simmetrico e seguendo la stessa traiettoria della discesa.

Notare che normalmente dato che il punto di appoggio è separato tra destra e sinistra è molto più facile incorrete in asimmetrie.

Quali sono i muscoli coinvolti nei piegamenti agli anelli?

I muscoli principali che lavorano nei piegamenti agli anelli sono gli stessi dei piegamenti a terra più tutta la muscolatura, che è adibita alla stabilizzazione degli anelli. Troviamo quindi fra i principali motori:

  • Grande e piccolo pettorale;
  • Spalle;
  • Tricipiti;
  • Bicipiti;
  • Muscolatura superficiale e profonda del core;
  • Muscolatura della cuffia dei rotatori.

Notare che, a causa del supporto instabile, le spalle devono sempre essere mantenute più vicine possibile se guardassimo un piegamento da davanti.

Questa necessità sposta il focus di lavoro sul sottoscapolare e sul piccolo pettorale, con conseguenza abduzione delle scapole e anteposizione della spalla. Di conseguenza, data questa attivazione, sarà più difficile reclutare la muscolatura del gran pettorale che lavora al meglio con adduzione delle scapole e tilt posteriore della scapola.

Quali sono i benefici dei piegamenti agli anelli?

Il maggior sinergismo muscolare è il beneficio maggiore. Tuttavia, va sempre fatta una importante precisazione: nel contesto del fitness moderno sono utili fino ad un certo punto.

Il contesto fa la differenza nel senso che se il tuo obbiettivo è sviluppare forza agli anelli più complessa come le dip o i piegamenti in verticale allora sono un esercizio che può essere inserito all’interno di un programma di allenamento.

Progressioni dei piegamenti agli anelli: 4 metodi per scalarli.

In termini di progressione dei piegamenti agli anelli mi sento di suggerirti 4 modalità che ti permetteranno di avere un avvicinamento graduale a questo esercizio:

  1. Usare un elastico: la banda elastica non va intesa come metodo per ridurre il peso corporeo ma piuttosto come modo per ridurre l’instabilità degli anelli esattamente come si può fare nelle dip agli anelli;
  2. Lunghezza delle cinghie: maggiore è la distanza dal punto di aggancio della cinghia al punto in cui si appoggiano le mani maggiore sarà la sensazione instabilità. Accorciando in modo significativo le cinghie degli anelli si riduce anche l’effetto che ha il movimento del supporto instabile sulla capacitò di eseguire il piegamento;
  3. Altezza del punto di appoggio dei piedi: un modo molto semplice per ridurre la difficoltà è ridurre la componente orizzontale del peso. Per fare questo sarà sufficiente avere i piedi più bassi rispetto agli anelli;
  4. Un modo poco conosciuto, ma che si adotta involontariamente è quello di tirarsi gli anelli addosso nel vero senso della parola e spingere con le braccia contro le cinghie. In una esecuzione canonica le braccia non dovrebbero mai toccare le funi perché finirebbero per scaricarci addosso un po’ di peso.

Meglio i piegamenti al trx o agli anelli?

Sia il TRX che gli anelli sono un attrezzo che garantisce una certa instabilità e quindi apparentemente possono essere considerati intercambiabili. Purtroppo, in realtà, lo sono fino ad un certo punto. Se da una parte, infatti, gli anelli hanno due punti di attacco separati, il trx mostra un vincolo comune, ed è proprio questo vincolo che disperde e annulla parte dell’instabilità. Mi sento, quindi, di dire che il TRX è piuttosto una variante più scalata degli anelli.

Conclusioni sui piegamenti agli anelli

I piegamenti agli anelli sono un esercizio utile per aumentare la difficoltà dei normali piegamenti a terra, aumentandone l'instabilità. Non bisogna prenderli, tuttavia, sottogamba, perché richiedono un'adeguata preparazione per approcciarli in sicurezza.

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Piegamenti sulle braccia: esecuzione corretta

Marzo 5, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Alessandro Mainente esegue i piegamenti sulle braccia
Alessandro Mainente esegue i piegamenti sulle braccia

In questo articolo vedremo i piegamenti sulle braccia uno degli esercizi più comuni nel mondo dell’allenamento a corpo libero (e quindi del calisthenics).

