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Calisthenics e Mobilità

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Leg raise per gli addominali: tutorial ed esecuzione

Febbraio 9, 2021 by Alessandro Mainente Leave a Comment

leg raise 2

I leg raises sono un movimento molto utile e molto popolare per allenare la muscolatura della parete addominale. Il loro utilizzo spazia veramente in tantissime pratiche sportive che vanno dal semplicissimo allenamento che si può eseguire in palestra, passando dalla ginnastica artistica, alla ginnastica acrobatica, ai tuffi dalla piattaforma, all’atletica e molto molto altro.

Sono un utilissimo esercizio per allenare tutto il comparto degli addominali e dei flessori dell'anca, nel contesto dei calisthenics sono una variante molto popolare per creare una buona base di lavoro per allenare in futuro movimenti isometrici più importanti come per esempio la squadra a terra (comunemente chiamata L-sit) e la variante più complessa ovvero la squadra massima (comunemente chiamata V-sit).

Come si eseguono i leg raises: 2 modalità

Quando parliamo di leg raise si fa riferimento anche al reverse crunch, entrambi i movimenti prevedono di andare a supportare tutta l'esecuzione del movimento tramite l'ausilio degli arti superiori.

Nel caso in cui sia necessario scalare il movimento in alcune varianti più semplici l'ausilio degli arti superiori avviene da una posizione di estensione dell'omero (a pancia in su al pavimento con le mani lungo i fianchi) e non da una posizione di flessione dell'omero (come quando si è appesi ad una sbarra): infatti mentre le varianti più semplici possono essere eseguite a terra utilizzando come assistenza gli arti superiori che spingono contro il pavimento, durante le varianti più complesse (partendo da una panca inclinata di pochi gradi si arriva alla spalliera) le braccia devono essere utilizzate come punto di ancoraggio per facilitare il mantenimento del corpo in una sorta di sospensione.

Mi piace distinguere due tipologie di esecuzione che, sostanzialmente, si differenziano dall' ordine con cui vengono coinvolti i muscoli motori primari durante l'esercizio.

PRIMA TIPOLOGIA: Nella prima tipologia di esecuzione è necessario iniziare in movimento da una condizione in cui è possibile mantenere la bassa schiena aderente al supporto che si tratti del pavimento o che si tratti della panca inclinata. Inclinando verso il pavimento gli arti inferiori (estendendo l'anca) è possibile aumentare lo stiramento e il lavoro dei muscoli addominali stessi.

Quanto DEVI avvicinare gli arti inferiori al pavimento dipende sostanzialmente dalla capacità di riuscire a mantenere la parete lombare completamente aderente al supporto. Una volta raggiunta la parte più bassa dell' escursione di movimento è necessario invertire il movimento degli arti inferiori e , una volta raggiunto il punto in cui le cosce sono perpendicolari rispetto alla superficie d'appoggio, è necessario cercare di sollevare il bacino verso l'alto.

E' bene enfatizzare che l'obiettivo dovrebbe essere quello di cercare di staccare la zona lombare dal supporto (DURANTE LA RISALITA) limitandosi però a mantenere quella toracica completamente aderente ad esso. In base alla pratica sportiva che si decide di intraprendere è possibile inoltre valutare di chiudere completamente gli arti inferiori sul tronco oppure limitarsi a portarli perpendicolari rispetto al pavimento. Questa esecuzione quindi prevede la successione di due azioni principali: la prima il recupero degli arti inferiori e la seconda il movimento del bacino verso l'alto senza cambiare ulteriormente l'angolazione della coscia col busto.

SECONDA TIPOLOGIA: La seconda tipologia ha come obiettivo principale invertire le due attivazioni che sono state appena menzionate durante la prima tipologia dove prima si recuperano gli altri inferiori e poi si effettua una spinta del bacino verso l'alto. Infatti, durante questa seconda esecuzione, ti verrà richiesto di procedere al contrario (ovvero partendo dalla situazione in cui gli arti inferiori sono nel punto più basso dell' escursione di movimento) recuperando prima il bacino e cercando di spingerlo verso l'alto (passando quindi da una antiversione ad una retroversione ) e solo successivamente andare a flettere l'anca. La scelta di optare per una esecuzione rispetto all'altra è puramente personale e deve essere spinta maggiormente da quello che è il modello prestativo.

Sicuramente per un individuo che vuole focalizzare il lavoro sulla parete addominale la prima tipologia di esecuzione è sicuramente la migliore , mentre per un individuo che deve necessariamente prima recuperare completamente l'estensione dell'anca (o comunque parzialmente ) è preferibile la seconda esecuzione. Ciò che accomuna entrambe le tipologie di movimento è sicuramente la necessità di mantenere una forte adesione della parete lombare sul supporto utilizzato senza arrivare mai a staccare la zona toracica. Il tentativo di eseguire comunque movimento staccando la zona toracica può essere un comune movimento di compensazione quando non si possiede sufficiente mobilità della catena cinetica posteriore.

Quali sono i muscoli coinvolti nei leg raise?

A livello della muscolatura coinvolta durante questo esercizio è possibile distinguere due grandi zone anatomiche che vengono maggiormente coinvolte all'aumentare dell'inclinazione del supporto:

1) il primo gruppo di muscoli ,che rappresentano in ogni caso il principale obiettivo di questo esercizio, sono gli addominali, i flessori dell'anca monoarticolari, i flessori dell'anca bi articolari (RETTO del femore), in parte gli adduttori e sicuramente la muscolatura profonda del tronco come per esempio gli obliqui e il trasverso;

2) Il secondo distretto anatomico fortemente coinvolto è rappresentato dalla spalla. Tanto più scorretta e l'esecuzione del movimento sul supporto inclinato tanto maggiore sarà il coinvolgimento dell'arto superiore. nel caso in cui invece l'esecuzione è corretta, non si esclude un leggero intervento da parte degli arti superiori: questo permane in misura inferiore e in ogni caso non rappresenta il focus principale dell'esercizio. In questo frangente muscolature come dorsale, pettorale, rotonde e capolungo del tricipite rappresentano muscolatura sinergiche che favoriscono l'esecuzione dell'esercizio.

Come si imparano i leg raises?

L'apprendimento dei leg raise passa inevitabilmente da una serie di esercizi di base che permettono di sensibilizzare in modo graduale la muscolatura della parete addominale i flessori dell'anca.

All'interno di questa famiglia di movimenti si trovano tutte le compressioni del busto sulle cosce, sia che vengano eseguite con le ginocchia flesse , estese e in combinazione con l' abduzione e all’ adduzione degli arti inferiori. È possibile raggruppare questa tipologia di esercizi con il nome di “chiusure a libretto” o con un termine più inglese “v-ups”.

Per mia esperienza personale l'incapacità di eseguire i leg raise su una panca inclinata o addirittura la spalliera deriva spesso da una inadeguata preparazione di base proprio di questi esercizi.

Quanta mobilità serve per i leg raises? Devi fare stretching?

Quando parliamo di quanta mobilità serve per poter eseguire questo movimento è sempre necessario andare a distinguere l'obiettivo per cui lo si esegue infatti i requisiti legati al puro isolamento muscolare sono decisamente inferiori rispetto ai requisiti ritrovabili in movimento di un'altra disciplina appunto per esempio se si considera molti dei movimenti della ginnastica artistica , come anche dei tuffi dalla piattaforma, appare abbastanza evidente che il range di movimento richiesti sono decisamente superiori.