Nella prima parte cercheremo di fare chiarezza sulla definizione dell’esercizio stesso, sulla fisiologia e biomeccanica e sugli errori più comuni.

Nella seconda parte analizzeremo le varianti più comuni dal punto di vista del reclutamento muscolare e verranno proposte delle metodiche di lavoro per cercare di diventare più forti nei piegamenti e/o cercare di aumentarne le ripetizioni massime.

Che cosa sono i piegamenti sulle braccia?

Alessandro Mainente esegue i piegamenti sulle braccia alle parallele

I piegamenti sulle braccia sono un popolare esercizio di condizionamento muscolare utilizzato sicuramente in ambito militare e reso popolare in molte apparizioni televisive nelle varianti più stravaganti a due mani, una mano, rialzati con il battito di mani e molto altro.

Data la sua “semplicità” a livello logistico lo rendono un esercizio adatto a qualsiasi ambiente (sia casalingo o palestra) e livello, soprattutto se si conoscono le modalità per scalarlo in modo opportuno. Nel mondo del calishtenics e dello streetworkout è diventato oggetto di diverse tipologie di allenamento/workout, dove viene eseguito in combinazione con uno o più esercizi per altri gruppi muscoli o viene proposto in un alto numero di ripetizioni.

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Si dice piegamenti o flessioni?

Vale la pena spendere qualche riga per chiarire un'importante diatriba che caratterizza il mondo del fitness e che riguarda la terminologia per identificare questa gestualità: si parla di piegamenti o di flessioni?

Analizzando il termine piegamento vi si può dare questa definizione: “il termine piegamento si riferisce al passaggio da una posizione “lunga” ad una posizione “corta” quando si sostiene il corpo su un sostegno come l’arto superiore, l’arto inferiore oppure entrambi. Nel caso del piegamento a terra si verifica un sostegno iniziale del peso corporeo sull’arto superiore (che trova il gomito in estensione) e l’arto inferiore. Nella fase finale, senza cambiare l’appoggio del corpo si trova vicino al pavimento o comunque in una posizione dove il busto è all’incirca a livello dell’appoggio (questo può variante in base all’escursione di movimento e non è una regola fissa).

Al contrario con il termine “flessione” si identifica un esercizio dove il segmento sollevato non ha una base di appoggio, basti pensare ad un leg-raise (flessione dell’anca) oppure ad una alzata frontale con un manubrio.

Fatta questa premessa in questo articolo parleremo solamente di piegamenti a terra discostandoci dal comune utilizzo del termine “flessione” che non è corretto dal punto di visto terminologico.

Come si eseguono i piegamenti sulle braccia?

I piegamenti rappresentano un esercizio multiarticolare a catena cinetica chiusa che, indipendentemente dal tipo di piegamento che si esegue, presenta sempre delle caratteristiche comuni che prescindono quindi dalla variante che si utilizza.

A livello puramente esecutivo vi sono principalmente 2 fasi:

  1. la fase di appoggio a corpo teso. Ogni piegamento a terra inizia con una tenuta isometrica dove il corpo viene mantenuto in posizione di plank. In questa isometria il gomito è in estensione completa, la mano si trova in appoggio sul suolo e i piedi rappresentano il secondo appoggio.
    A meno di esecuzioni volutamente monobraccio il movimento presenta sempre una simmetria rispetto al piano sagittale.
    Una caratteristica molto importante da ricercare in questa posizione isometrica in appoggio è la costante sensazione di doversi spingere via dal pavimento. E’ quindi volutamente una posizione attiva e non un appoggio passivo.Non sono al momento date indicazioni precise in merito al posizionamento del bacino e del passo degli arti superiori in quanto entrambi possono subire modifiche in base al tipo di variante che si decide di utilizzare. E’ sempre importante fare riferimento al contesto prima di dare delle indicazioni e pertanto nel proseguo di questo articolo affronteremo anche il “perché” è conveniente un certo tipo di posizionamento, traiettoria, allineamento durante una variante rispetto ad un’altra;
  1. la discesa e la salita. Non consideriamo la salita una ulteriore fase in quanto in tutte le varianti è sempre consigliato (a meno di casistiche particolari) seguire una traiettoria sempre uguale. Questo particolare è facilmente analizzabile visualizzando il piegamento in un video e riproducendolo al contrario. Se l’esecuzione è praticamente la medesima e non è possibile distinguere quando un video è riprodotto al contrario significa che le traiettorie sono state mantenute correttamente invariate nella fase di salita e discesa.