Questo implica che, a fronte di una escursione maggiore, sia necessario soddisfare dei requisiti esecutivi differenti. Queste richieste sport specifiche inevitabilmente devono essere combinate con un lavoro parallelo di sviluppo di estensibilità tissutale a livello della catena cinetica posteriore.

Per essere più precisi in un contesto di palestra , fitness, body building, sarà sufficiente , per reclutare in modo adeguato tutta la parete addominale, limitarsi ad un'esecuzione dove la compressione delle cosce sul busto può essere limitata e Il livello di estensione del ginocchio può essere semplicemente parziale. Al contrario in un movimento di tipo carpiato (ovvero un esercizio dove gli arti inferiori sono completamente aderenti al busto , quasi sempre in presenza di completa estensione del ginocchio ) è necessario promuovere uno stiramento maggiore della catena cinetica posteriore. e necessario anche menzionare che, nel momento in cui esercizio viene eseguito alla spalliera, sì richiede anche una maggiore scioltezza a livello dell'articolazione scapolo omerale.

Per riassumere , per isolare correttamente in modo efficace la parete addominale, è consigliato optare per una esecuzione più da palestra: questa infatti non prevede lo sviluppo di range di movimento molto ampi ed è di conseguenza una variante decisamente più accessibile. nel caso in cui invece tu fossi inserito all'interno di un contesto sportivo con gestualità più complesse potrebbe essere necessario valutare esecuzioni con requisiti più specifici e con rank d’entrata meno accessibile.

Perchè ti vengono i crampi alle cosce durante i leg raise?

Questo è sicuramente uno dei quesiti che mi vengono posti più frequentemente in relazione non tanto ai sollevamenti degli arti inferiori come nel leg raise, ma piuttosto durante l'esecuzione di varianti più avanzate di questi esercizi come per esempio la squadra a terra. Tuttavia, se si analizza la biomeccanica del movimento si può concludere che i leg raise e tutte le varianti di squadre a terra o sulle parallele presentano un coinvolgimento muscolare molto simile.

Pertanto in presenza di una catena cinetica posteriore eccessivamente rigida e probabile che si manifesti una ipercontrazione a livello dei flessori dell'anca o degli addominali tale da condurre a crampi muscolari.

Per risolvere questo problema è necessario lavorare su due fronti: da una parte eseguo degli esercizi che sono più accessibili e che permettono di alzare il livello di forza di base dei flessori dell'anca e della parete addominale e dall'altra ridurre la tensione passiva esercitata dalla catena cinetica posteriore.

Quali sono gli infortuni dei leg raise?

E difficile parlare in modo molto stretto di infortuni legati a questa tipologia di esercizio, tuttavia vi sono 2 situazioni che possono comportare un sovraccarico alla bassa schiena oppure alle spalle.

1) Il sovraccarico sulla bassa schiena si può presentare ogni qual volta gli addominali non sono sufficientemente forti da contrastare la tensione che si sviluppa sui flessori dell'anca (man mano che si portano gli arti inferiori verso il pavimento aumentando quindi la leva) e che comporta una maggiore estensione del tratto lombare. In questo caso è sufficiente limitare il movimento al punto in cui si riesce a mantenere la bassa schiena completamente aderente al supporto;

2) le spalle sono invece oggetto di stress quando si sposta l'esecuzione principalmente alla spalliera oppure alla panca inclinata con completa estensione del gomito. Pertanto individui principianti e/o tutti coloro che presentano una infiammazione alle spalle ho una limitata escursione articolare in queste ultime dovrebbero evitare di eseguire i leg raise alla spalliera o alla sbarra.

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Dove si possono eseguire i leg raise?

I leg raise Possono essere comunemente eseguiti principalmente su 5 supporti:
1) Pavimento;
2) Panca piana/inclinata;
3) Spalliera;
4) Sbarra;
5) Parallele.

Progressioni e varianti dei leg raise.

Come accennato precedentemente il movimento più semplice per iniziare i leg raises è la variante al pavimento. In questo frangente il mancato utilizzo del dorsale, per evitare l'abbassamento del corpo come quando si lavora alla panca inclinata, permette di ridurre tutti quegli stimoli cifo-lordosizzanti che rendono la contrazione dell'addome più difficile.

L'esecuzione a terra più semplice prevede di abbassare gli arti inferiori quello che basta per riuscire a mantenere la bassa schiena aderente al pavimento. Non dovete mai , se siete principianti del movimento, spingervi oltre il punto in cui la parete lombare perde contatto con il suolo.

Atleti più forti possono avvicinare progressivamente gli arti inferiori al pavimento e nel caso di individui veramente molto allenati è possibile rilassare completamente gli arti inferiori sul pavimento e successivamente cercare prima di recuperare la bassa schiena appiattendola al suolo e solo successivamente provvedere a sollevare gli arti inferiori dal pavimento.

Questo approccio ai leg raise è particolarmente utile in tutti quei movimenti sport-specifici dove è necessario insegnare tutte quelle sensazioni legate ad un cambio di atteggiamento pelvico . Infatti se vi ho insegnato solamente quello che è reclutamento ideale si dimentica di stimolare la percezione di un reclutamento scorretto . Pertanto arrivare volontariamente al punto in cui si perde la bassa schiena (non si percepisce più aderenza con il suolo a livello del tratto lombare) e cercare poi di recuperarla è un ottimo modo per comprendere due atteggiamenti posturali completamente differenti ed essere poi in grado di passare facilmente da uno all'altro.

Lo step successivo è sicuramente quello di introdurre una panca inclinata.

In questo contesto il mio consiglio è iniziare a lavorare prima con l'ausilio del gomito flesso , che permette più facilmente di trattenere il carico ed evitare che il corpo scivola sulla panca inclinata , e solo successivamente implementare un’ estensione completa del gomito così da poter ridurre sia l'assistenza dei flessori del gomito sia l'assistenza degli adduttori dell’ omero.

Quali sono gli errori principali dei leg raise?

È innegabile che tutte le esecuzioni di questo esercizio portano con sé i medesimi errori principali. Tanto più ci si avvicina ad un movimento su una superficie inclinata tanto più gli errori possono essere causati anche dalla parte superiore del corpo.
Di seguito troviamo i principali difetti esecutivi:

- Tirare di spalle: Sicuramente questo errore è abbastanza comune in tutte quelle varianti dove si cerca di facilitare l'esecuzione dell'esercizio tramite una coraggio da parte degli arti superiori quindi sicuramente tutte le varianti su una panca inclinata fino ad arrivare alle esecuzioni alla sbarra o alla spalliera. Durante il movimento di salita degli arti inferiori ciò che succede e che virgola in presenza di poca sensibilità della catena cinetica posteriore, si utilizzano i muscoli adduttori dell'omero per far salire il busto. Questo comporta di conseguenza una maggiore salita del bacino e anche degli arti inferiori. Tuttavia questo è un errore abbastanza grossolano in quanto la salita degli arti inferiori e del bacino dovrebbe avvenire solamente ad opera degli addominali. A livello visivo si può facilmente notare questo errore in quanto il distacco del segmento lombare dal supporto e seguito da un sollevamento anche della zona toracica. Ne consegue che rispetto alla posizione di partenza vi è un avvicinamento del tronco all' omero;

- Flettere i gomiti: questo errore è presente in modo molto marcato durante le esecuzioni alla sbarra e può presentarsi principalmente per due motivi: poca mobilità a livello dell'articolazione scapolo omerale oppure eccessiva rigidità a livello della catena cinetica posteriore. La flessione del gomito comporta solitamente una leggera adduzione dell'omero (che verosimilmente è molto simile al difetto di tirare di spalle ).Anche questo secondo difetto esecutivo comporta un coinvolgimento dei muscoli del cingolo scapolo omerale a scapito della parete addominale;