    Nel momento in cui il corpo si abbassa verso il punto di appoggio degli arti superiori si assiste sempre ad un avvicinamento del busto verso le mani, mentre nella parte di risalita è sempre presente un allontanamento dal punto di appoggio degli arti superiori.

    Precisazione: come fanno notare alcuni dei migliori preparatori di fama mondiale (come per esempio Eric Cressey) ogni piegamento dovrebbe terminare con una spinta finale verso l'alto che avviene quando i gomiti sono completamente estesi. Questo serve in primis per completare l'attivazione del gran dentato e stabilizzare nuovamente il complesso scapola-omero. Notare che essere indifferenti a questo dettaglio, nel lungo periodo, può portare a debolezza cronica del gran dentato, una maggiore retrazione degli adduttori delle scapole a riposo e difficoltà in molteplici gesti fra cui:
    - verticale (nell raggiungimento della massima flessione scapolo-omerale);
    -plank e didattiche della planche (incapacità di mentenere la corretta abduzione delle scapole).
    In generale uno squilibrio abduttori-adduttori comporta una alterazione della cinematica scapolare.

    Variando in modo mirato quello che è l’obbiettivo del piegamento è facile intuire come non sia necessario che il petto, le spalle o sterno vengano portati vicino alle mani in quando per sollecitare un certo tipo di muscolatura o sviluppare un certo tipo di movimento le traiettorie di alcuni giunti articolari possono essere molto diverse. Lo stesso si può dire dei fianchi/bacino, non necessariamente questo si avvicineranno al pavimento nello stesso modo.

Pertanto, alla classica domanda "ma nei piegamenti devo arrivare con il busto che tocca terra o posso fermarmi prima?". In base al proprio obbiettivo si apre un mondo di possibilità:

1) voglio sollecitare in modo completo i muscoli di spalla e/o petto? Servirà una esecuzione con il petto che arriva a terra;

2) pratico uno sport dove la forza viene espressa fino a 10-15 cm dal pavimento? In questo caso ci sarà un momento della preparazione stagionale dove il movimento sarà su un range di movimento completo, mentre più mi avvicino al periodo competitivo più dovrò specializzarmi su un range ridotto;

3)pratico uno sport dove è necessario proseguire la discesa oltre il livello delle mani? Potrebbe essere una buona scelta in primis diventare bravo su un range di movimento più generale toccando con il busto il pavimento ad ogni ripetizione.

Come faccio notare in molte situazioni ciò che contraddistingue le scelte è sempre e solo il contesto.

Quali sono gli errori più comuni nei piegamenti?

Durante i piegamenti è molto difficile individuare degli errori comuni a tutte le esecuzioni. Le pratiche sportive spaziano su modelli di lavoro che hanno molto spesso richieste specifiche che vanno fuori dai canoni tanto da sembrare quasi esecuzioni scorrette e lo vedremo in modo molto chiaro in alcune tipologie di piegamento.

In riferimento alla versione “classica” del piegamento a terra è possibile fare una considerazione universale: quando la traiettoria del movimento in discesa è diversa dalla traiettoria del movimento in salita significa che sono presenti delle variazioni nella tensione muscolare che determina alcuni gradi articolari, siano essi a livello delle spalle, dei gomiti, delle ginocchia e del bacino.

La regola fondamentale per non sbagliare il “classico” piegamento a terra è mantenere una costante tensione muscolare nella zona del core. Questo prevede:

  • un coinvolgimento della muscolatura addominale superficiale e profonda per mantenere un costante assetto posturale e non variante la flesso/estensione della colonna;
  • un marcato coinvolgimento della muscolatura del bacino (in particolare gli estensori dell’anca) che permette di mantenere la parte superiore connessa in modo efficace con la parte inferiore rendendo il corpo un oggetto unico facilmente posizionabile nello spazio.