- Flettere le ginocchia: Sicuramente se la pratica sportiva all'interno della quale è inserito i programmato questo esercizio prevede una massima estensione del ginocchio durante il movimento di chiusura degli arti inferiori sul busto, è considerato un errore importante flettere le ginocchia. Questo dettaglio non sussiste in un contesto di puro isolamento muscolare dove accettare una parziale flessione del ginocchio può essere un modo per rendere l'esercizio più accessibile;

- Scorretto timing addome-flessori anca: questo ultimo errore è sicuramente quello che accomuna tutte le esecuzioni infatti uno scorretto timing tra glutei addome i flessori dell'anca può comportare un sovraccarico percepito a livello della bassa schiena, esattamente dove vi è l'inserzione di alcune fibre dei flessori dell'anca . Inoltre l'attivazione del retto del femore può comportare un aumento marcato della lordosi lombare punto nel complesso si ottiene una sensazione di fastidio nella parte bassa della colonna. Il timing corretto dovrebbe prevedere questa sequenzialità di eventi: inizialmente tramite la retroversione si riesce ad appiattire la zona lombare e solo successivamente si può procedere ad avvicinare gli arti inferiori al busto. Durante esecuzione più complesse come per esempio le chiusure alla spalliera, è consigliato utilizzare un accorgimento ulteriore che separa tre fasi distinte: retroversione del bacino , estensione dell'anca e infine flessione dell'anca.

Conclusioni sui leg raises

In conclusione mi sento di dire che i leg raises sono un movimento che completa abbastanza il classico esercizio del crunch. Ciò che cambia in modo sostanziale è il punto fisso: infatti è il pube che si muove verso lo sterno e non viceversa (cosa che invece avviene durante tutti i movimenti simili al crunch dove è presente una flessione della colonna).

E' un esercizio che stimola principalmente il retto dell’addome in toto, anche se molto comunemente si fa riferimento a questo esercizio come isolamento della parte più bassa degli addominali (purtroppo nel 2021 ancora si fanno queste distinzioni in modo molto simile a pettorale interno ed esterno).

Il suo punto di forza è sicuramente la scalabilità e di conseguenza l'accessibilità. Può quindi essere eseguito da un ampio spettro di persone , dai principiante sino all' avanzato tramite accorgimenti che riguardano il supporto , l' escursione di movimento e infine il coinvolgimento o meno di più settori muscolari .

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Filed Under: Addominali

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V-sit e manna: tutorial ed esecuzione corretta

Giugno 7, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Esecuzione corretta della V-sit
Esecuzione corretta della V-sit

V-sit e il manna sono due movimenti sono molto popolari all'interno di diverse discipline fra cui la ginnastica artistica (come elemento all'interno delle routine del corpo libero, degli anelli , delle parallele e della trave ), la ginnastica aerobica , il verticalismo circense e negli ultimi anni anche il calistenics.

Dalla mia esperienza posso sicuramente dire che sono due esercizi fortemente correlati ed è innegabile come per imparare il manna sia necessario passare dall'apprendimento della V-sit.

Sono entrambi esercizi che richiedono lo sviluppo di numerose capacità condizionali (come per esempio la mobilità articolare e la forza) e che presentano dei tempi di apprendimento veramente molto lunghi.

Questo è principalmente dovuto al fatto che i muscoli che permettono di produrre il raggiungimento della posizione devono molto spesso spostare un peso non banale e molto spesso controbilanciare una tensione passiva da parte di tanti gruppi muscolari, che normalmente a causa della vita quotidiana tendono a subire forti adattamenti funzionali.

Ovviamente questo non dovrebbe essere un motivo per scoraggiare l'apprendimento di questi esercizi dal momento che sono skills molto particolari e molto difficili. Le persone che riescono a raggiungerle in età adulta sono veramente poche rispetto per esempio a movimenti ugualmente molto complessi come per esempio le trazioni monobraccio.

Ho volutamente menzionato la questione dell’ apprendimento da adulti in quanto molto spesso questi movimenti vengono molto più facilmente appresi quando il praticante è relativamente giovane: infatti in questa condizione si presenta un peso corporeo relativamente ridotto , della leve che sono favorevoli e quasi sempre una mobilità di spalle sufficientemente buona da ridurre la quantità di forza attiva necessaria per raggiungere e mantenere la posizione.

All'interno di questo articolo voglio inoltre spiegarti alcuni di quelli che sono i luoghi comuni molto diffusi in merito all’apprendimento di questi due esercizi isometrici.

Dal momento che si può considerare il manna come un'evoluzione della v-sit cercherò di sviluppare tutti i paragrafi in funzione di quest'ultima in quanto la maggior parte dei concetti di base sono comuni ad entrambe le skills.

Che cos’è la V-sit? A cosa serve?

Se dovessi descrivere questo esercizio con una definizione molto semplice, potrei dire che la V-sit è un movimento dove il corpo viene mantenuto in appoggio sugli arti superiori e gli arti inferiori sono mantenuti in posizione perpendicolare rispetto al pavimento e sufficientemente vicini al tronco.

Interessante come l'elemento di perpendicolarità degli arti inferiori rispetto al pavimento sia una definizione chiave per identificare in modo univoco questo esercizio all'interno del mondo della ginnastica artistica: infatti, all'interno di questa disciplina olimpica la V-sit hai chiamata anche squadra massima, mentre il manna è chiamato squadra massima orizzontale.

La V-sit è un esercizio che combina principalmente due range di movimento:

  1. l'estensione della spalla;
  2. la flessione dell'anca: mi riferirò in particolare a questo range di movimento come la massima compressione del tronco sulla coscia. In particolare, parlerò di massima schiacciata del tronco sulle cosce unite in riferimento alla posizione di pike; mentre farò riferimento alla posizione di pancake quando devo identificare la massima schiacciata del tronco con gli arti inferiori in divaricata.

A livello applicativo lo sviluppo della V-sit richiede il miglioramento di alcune capacità condizionali, che trovano una forte applicazione in tantissime gestualità sportive.

Senza pretendere di volerle menzionare tutte, voglio mostrarti un breve elenco di tutti i movimenti che possono trovare giovamento dallo sviluppo di questo movimento. Attenzione: non è la figura in sé che produce un grosso transfert in alcuni sport, ma lo sviluppo della forza in tutti gli elementi didattici che da una condizione molto facilitante ti porteranno ad eseguire la V-sit:

  • ho già menzionato la ginnastica artistica: sia nel ramo femminile e sia nel ramo maschile ci sono tantissimi movimenti che fanno utilizzo sia del range di movimento in estensione della spalla sia della compressione del busto sugli arti inferiori in divaricata o con le cosce unite;
  • un altro esempio molto importante è il verticalismo; infatti, ci sono diverse figure che prevedono di sfilare gli arti inferiori attraverso le braccia partendo da una posizione di V-sit;
  • Obbligatorio menzionare l'applicazione della forza sviluppata nella squadra massima in tantissimi movimenti del mondo di tuffi, che molto spesso prevedono il mantenimento di una compressione attiva del tronco sugli arti inferiori;
  • un altro campo di applicazione non banale è sicuramente il mondo dell’atletica e, in particolare, il salto degli ostacoli: infatti, durante tutti i movimenti di avanzamento di uno degli arti hai presente un elevata chiusura della parte superiore del corpo direttamente sugli arti inferiori;
  • come non menzionare il mondo delle arti marziali; in particolare tutte quelle discipline dove è necessario eseguire deve cacciate con una elevata ampiezza in particolare sul piano frontale;
  • vale la pena menzionare (anche se non si tratta in realtà dell'ultimo punto dell' elenco) il mondo del body building, dov'è molti degli esercizi facenti parte della didattica per raggiungere la V-sit possono essere tranquillamente utilizzati per sensibilizzare addominali e flessori dell'anca.
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Muscoli coinvolti nella V-sit

L'insieme dei gruppi muscolari coinvolti in questa tenuta isometrica  è veramente notevole. Come ho già avuto occasione di fare in altri articoli, vorrei suddividere le muscolature coinvolte in due gruppi: la parte superiore e la parte inferiore.

A livello del cingolo scapolo omerale si trovano tutti quei muscoli che permettono l'estensione scapolo-omerale. Tuttavia, è necessario fare una importante precisazione in quanto molti, leggendo i miei articoli sul front lever e sulle trazioni, potranno cadere nell’errore di considerare i muscoli adduttori di questi esercizi come fondamentali per lo sviluppo della V-sit.

Per rendere molto più semplice l'apprendimento dei concetti legati allo sviluppo di questa posizione isometrica voglio dividere il movimento di estensione scapolo omerale in due angoli principali:

  1. quello che dalla posizione di massima flessione scapolo omerale (come in una verticale) arriva sino al punto in cui le braccia si trovano lungo i fianchi (ovvero la naturale posizione delle braccia nella vita quotidiana). In questa parte dell’estensione lavorano gli adduttori dell’omero, che permettono l’esecuzione di trazioni e front lever: entrambi questi movimenti avvengo DAVANTI al piano frontale.
Estension scapolo-omerale V-sit

2. la seconda parte di questo range di movimento vede gli arti superiori muoversi posteriormente rispetto al piano frontale. In questi angoli i muscoli responsabili dell’esecuzione di trazioni e front lever smettono di lavorare. Quando menzionerò nei restanti paragrafi “estensione scapolo-omerale” farò sempre riferimento a questa seconda parte del range di movimento che si trova DIETRO il piano frontale.

Estensione scapolo-omerale per V-sit e manna

Fatta questa fondamentale e necessaria distinzione vale la pena menzionare i muscoli principalmente coinvolti. Nella parte superiore del corpo troviamo:

  • deltoide posteriore, capolungo del tricipite: sono entrambi coinvolti nell’estensione scapolo-omerale;
  • adduttori delle scapole: trapezi e romboidi sono necessari per avvicinare le scapole, retroporre le spalle e permettere il passaggio del tronco (e quindi del bacino) fra le braccia;
  • extra-ruotatori dell’omero: l’estensione scapolo-omerale diventa molto più semplice se associata ad una adduzione delle scapole e una extra rotazione dell’omero;
  • tricipite: nelle componenti che concorrono ad estendere il gomito.

Nella parte inferiore si trova tutto il complesso che permetta il mantenimento della massima schiacciata del busto sulle cosce:

  • addominali:
  • flessori dell’anca: complesso psoas-iliaco e retto del femore. In particolare, questo secondo muscolo è spesso soggetto a crampi durante tutti gli esercizi di compressione attiva. Lavora in doppia contrazione, sia distale sia prossimale per flettere l’anca da un lato ed estendere il ginocchio all'estremità opposta;
  • durante lo sviluppo dei movimenti didattici diventa di grande importanza anche il medio gluteo come abduttore dell’anca.

Benefici della V-sit

Il percorso che porta allo sviluppo di questo movimento ha molteplici vantaggi che incidono in modo marcato soprattutto sulle posture negative della vita moderna bilanciandole:

  1. Miglioramento della mobilità della catena cinetica posteriore, spesso considerata la causa principale di molte problematiche alla bassa schiena;
  2. Miglioramento dell’assetto della scapola. La volontà di addurre le scapole comporta un aumento dell’estensione della colonna che può bilanciare la tendenza ad aumentare la cifosi toracica tipica del lavoro da scrivania;
  3. Miglioramento della forza attiva di compressione del tronco sulla coscia. Nel lungo periodo il mantenimento di questo range di movimento grazie alla forza dei flessori dell’anca permette di ridurre la tensione passiva della catena cinetica posteriore;
  4. La stragrande maggioranza dei lavori sedentari e dei gesti in palestra vedono una prevalenzadei movimenti di flessione scapolo-omerale come piegamenti, dip, panca piana, verticale, planche (o comunque gestualità che lavorano attivamente DAVANTI al piano frontale) e praticamente nulla che lavori DIETRO il piano frontale. Il riequilibrio in questo range di movimento può solo che produrre benefici posturali dal momento che tutto ciò che lavora davanti al piano frontale aumenta la cifosi toracica. Nonostante si pensi che i muscoli estensori in questa “parte” dell’estensione possano bilanciare i muscoli flessori, si cade in grosso errore: gran dorsale, grande rotondo, in parte il pettorale sono muscoli sinergici dei flessori e producono una aumento della rotazione interna e dell’anteposizione della scapola. I veri antagonisti dei flessori dell’omero lavorano DIETRO il piano frontale. Questo fa molto riflettere di come la V-sit e, quindi, anche il manna siano due movimenti a carico naturale fondamentali per il riequilibrio della spalla.

V-sit: tecnica d’esecuzione corretta: le 2 varianti

Sicuramente il titolo di questo paragrafo può lasciare spazio a molta immaginazione; tuttavia, è vero che esistono due modi per eseguire la V-sit, entrambi sono accomunati da un dettaglio: gli arti inferiori sono perpendicolari al pavimento:

  1. Nella prima esecuzione il focus è principalmente sulla compressione del busto sulla coscia e il bacino rimane relativamente in mezzo agli arti superiori.
    Da un punto di vista tecnico l’esercizio è corretto ed è estremamente utile per tutti i lavori didattici della verticale di impostazione, sia che venga eseguita dalla squadra (L-sit) oppure dalla squadra massima (V-sit) in quanto nel momento in cui è necessario sfilare il bacino la compressione tronco-coscia diventa di primaria importanza per non caricare eccessivamente il deltoide anteriore e trasformare il tutto in una salita dalla planche. Rimane, invece, una variante fine a se stessa per ciò che concerne lo sviluppo del manna: se il tuo ultimo obbiettivo è questo dovresti considerarla un punto di passaggio e focalizzarti nel lungo periodo sulla variante numero 2;
  1. La seconda esecuzione, invece, prevede lo spostamento in avanti del bacino rispetto agli arti superiori. IL tronco, quindi, non sarà più verticale, ma inizierà ad assumere una certa inclinazione rispetto alle braccia. Quello che si verifica è una estensione-scapolo omerale attiva, dove invece di portare le braccia dietro il piano frontale si porta in avanti il busto rispetto alle braccia ma il range di movimento prodotto è il medesimo.
    Se il busto si inclina, a parità di posizionamento perpendicolare degli arti inferiori rispetto al pavimento sarà necessario produrre una compressione minore del tronco sulle cosce. Notare, però, che se lavori solo in questa ottica sarai limitato nello sviluppo di tutti i movimenti che riguardano la verticale d'impostazione. Se nella prima modalità diventa meno importante pensare a “spingere” avanti il bacino, qui diventa fondamentale. La perdita dell’adduzione delle scapole e dell’extra rotazione comporta il fallimento della seconda modalità esecutiva.