Le esecuzioni scorrette (sempre in riferimento alla variante “classica”) mostrano quasi sempre una perdita di tensione della parete addominale ed una conseguente estensione della colonna.

Solitamente questo errore può essere abbinato ad un aumento della flessione dell’anca. In entrambi i casi il corpo smette di essere percepito come un unico oggetto e sicuramente le traiettorie delle ripetizioni scorrette presentano sufficienti alterazioni rispetto ad una esecuzione canonica.

Ogni qualvolta si presenti una perdita di tensione a livello del core è opportuno interrompere l’esecuzione e orientarsi su varianti che permettano di mantenere traiettorie più “pulite”. A livello puramente visivo (in caso di individui non sufficientemente forti), un atteggiamento posturale non corretto è praticamente sempre dovuto alla mancanza di forza nella muscolatura del petto e degli arti superiori. Questo comporta che l’arrivo nella posizione di partenza dei segmenti corporei non è sufficientemente coordinato (per esempio, in seguito all’estensione della colonna nella fase di risalita le spalle raggiungeranno la posizione iniziale prima de bacino). In misura minore (ma non assente) è possibile che una eccessiva debolezza della muscolatura addominale comporti una perdita dell’allineamento posturale e un aumento della lordosi lombare.

In ultima analisi il posizionamento dei gomiti può subire variazioni durante la fase di risalita. E’ bene sempre ricordare che la fase di discesa è sempre quella più facile in quanto si tratta di una contrazione eccentrica dove è più facile frenare il carico. Tuttavia, in caso di debolezza negli arti superiori, si presenta sempre un errore molto particolare: i gomiti vengono spostati all’esterno. Questa modifica al pattern di esecuzione aumentando il reclutamento del gran pettorale in sfavore della spalla (compensando per mancanze di forza di quest’ultima).

Quando si parla di movimenti a carico naturale vale sempre la regola di non addentrarsi mai al cedimento muscolare quando non si possiede una elevata confidenza con il movimento perché il cedimento muscolare avviene sempre dopo il cedimento tecnico. Il rischio è quindi quello di variare eccessivamente traiettorie o coinvolgimento muscolare e semplicemente ridursi a fare un altro esercizio, troppo diverso da quello originale.

La pratica perfetta rende dunque perfetti nel senso che la ripetizione qualitativamente eccelsa permette un coinvolgimento muscolare praticamente identico ad ogni ripetizione.

Quali sono i muscoli interessati nei piegamenti?

Analizziamo ora quelle che sono le muscolature principali dei piegamenti a terra cercando di capire eventualmente quando, come e perché è possibile reclutare maggiormente alcune muscoli a scapito di altri. E’ ovvio precisare che, trattandosi di un esercizio ad alta sinergia muscolare, è praticamente impossibile eliminare completamente l’intervento di un muscolo.

Sicuramente, giocando su assetto scapolare e posizionamento della “stance” (distanza e punto di appoggio delle mani nel punto di partenza rispetto alle spalle) è possibile aumentare o diminuire il contributo di alcuni gruppi muscolari.

Ad eccezione di qualche variante che illustreremo in seguito la muscolatura del core è praticamente sempre attiva allo stesso modo.

Passiamo ora in rassegna i principali gruppi muscolari:

  • Gran pettorale: sempre coinvolto durante la fase di discesa e di salita, ne si accentua il lavoro con una maggiore distanza fra le mani e con un atteggiamento delle scapole neutro o in leggera adduzione;
  • Piccolo pettorale: contribuisce in parte a terminare ogni ripetizione e al mantenimento della posizione di plank a braccia tese. Permette di evitare una posizione scarico muscolare tra una ripetizione e la successiva (si deve ricercare la sensazione di spingersi via dal pavimento);
  • Deltoide anteriore: come flessore dell’omero permette di coadiuvare il lavoro del gran pettorale in modo marcato fin tanto che i gomiti vengono portati in fuori di 45°. Man mano che i gomiti si avvicinano al busto diventano il muscolo dominante nell’esecuzione;
  • Bicipite brachiale: lavora in sinergia e in modo diverso in base al posizionamento delle mani. Maggiore la vicinanza dell’omero al busto (quindi un passo stretto) maggiore l’intervento della componente flessoria dell’omero del bicipite (capo lungo); maggiore la stance maggiore il contributo della parte di adduzione del bicipite (capo breve). E’ possibile, in soggetti con una errata cinematica scapolo-omerale che durante i piegamenti venga percepito eccessivo lavoro del bicipite;
  • Tricipite brachiale: principalmente lavora come estensore del gomito nella fase di salita e assiste la flessione del gomito durante la discesa (lavorano in contrazione eccentrica);
  • Coracobrachiale: sinergico di pettorale e bicipite in tutte le esecuzioni, assiste sia la flessione dell’omero che l’adduzione dell’omero;
  • Dorsale e trapezio: principalmente sono coinvolti nella stabilizzazione della scapola conferendone la depressione durante tutto il movimento e garantendo il giusto rapporti articolari;
  • Gran dentato: i fasci anteriori permettono di stabilizzare e fissare la scapola sulla cassa toracica. Lavora in sinergia con il piccolo pettorale per contribuire alla posizione di plank a braccia tese fra una ripetizione e l’altra;
  • Rotatori esterni ed interni: contribuiscono come muscoli sinergici al movimento di adduzione dell’omero e flessione (rotatori interni) e al mantenimento della stabilità dell’omero nella glena;
  • Avambracci: in alcune varianti dove è previsto un maggiore coinvolgimento della spalla permettono di ridurre un eccessivo avanzamento del corpo durante la fase di risalita;
  • Muscolatura del core: principalmente la porzione addominale e gli estensori dell’anca, garantiscono un mantenimento della postura costante.

Quanta mobilità serve per fare i piegamenti?

È molto semplice incappare in affermazioni estremizzate come “se non hai mobilità non puoi fare i piegamenti”, ma è tuttavia necessario fare alcune precisazioni che permettono di comprendere come, in presenza di qualche deficit, si possano presentare delle forzature di range di movimento e traiettorie. Nel lungo periodo movimenti troppo “aggiustati” inducono alterazioni dello schema motorio e a volte producono qualche fastidio di troppo.

Sicuramente una minima estensione dell’articolazione del polso garantisce la possibilità di scaricare in modo efficiente ed efficace il peso durante ogni ripetizione. Solitamente nelle versioni con le spalle che avanzano molto rispetto alle mani c’è una maggiore sollecitazione del polso. Notare che è lo stesso appoggio della mano in verticale quindi chi segue un percorso di recupero della mobilità del polso come avviene per l‘esecuzione della verticale sicuramente non avrà mai problemi in questo distretto.

Il secondo distretto coinvolto è sicuramente il bacino. Per riuscire a mantenere un corretto allineamento (senza spezzare la linea) è fondamentale capire come raggiungere questo assetto. Si tratta di combinare due range di movimento:

  1. Retroversione del bacino (che è una rotazione in avanti del sacro);
  2. Estensione dell’anca (che è una traslazione orizzontale del bacino).

Nel complesso queste due attivazioni permettono un collegamento importante fra la parte superiore e inferiore del corpo. Per capire e comprendere in modo importante questa attivazione consiglio di consultare la mia guida gratuita sul Calisthenics che si può ritrovare sul mio sito e di consultare la sezione dedicata alla planche, sezione comprende in modo dettagliato lo sviluppo della postura e posizione del plank. In caso di eccessiva rigidità a livello dei flessori dell’anca in particolare psoas e retto del femore diventa molto più difficile estendere completamente l’anca mantenendo anche l’estensione del ginocchio.