Infortuni più comuni nella V-sit

A livello di infortuni mi sento di dire che il manna è un esercizio relativamente sicuro, soprattutto se viene eseguito sulle parallele. Nel caso in cui lo facessi a terra posizionando le mani in supinazione (dita rivolte indietro), ecco che è necessaria una mobilità dei polsi superiore alla media per evitare di causare traumi dovuti a movimenti ripetuti.

Un altro problema da ripetizione del gesto è sostanzialmente dovuto alla necessità di sorreggere il corpo con i gomiti sempre in estensione: nel lungo periodo questo può produrre un irrigidimento della capsula articolare del gomito.

Un'infiammazione possibile, ma sinora vista raramente, è sicuramente la tendinite al tendine distale del bicipite brachiale,dovuta non tanto al lavoro di rinforzo per la V-sit, ma piuttosto nello sviluppare l’estensione  scapolo-omerale con il gomito in lock-out. In questo frangente la tenuta articolare è solo ad opera della componente tendinosa e passiva, è necessario procedere gradualmente per evitare noiose problematiche di lunga risoluzione.

E’ più probabile andare incontro a problematiche da sovraccarico muscolare: deltoide posteriore e capolungo del tricipite sono muscoli relativamente piccoli, che devono spostare un peso non banale. Inoltre, più alzi il bacino per avvicinarti alla posizione di manna più entrambi questi muscoli si avvicinano al punto di massima contrazione esattamente nello stesso momento in cui la leva aumenta (il tronco si trova orizzontale rispetto al pavimento). E’, dunque, inevitabile che subiscano un affaticamento precoce: migliorando la mobilità di spalle e riducendo la tensione passiva dei flessori dell’omero e del gran dorsale è possibile lavorare con maggiore frequenza questi movimenti riducendo il rischio di sovraccarichi funzionali.

Progressioni e propedeutiche per la V-sit

Nei prossimi paragrafi analizziamo alcuni degli step fondamentali per sviluppare una buona v-sit e anche qualche spunto per lavorare infine sul manna. Ricordatevi che sia la squadra massima sia la squadra massima orizzontale sono il punto di arrivo di un percorso e il modo peggiore di allenare è buttarsi a capofitto sugli elementi specifici.

1) Le chiusure a libretto

Sicuramente il punto di partenza è il miglioramento della compressione del tronco sulla coscia in una condizione facilitante, come per esempio quella dove parte del peso è scaricata a terra.

Un esempio sono le chiusure a libretto al pavimento, dove l’obbiettivo primario è massimizzare in modo controllato la chiusura del busto sugli arti inferiori. Nel caso in cui non fossi in grado di eseguire questo movimento, ti consiglio di consultare la mia guida introduttiva di calisthenics per principianti dove questa didattica è sviscerata e presentata in modo da essere accessibile a tutti

2) Le chiusure alla spalliera: i leg raise

Le chiusure a libretto in sospensione sono uno degli step successivi, che aumentano la difficoltà del movimento, togliendo la condizione facilitante dell’appoggio a terra e introducendo la necessità di comprimere ulteriormente la coscia sul busto sino a quando gli arti inferiori toccano il supporto che stiamo utilizzando.

Questo esercizio DEVE essere eseguito alla spalliera per evitare principalmente la tendenza a muovere le spalle indietro. Se le spalle indietreggiano (tipico di ha poca mobilità ed esegue l’esercizio alla sbarra), in realtà, stai chiudendo l’angolo braccio-busto e stai producendo una estensione scapolo-omerale DAVANTI  al piano frontale. Sostanzialmente stai allenando il front lever!!!!!

Notare che l’esecuzione alla spalliera non è un dettaglio sufficiente: infatti, se sei molto rigido nella catena cinetica posteriore, è possibile che il movimento diventi ugualmente un'estensione davanti al piano frontale: semplicemente vedrai che il sedere si alza a scapito della compressione del busto sulle cosce.

Una variante da cui partire sono sicuramente i sollevamenti in sospensione con le gambe tese: il mio consiglio è di non utilizzare movimenti slanciati, rimanere rilassati con le spalle e pensare solo a lavorare sull’anca.

3) Straddle l-sit divaricata

Uno degli step successivi è spostare il lavoro in appoggio: questo è un passaggio fondamentale perché insegna come sostenere il peso degli arti inferiori quando tutto il corpo è sostenuto dagli arti superiori.

La variante divaricata, nonostante venga quasi sempre bypassata, è estremamente utile, perché fa capire un concetto fondamentale: abdurre attivamente le anche. Questa attivazione è molto importante in quanto sollevare il bacino e spingerlo avanti è tanto più facile tanto il più il peso si trova vicino al baricentro e quale migliore soluzione di una divaricata frontale? Gli arti inferiori saranno posizionati lateralmente e diventerà più “semplice” spingere avanti il bacino. Ovviamente tutto questo prevede di essere sufficientemente forti nell’abduzione attiva dell’anca.

4) Tuck V-sit raccolta (gambe piegate)

La tuck V-sit è un ottimo modo per iniziare a capire come spingere avanti il sedere: il mio consiglio personale è quello di eseguirla con le anche in divaricata. Questa scelta è semplicemente dovuta ad una deduzione logica e prettamente legata ad un aspetto anatomico. Ti invito a fare questo semplice test:

  • siediti su una sedia con gli arti inferiori uniti. A questo punto chiuditi sulle cosce: cosa succede? Semplicemente il busto non può più avanzare perché vi sono gli arti inferiori;
  • seconda prova: siediti su una sedia ma stavolta divarica le anche di 90° e poi chiudi il busto sulle cosce..cosa succede? Riesci a scendere maggiormente.

Questo come si riflette sulla tuck V-sit? Perché giustamente potresti chiedermi di farla a con le cosce unite!

Semplice...durante la chiusura delle cosce sul busto ad un certo punto sarai impedito nell’aumentare la compressione, perché le masse della parte superiore ed inferiore saranno a contatto.

Se, invece, esegui lo stesso movimento in presenta di una abduzione di anca ecco che riuscirai a “buttare” le ginocchia più indietro e massimizzare la compressione.

Ovviamente raggiungere una compressione del busto sulle anche di questo tipo richiede una buona mobilità di bacino e ti invito ad utilizzare questo esercizio come metodo per ridurre la tensione passiva che limita la compressione. Nell’esercizio che seguo ti consiglio di lavorare in 3 fasi: (video abduzione anca)

  1. Cercare di aumentare l’apertura delle anche;
  2. Aprire il petto cercando di estendere tutta la colonna;
  3. Al termine di una tenuta statica di 60 o più secondi togliere l’aiuto delle mani e cercare di fare 3 cose contemporaneamente e ti faccio il mio sentito in bocca al lupo per i crampi che arriveranno:
  4. Mantenere il busto più in basso possibile;
  5. Mantenere le anche nella massima abduzione raggiunta;
  6. E………….sollevare i piedi da terra (ovviamente se sei troppo sul bordo del supporto non puoi riuscirci).

5) V-sit sulle parallele

Questo rappresenta a mio giudizio il primo punto di arrivo. La possibilità di gestire la presa permette di:

  • Evitare stress articolare a livello del polso in caso di articolarità limitata;
  • Ruotare esternamente le parallele, facilitando adduzione scapolare ed extrarotazione dell’omero;
  • La presa neutra pone meno limitazioni a livello dell’avambraccio (vedi paragrafo precedente).

Nel complesso ritengo che lo sviluppo alle parallele possa essere uno step accessibile a tutti per le precedenti motivazioni.