Consideriamo ora l’articolazione scapolo-omerale. Il problema principale è che i piegamenti a terra sono un movimento che comprende sempre un certo grado di estensione scapolo-omerale, a cui si aggiunge, in base il posizionamento delle mani, anche l’abduzione orizzontale dell’omero. Molte delle muscolature coinvolte nel piegamento a terra producono, in modo più o meno marcato, una rotazione interna dell’omero. All’aumentare dell’estensione scapolo-omerale e dell’abduzione orizzontale, tutti questi muscoli vengono portati in maggiore allungamento. In presenza di poca estensibilità di alcuni di questi (per esempio, sottoscapolare e gran pettorale) si può assistere ad una anteposizione della spalla. L’anteposizione, combinata con l’estensione e l’abduzione dell’omero, può creare fastidio alla cuffia dei rotatori.

È bene quindi considerare la necessità di valutare l’articolarità della spalla prima di utilizzare protocolli di allenamento intensi.

In ultima analisi, ma non meno importante, è la valutazione della postura generale: in caso di atteggiamento ipercifotico del tratto toracico, la spalla sarà naturalmente anteposta, con tutte le conseguenti problematiche che abbiamo precedentemente menzionato.

Varianti di piegamenti sulle braccia

In questo paragrafo analizziamo velocemente le varianti di piegamenti, cercando di enfatizzarne pregi, difetti e modalità di esecuzione.

  • Piegamenti alle parallele

    L’esecuzione dei piegamenti su un supporto come le parallele rende possibile allenarsi con i piegamenti anche in presenza di problematiche all’articolazione del polso, che non viene mai portato in eccessiva estensione. Al di là di questo accorgimento, i piegamenti alle parallele, a patto di mantenere lo stesso stance degli arti superiori della medesima variante a terra, non alterano il reclutamento muscolare.

  • Piegamenti a diamante per i tricipiti

    E' possibile enfatizzare il reclutamento della muscolatura del tricipite in due modalità:

  1. Posizionando le mani “a diamante” all’incirca in corrispondenza dello sterno;
  2. Posizionando le mani esattamente sotto le spalle nella posizione di partenza.

Entrambe le varianti sollecitano in modo importante gli estensori del gomito, tuttavia è consigliabile, per evitare sovraccarichi all’articolazione del polso, preferire la seconda modalità proposta.

  • Piegamenti hindu

    Questo esercizio è una variante di piegamenti multipiano, dove il corpo produce una traiettoria prettamente curvilinea. Non lo considero una variante base, in quanto è presente un coinvolgimento molto maggiore di tutti gli arti superiori.

  • Piegamenti larghi per il petto

    Come già accennato precedentemente, giocando sul livello di abduzione orizzontale (avvicinare o allontanare il gomito dal busto e/o distanziare le mani fra di loro), si può aumentare il reclutamento del gran pettorale. Se ci basassimo sul cercare di simulare la movenza della distensione su panca, dovremmo cercare di mantenere una distanza fra le mani che sia all’incirca di 80/81 cm ed un posizionamento delle scapole neutro. L’atteggiamento delle scapole completamente di adduzione e l’estensione della colonna dovrebbero essere evitati, al fine di escludere la perdita di tensione addominale. Si consiglia, inoltre, di mantenere l’avambraccio sempre perpendicolare al pavimento.

  • Piegamenti a V per le spalle

    I V-pushup sono un particolare tipo di piegamento utile per reclutare maggiormente la muscolatura delle spalle e dei tricipiti, in previsione di sviluppare i piegamenti sulle braccia in verticale. L’indicazione principale di questo esercizio è di mantenere una traiettoria invariata durante la fase di discesa e in salita. L’errore più comune, infatti, è di non rispettare lo stesso schema motorio durante la parte di risalita.

  • Piegamenti rialzati simulare panca piana

    Se analizzassimo il gesto della panca piana, ci accorgeremmo che spalle, bacino e ginocchia vengono mantenuti alla medesima altezza (se appoggiati su una panca) e gli arti superiori sono perpendicolari al corpo. Per simulare correttamente questa configurazione, è quindi necessario porre i piedi su un rialzo sufficientemente alto per cui i piedi si trovino approssimativamente all’altezza delle spalle (o poco più in basso).