V-sit a terra in tenuta isometrica

La V-sit a terra è sicuramente un punto di arrivo. Come già menzionato, è strettamente correlata ad una buona mobilità del polso soprattutto se si desidera posizionare le dita completamente indietro. Notare che è possibile eseguirla anche con le dita rivolte avanti oppure lateralmente. Solitamente il posizionamento delle dita avanti rende più difficile l'adduzione e extrarotazione dell’omero. Questo è probabilmente dovuto a questa sequenza di eventi:

  • La mano a terra è sempre una “presa dorsale” (prona);
  • Questo comporta un maggiore stiramento dei supinatori e del brachioradiale;
  • Se questi sono accorciati è probabile che portino con sè il gomito e in successione l’omero che è forzato maggiormente in rotazione interna;
  • La rotazione interna favorisce anteposizione della spalla e abduzione delle scapole;
  • Ma tutti questi eventi a cascata sulle scapole sono esattamente ciò che si vuole evitare;

ATTENZIONE: questo non vuol dire che non è possibile eseguire la V-sit a terra o il manna a terra, ma che semplicemente è più difficile e le capacità condizionali richieste sono maggiori.

V-sit agli anelli

La v-sit agli anelli è stata introdotta tardivamente tra gli elementi della ginnastica artistica tanto da evolvere successivamente su versioni più complesse come la croce a V.

Se rispolveri il paragrafo che tratta le due esecuzioni principali, ricorderai che ho menzionato la variante che fa utilizzo della massima compressione. Agli anelli la variante che viene mostrata è quella con la massima compressione: questa scelta è quasi un obbligo imposto dall’instabilità degli anelli, che impongono una forte attivazione dei rotatori interni e degli adduttori dell’omero, al punto da aumentare la abduzione delle scapole. Questo impone che l’avanzamento del bacino sia limitato.

è vero che alcuni ginnasti (per esempio Molinari ideatore del movimento “molinari”) mandano avanti il bacino per mantenere le gambe in squadra massima; tuttavia, l’appoggio è in croce e non nella configurazione di una V-sit a terra o alle parallele. Questo tipo di accorgimento rende l’avanzamento del busto fra le braccia molto più semplice semplicemente, perché il posizionamento delle braccia lateralmente durante la croce non costituisce un impedimento alla spinta avanti del bacino.

V-sit alla sbarra

Questo movimento esiste nella ginnastica artistica come elemento alla trave dove c’è la maggior somiglianza e in questo frangente valgono tutte le stesse considerazioni fatte per la V-sit a terra.

V-sit al muro

L’esecuzione della squadra massima al muro può essere proposta in due varianti:

  1. Schiena al muro;
  2. Arti inferiori al muro.

Cerchiamo di capirci qualcosa in più:

nella prima variante ci si posiziona circa 15-20 cm dal muro con le mani, ovviamente dando la schiena al muro e si utilizza il muro come modo per evitare di cadere indietro. Questo ti permette di focalizzarti sul sollevare il bacino. A livello logico l’idea non è sbagliata, ma ha un grosso limite.

Durante il la V-sit l’estensione attiva della spalla serve per 2 motivi: il primo è sollevare il bacino e il secondo è mantenere le spalle il più possibile sopra le mani evitando di farle cadere indietro. Utilizzando il muro svilupperai forza solamente in una delle due componenti (sollevamento del bacino) trascurando l’azione sulle spalle.

So già che sei curioso di sapere cosa penso della seconda variante…ebbene le risposta è l’intento con cui la si esegue. Ci sono due modi per fare la v-sit con gli arti inferiori al muro:

  1. Posizionando le mani a 40-50 cm dal muro, con la cosce e le gambe distese ti lasci cadere verso il muro. Questo produce un aumento dell’estensione indotto dal lasciarsi cadere verso il muro e una maggiore compressione del busto sulle cosce. Diventa un esercizio di stretching;
  2. Altro discorso è se sul muro vengono mantenuti i talloni e ti focalizzi sullo spingere in alto il bacino. Di per sé questo è un ottimo modo per capire la sensazione che devi ricreare durante la v-sit e il manna a terra. Per renderlo più difficile è sufficiente avvicinare gli arti superiori fra di loro. Questo esercizio rappresenta nel suo complesso un lavoro di mobilità attiva da affiancare al miglioramento del range di movimento passivo necessario per progredire nell’apprendimento della V-sit e del manna.

Come sviluppare la mobilità per la V-sit e il manna?

Questo potrebbe essere il paragrafo più ampio di tutto l’articolo. Tuttavia, oltre che a darti un paio di spunti di lavoro, voglio anche risolvere uno dei luoghi comuni più conosciuti: per fare la V-sit e il manna è necessario avere il pike?

La risposta è dipende!

Se ti ricordi in uno dei primi paragrafi, ti ho parlato delle 2 possibili esecuzioni: una con la massima compressione e una con una maggiore estensione di spalle. Quindi?

Se il tuo obbiettivo è la prima tipologia, allora è necessario lavorare sulla mobilità della catena posteriore, tutta la catena posteriore quindi miglioramento in primis della flessione della colonna e della catena postero-inferiore degli  e in seguito un miglioramento del pike eventualmente esagerando l’antiversione del bacino. Un esercizio molto utile da cui partire è il lavoro monolaterale per sensibilizzare tutta la catena posteriore.

Se, invece, desideri sviluppare la V-sit in funzione del manna, ti consiglio di migliorare il range di movimento passivo in estensione scapolo omerale. Molti potrebbero essere limitati a livello capsulare e non riuscire a lavorarci a causa della tensione del bicipite (se si lavora a gomito esteso), ecco che prediligere una esecuzione a gomito flesso è un’ottima soluzione.

Nel complesso l’idea è di avvicinare il più possibile gli arti superiori, avanzando con il bacino sino a quando le spalle saranno a 10-15 cm (o meno) da terra: ricorda che, SE vuoi mostrare una estensione attiva ampia devi avere un range passivo molto più esteso.

Conclusioni sulla V-sit

La V-sit è un esercizio che richiede un perfetto connubio tra forza e mobilità. Saper eseguire correttamente una V-sit è indice di ottima mobilità e ottimo bilanciamento muscolare.

E' un esercizio che porta a un miglioramento notevole della mobilità scapolo-omerale e che può essere utile in moltissimi contesti sportivi.

Se vuoi iniziare ad allenare la V-sit, scarica la mia guida gratuita qui sotto!

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Hollow position: esecuzione corretta

Maggio 14, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Hollow body position di Alessandro Mainente
Hollow body position di Alessandro Mainente

All’interno di questo articolo vorrei parlarti dell’ esecuzione della hollow position, chiamata anche nella ginnastica artistica posizione della barchetta oppure posizione a cucchiaio. La scelta di utilizzare questo vezzeggiativo è principalmente dovuta all'impatto visivo di questo esercizio, dove si cerca di emulare la forma concava del cucchiaio oppure la forma rotondeggiante dello scafo di una barchetta.

Parliamo sicuramente di un esercizio estremamente utile per allenare tutta la muscolatura della parete addominale e in parte anche degli arti inferiori e anche di un atteggiamento posturale estremamente importante in tantissime discipline che si parli di ginnastica artistica, di calisthenics, di crossfit, di tuffi (nuoto) e anche di verticalismo.

Ovviamente le discipline che sono state menzionate sono solamente alcune delle realtà sportive dove questo gesto è fortemente applicabile; infatti data l'elevata sinergia muscolare, è sicuramente consigliato in tutte quelle discipline sportive dov'è importante il reclutamento della parete addominale in presenza di estensione dell'anca.