  • Piegamenti intraruotati

    La comunità del fitness tende a demonizzare questa esecuzione perché è considerata stressante per il cingolo scapolo-omerale. Io preferisco porre enfasi sul contesto. Infatti vi sono alcuni movimenti della ginnastica aerobica o della ginnastica artistica che prevedono questo posizionamento, al fine di apprendere movimenti di una certa complessità. Vige sempre la regola del buon senso ed è preferibile, in ogni caso, evitare qualsiasi configurazione che pone eccessivo stress sulle spalle, soprattutto se non c’è alcuna necessità di sviluppare movimenti tecnici delle discipline precedentemente menzionate.

  • Piegamenti sbilanciati

    Questa tipologia di esercizio è stata resa popolare dalla ginnastica artistica, prima, e dal calisthenics, in seguito. Rispetto ad un normale piegamento, nella posizione di partenza, le mani sono posizionate più arretrate rispetto alle spalle. Questo accorgimento permette di caricare maggiormente la muscolatura della spalla, ma, allo stesso tempo, aumenta lo stress a livello del polso. Non è quindi raro ritrovare questa variante eseguita alle parallele o con le mani leggermente ruotate verso l’esterno.
    Per un maggiore approfondimento sull’apprendimento di questi piegamenti, ti invito a consultare la mia guida gratuita sul calisthenics, in particolare la sezione dedicata alla parte della spinta.

  • Piegamenti con la presa supina

    Questo tipo di piegamento è caratterizzato da un particolare posizionamento delle mani. Rispetto ad un normale piegamento (dove le dita sono rivolte in avanti), in questa variante le dita sono completamente rivolte indietro (cioè puntano direttamente ai piedi). Questa modifica aumenta in modo importante lo stress sul tendine distale del bicipite brachiale, che, se non è già stato adeguatamente preparato, può subire una lesione parziale, totale, o un completo distacco dall’osso. Non si può quindi considerare questa variante un esercizio per principianti.

  • Piegamenti agli anelli

    Nonostante l’utilizzo degli anelli o simili (TRX) sia diventato molto popolare, va ricordato che tutti i movimenti su un supporto instabile aumentano notevolmente la destabilizzazione del cingolo scapolo-omerale. È necessario quindi avere precedentemente rinforzato tutto il complesso muscolare che mantiene la testa dell’omero in sede. Va ricordato, infine, che sui supporti instabili aumenta la possibilità di eseguire movimenti non simmetrici. Esattamente come i piegamenti con le dita indietro, non ritengo questa variante un movimento adatto ai principianti.

Esistono varianti di piegamenti facilitati per le donne?

All’interno della mia guida gratuita per il calisthenics, è mostrata una didattica estremamente graduale, dove presento diverse modalità per scalare i piegamenti:

  1. Piegamenti sulle ginocchia

    Questa è una delle soluzioni più popolari, tuttavia è esattamente quella che io sconsiglio. Vediamo il perché. Abbiamo già accennato, nella parte relativa alla mobilità, che una eccessiva tensione ai flessori dell’anca impedisce di estendere completamente il bacino. Dal momento che i piegamenti sulle ginocchia vengono normalmente proposti con una flessione del ginocchio, ci si ritrova in una condizione svantaggiosa: infatti la flessione del ginocchio allunga la muscolatura del retto del femore, che sappiamo avere una duplice funzione, ossia, l’estensione del ginocchio e la flessione dell’anca. È prevedibile, quindi, che l’eccessiva flessione del ginocchio comporti un aumento della flessione dell’anca. Sarà quindi più difficile mantenere l’estensione dell’anca.

    Un ulteriore errore da non fare è incrociare le gambe: incrociare le gambe implica una maggior flessione di un ginocchio. Di conseguenza, si avrà una maggiore flessione dell’anca dallo stesso lato ed una possibile rotazione del bacino: il movimento è diventato asimmetrico. Se volessimo proprio appoggiare le ginocchia, il mio consiglio è di mantenere le gambe rilassate sul pavimento;

  2. Piegamenti inclinati

    Quest’ultimo è un ottimo modo di agire sulla difficoltà dell’esercizio, senza variare il coinvolgimento degli arti inferiori. Tanto più il corpo si avvicina alla posizione verticale, tanto più facile diventa l’esecuzione. Dal mio punto di vista, questo è il modo migliore per ridurre l’intensità dell’esercizio;

  3. Piegamenti a rom parziale

    Questa strategia è quella che meno utilizzo, in quanto preferisco mantenere un’escursione di movimento completa e sacrificare l’intensità con altre modalità. Il modo più semplice per mettere in pratica questa strategia è utilizzare un rialzo sotto il petto che riduca il range di movimento. Un po’ alla volta l’obiettivo è cercare di ridurre questo rialzo.

Come allenare i piegamenti?

  • Programma per i piegamenti sulle braccia

    Quando si tratta di prendere familiarità con i piegamenti a terra, io preferisco utilizzare principalmente esercizi a corpo libero, dove si aumenta progressivamente la difficoltà, giocando con le modalità illustrate precedentemente. Una classica progressione lineare permette di accumulare una buona forza di base per dedicarsi successivamente a varianti più difficili.

  • Metodo recoon

    Questo metodo di allenamento permette di aumentare il numero di ripetizioni dei piegamenti, seguendo una semplicissima tabella che propone, sulla sinistra, l’obiettivo da raggiungere e, nella colonna immediatamente successiva, il numero di ripetizioni minimo che dovete saper fare.

    Metodo Recon

  • Metodo del recupero-lavoro 2:1

    Prima di utilizzare questo metodo, il mio consiglio è di arrivare ad eseguire almeno 20-30 ripetizioni. Il metodo è estremamente semplice:

    1. Eseguire una serie di piegamenti a cedimento muscolare e cronometrare quanto tempo ci si impiega;
    2. Riposare il doppio del tempo di lavoro;
    3. Ripartire dal punto 1. sino a quando non è più possibile fare alcun piegamento.
  • Metodo della serie a scalare

    Questa modalità prevede di eseguire una serie di piegamenti nella variante più difficile che potete (eventualmente sovraccaricare un classico piegamento con un peso o una loopbands) e portare la serie al cedimento muscolare (eseguire almeno 40” di lavoro continuativo). Arrivati al cedimento muscolare, rendere immediatamente l’esercizio più semplice (usare una loop-bands più leggera o ridurre il carico sulla schiena) e continuare a macinare ripetizioni fino al cedimento muscolare. Iterare questo processo fino a quando non riuscite più ad eseguire nemmeno una ripetizione nella variante più semplice. Questo costituisce una serie a scalare. Aspettare 2-3 minuti e poi ripetere. Eseguire in totale almeno 3-4 serie a scalare.

  • Posso fare i piegamenti tutti i giorni?

    Sì, è possibile eseguire i piegamenti tutti i giorni, ma la scelta di cosa fare, quanto fare e come fare di pende dal proprio obiettivo. Per esempio, il lavoro per la resistenza ha una programmazione diversa rispetto al lavoro per la costruzione di una forza di base. Generalmente, allenarsi sui piegamenti 2-3 volte alla settimana è sufficiente

  • Programmazione per il lungo termine

    In quest’ultimo paragrafo voglio accennarvi il metodo ideale per aumentare il numero di piegamenti nel lungo termine. Un concetto fondamentale è l’aumento della forza massimale assoluta nei piegamenti a terra e poi la conversione in resistenza. È quindi consigliato un periodo di 14-16 settimane dedicato allo sviluppo della forza e dei punti carenti, seguito da un periodo di lavoro prevalentemente sulla resistenza, affiancato da un lavoro minimo di mantenimento della forza. Il mio consiglio personale è di lavorare sempre e solo con un tipo di piegamenti.

    La scelta del protocollo di forza è a vostra discrezione ed ha lo scopo di diventare più forti nel gesto base, mentre la fase di resistenza è un adattamento al sistema energetico legato a prestazioni con un alto numero di ripetizioni.

Conclusioni sui piegamenti a terra

Come avrai intuito dall'articolo, i piegamenti a terra non sono un esercizio poi così scontato e nascondono tante sottigliezze importanti che vanno tenute in considerazione. E' un esercizio utile e fattibile pressoché ovunque. Infine, è uno degli esercizi più classici a corpo libero per allenare i muscoli degli arti superiori.

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