In questo articolo cercherò di sfatare alcuni miti che molto spesso sfociano nel proporre un atteggiamento posturale esagerato e poco utile.

Che cos’è la hollow position (o barchetta)?

Hollow body position di Alessandro Mainente

La hollow position è un esercizio fondamentale nel mondo dell’ allenamento a carico naturale, perché insegna a mantenere una tensione al fine di rendere più efficienti o più efficaci alcune gestualità di base, come una verticale o un front lever oppure la combinazione di più esercizi semplici in movimenti complessi.

Nonostante possa essere considerata una movenza a sé stante, si può sicuramente affermare che rappresenta , nel suo atteggiamento, un plank eseguito a pancia in su. Nel complesso, quindi, è auspicabile aspettarsi che le attivazioni muscolari siano coerenti con quelle di un plank sui gomiti  o di esercizi della stessa famiglia. Sicuramente il fattore determinante che distingue questi due esercizi è l'appoggio:

  • durante l'esecuzione del plank sui gomiti l'appoggio è distribuito sugli avambracci e a livello dei piedi ;
  • durante l'esecuzione della hollow position l'appoggio e solamente su una parte della colonna. E' molto importante questo ultimo dettaglio, in quanto la porzione del rachide che rimane a contatto con il pavimento può essere un parametro fondamentale per definire la qualità della posizione della barchetta.

Nonostante possa essere considerato un esercizio relativamente semplice, è abbastanza facile incontrare persone estremamente deboli da non riuscire ad eseguire nemmeno la variante più semplice. La motivazione di questa incapacità sicuramente va cercata nel binomio che unisce la forza del retto addominale con la rigidità e, quindi, la tensione passiva di tutte quelle muscolature che concorrono a limitare la flessione della colonna e la conseguente limitata attivazione degli addominali.

Pertanto, in caso di esecuzioni scorrette, non ti puoi limitare a scalare l'esercizio in varianti più semplici, ma devi piuttosto considerare questo allineamento posturale a 360 ° e valutare ogni sua singola componente.

Nella pratica della ginnastica artistica è un movimento fondamentale per comprendere una delle componenti della pre-acrobatica e senza quest'ultima è impossibile utilizzare in modo efficiente il riflesso da stiramento.

A cosa serve la hollow, o barchetta?

Nel mondo del calisthenics viene utilizzata per introdurre la didattica di apprendimento front lever. Non è un caso che moltissimi atleti quando eseguono un front lever mostrano un atteggiamento posturale che è tipico della hollow position. bisogna però fare una serie di precisazioni:

  • Con una corretta esecuzione della hollow position è possibile portare la colonna in una posizione tale per cui il dorsale si trova in una condizione di maggior vantaggio meccanico;
  • se il gran dorsale si trova in una condizione di maggior vantaggio meccanico, sarà anche più semplice riuscire ad esprimere forza durante il movimento di estensione dell'omero nel raggiungimento del front lever; questo non significa necessariamente che se non tieni una posizione a barchetta tu non puoi eseguire il front lever anzi lo puoi eseguire lo stesso, ma è molto probabile che il tuo gran dorsale non stia lavorando in modo ottimale;
  • e importante ricordare, infine, il ruolo fondamentale della parete addominale per stabilizzare la colonna in tutti i movimenti in sospensione. Pertanto, nonostante la posizione barchetta venga quasi sempre trascurata nell’apprendimento del front lever, ritengo che sia necessario massimizzare il reclutamento della parete addominale anche per una questione di prevenzione infortuni.

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Hollow position: esecuzione corretta

Nel video presentato qui sopra è possibile osservare una posizione a barchetta eseguita correttamente; nell’analisi tecnica di questo movimento (che può essere sia statico sia dinamico ) e’ necessario focalizzarsi su tre zone anatomiche principali:

  1. La prima ovvero il cingolo scapolo omerale: nella sua versione completa la hollow position viene eseguita con le braccia che sono portate in posizione di massima flessione e questo comporta un'apertura del cingolo scapolo omerale di 180°. Ovviamente una ampiezza completa di questo range di movimento aumenta inevitabilmente la leva e di conseguenza renderà l'esercizio più difficile a livello di tenuta degli addominali. attenzione: mantenere 1° di flessione dell'arto superiore ridotto non è di per sè un errore (infatti può essere un modo per scalare l'esercizio), ma lo è nel caso della hollow position completa;
  2. la seconda zona anatomica riguarda la colonna. In tutte le varianti della posizione a barchetta, affinché ci sia un corretto coinvolgimento della muscolatura addominale, è caldamente consigliato flettere la colonna nella zona toracica sino a quando la parte inferiore della scapola si solleva dal pavimento. Notare che è sufficiente qualche grado in meno per rendere l'esercizio accessibile a tutti e, in caso di addominali molto deboli, e’ sufficiente qualche grado in più per trasformare un esercizio da facilissimo a difficile. Mi sento, quindi, di dirti che la hollow position non si può ridurre ad un semplicissimo comando dove si chiede di sollevare le spalle da terra;
  3. la terza ed ultima zona anatomica dove è necessario focalizzarsi e’ il bacino. Osservando attentamente questa parte del corpo è possibile ritrovare esattamente, come nel plank sui gomiti, la combinazione di retroversione del bacino e di estensione dell'anca .
    Tuttavia, rispetto al plank è necessario mantenere questo atteggiamento in concomitanza con una attivazione dei flessori dell'anca ed è esattamente questa la nota dolente dell’ esercizio. Infatti, molti principianti non appena procedono a rendere l'esercizio più difficile inserendo una maggiore estensione del ginocchio si ritrovano a non riuscire a bilanciare l'estensione dell'anca con la flessione dell'anca.La scelta di utilizzare didattiche molto graduali ha proprio l'obiettivo di sensibilizzare l'atleta ad attivare in modo simultaneo e sincronizzato muscolature che hanno normalmente un effetto opposto sul bacino. Non è un caso che il comando più frequente che deve essere impartito e esattamente quello di pensare a sollevare le ginocchia mentre spingo i talloni verso il basso ovviamente mantenendo l'estensione del ginocchio.

Errori della hollow position

Quando si parla di errori inerenti l'esecuzione della hollow position si potrebbe veramente scrivere un volume di 1000 pagine. All’interno di questo paragrafo voglio però riassumere quelle che sono le problematiche principali che tendono ad essere comuni a tutte le varianti della posizione a barchetta:

  • il primo errore più comune che incide moltissimo sulla difficoltà percepita dell'esercizio è il grado di flessione della colonna a livello del tratto toracico. L'errore più comune consiste nel non sollevare abbastanza le spalle da terra e quindi non reclutare abbastanza la muscolatura della parete addominale.Un piccolo suggerimento che posso darti per non sbagliare mai è di sollevare completamente le scapole dal pavimento e posizionare un libro esattamente sotto il margine inferiore della scapola. Una volta iniziata la tenuta dovrai sempre cercare di mantenere quel minimo di distanza tra il libro e la scapola, distanza che determina il fallimento o meno dell'esercizio. Infatti, non è importante mantenere la posizione ad oltranza senza nessun tipo di criterio, ma mantenere uno schema motorio sufficientemente pulito, soprattutto se sei un principiante, per permettere al sistema nervoso di immagazzinare delle buone abitudini motorie;
  • il secondo errore è la perdita del tratto lombare. Sin dalla prima variante c'è sempre un gioco tra i flessori dell'anca e gli estensori dell'anca; nel momento in cui i flessori dell'anca tendono ad avere la meglio sugli estensori dell'anca e gli addominali non riescono a mantenere il tratto lombare del rachide a contatto con il pavimento, anche in questo caso è fondamentale fermarsi prima di raggiungere uno stato in cui l'allineamento è completamente alterato;
  • la terza sbavatura che non dovrebbe essere eseguita e’ un atteggiamento eccessivamente flesso del tratto cervicale. In tutti gli esercizi si dovrebbe cercare di mantenere una posizione del capo che sia più neutra possibile, giocando sul livello di estensione del tratto cervicale; il mio consiglio è quello di mantenere una posizione del tratto cervicale che deve essere un naturale proseguo del tratto toracico;
  • l'ultimo errore di cui ti voglio parlare è la posizione delle spalle. Precedentemente ti ho parlato di quanto sia importante mantenere un'angolazione costante a livello della flessione scapolo omerale; tuttavia, adesso voglio porre l'accento sull’anteposizione della spalla, che non deve mai essere esasperata anzi, un posizionamento pari al piano scapolare in aggiunta alla depressione è l’assetto ideale;
  • ovviamente nel momento in cui si eseguono delle varianti in cui è presente un'abduzione dell'anca, è sempre necessario mantenere una simmetria rispetto al piano sagittale sia per la distanza degli arti inferiori sia per la distanza degli arti inferiori dai pavimento. Non è raro trovare neofiti che non si accorgono di avere un piede o un ginocchio più in alto dell'altro;
  • ho deciso di tenere come ultimo errore il "modo" con cui si raggiunge la hollow position, ossia tutta quella successione di eventi che ti permettono di raggiungere la posizione a barchetta, partendo da una situazione di completo rilassamento sul pavimento.
    L'errore che viene fatto più comunemente è quello di sollevare inizialmente gli arti inferiori e solo successivamente cercare di flettere la colonna staccando le spalle dal pavimento.Vorrei portarti a fare un piccolo ragionamento che però al termine ti permette di comprendere il motivo per quale si decide di utilizzare una certa successione di movimenti.
  1. è ben noto che la contrazione isometrica permette di generare più tensione ad un'azione di tipo concentrico;
  1. durante l'esecuzione della barchetta avviene la contrazione di due muscolature che producono due effetti contrari sulla bassa schiena: i flessori dell'anca, che tendono a farla sollevare e addominali, che tendono a mantenerla in contatto con il pavimento;
  1. se sollevi inizialmente gli altri inferiori e li mantieni alla stessa altezza, una volta arrivati all’altezza necessaria, si troveranno in isometria e tenderanno a far staccare la bassa schiena dal pavimento. A questo punto, se provi a sollevare le spalle reclutando gli addominali, dovrai vincere la forza dei flessori dell'anca e questo ti permetterebbe di mantenere la bassa schiena a contatto con il pavimento;
  1. tuttavia, nel punto 1 ho già menzionato come la contrazione isometrica sia più forte della contrazione concentrica. Ci si trova quindi in questa situazione: flessori dell’anca in isometria (tensione maggiore) e addominali che devono attivarsi in modo concentrico (tensione minore). E' abbastanza naturale che gli addominali fatichino a controbilanciare la contrazione dei flessori dell'anca. Questo può portare ad una incapacità di appiattire completamente la bassa schiena sul pavimento oppure di sollevare sufficientemente le spalle da terra;
  1. il mio suggerimento è quello di optare per una sequenza inversa rispetto a quella appena vista. Quindi prima dovrai attivare gli addominali, mantenerli nello stesso stato di tensione (producendo una contrazione isometrica) e solo dopo attivare tramite una contrazione concentrica i flessori dell'anca. I ruoli si sono quindi invertiti: gli addominali devono mantenere una contrazione isometrica, che è vantaggiosa, mentre flessori dell'anca dovranno contrarsi in modo concentrico (che però è una condizione più svantaggiosa). Nel complesso è più probabile che, in questo ordine ,tu riesca a mantenere la bassa schiena a contatto con il pavimento.

Muscoli coinvolti nella hollow position

Sicuramente dopo tutti i paragrafi precedenti avrai già capito in parte la muscolatura che viene coinvolta in questo esercizio. Spendiamo comunque qualche riga per identificare tutti quei gruppi muscolari che sono sollecitati maggiormente durante questo esercizio:

  • Retto dell’addome: sicuramente la parete addominale è la protagonista numero uno in tutte le sue componenti, dal retto addominale, gli obliqui e il trasverso. La sinergia di tutti questi gruppi muscolari gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento del contatto della bassa schiena sulla superficie di appoggio. La tendenza della bassa schiena a staccarsi è principalmente dovuta alla tensione prodotta dai flessori dell'anca che sinergicamente, quando vengono attivati, aumentano l'estensione del rachide lombare;
  • Trapezi: in tutte le varianti dove gli arti superiori vengono portati in massima flessione scapolo-omerale vi è un elevato coinvolgimento della muscolatura dei trapezi;
  • Flessori dell’anca: questo gruppo di muscoli che comprende sia il retto del femore sia il complesso dello psoas-iliaco è necessario per mantenere gli arti inferiori sollevati dal pavimento;
  • Estensori dell’anca: data l'intensità del movimento è possibile affermare che l'estensione dell'anca e principalmente a carico del gruppo degli ischio-crurali. i quali devono controbilanciare un'eccessiva flessione dell'anca.

Esercizi e progressioni per imparare la barchetta

All’interno di questo paragrafo voglio parlarti di quelle che sono le logiche di lavoro, e quindi le linee guida, necessarie per sviluppare correttamente la hollow position. L'idea principale è di aumentare progressivamente la leva, seguendo principalmente questa direttiva: prima si sollevano e si aumenta la leva a livello degli arti inferiori e solo successivamente si procede ad aumentare la leva a livello degli arti superiori.

- Barchetta eccentrica

Una cosa che ho sperimentato negli ultimi 10 anni, lavorando con allievi di qualsiasi e allenando ginnasti molto giovani, è che molto spesso non si possiede la forza minima nemmeno per sollevare le spalle nella posizione più semplice possibile ovvero la barchetta raccolta.

Cosa fare in questo caso? Il modo più semplice è quello di allenare la muscolatura della parete addominale in una condizione facilitante, come per esempio tramite una contrazione eccentrica; il mio suggerimento è, quindi, quello di utilizzare dei movimenti dove si cerca di srotolare progressivamente la colonna in circa 10 secondi. Ovviamente il movimento deve essere fluido ed eventualmente a rallentare nell'angolo dove ci interessa sviluppare maggiormente forza ;

- Barchetta assistita

Una volta costruita un po' di forza di base tramite le varianti eccentriche, è possibile eseguire questa variante, dove il tuo obiettivo è quello di mantenere una pressione costante contro il ginocchio con il palmo della mano. Notare che:

  • se gli arti superiori mantengono una completa estensione del gomito;
  • se l’anca è estesa come nel video dimostrativo;

riducendo il contatto delle dita a livello della rotula si riduce anche l'assistenza da parte dell' avambraccio. Questo esercizio diventa molto utile sia per allenare la parete addominale sia per rilassare tutta la muscolatura che concorre ad estendere il tratto toracico della colonna.

- Barchetta divaricata (divar hold)

Una delle varianti più popolari della hollow position è sicuramente quella con gli arti inferiori in divaricata.
Questo tipo di schema motorio prevede di posizionare gli arti superiori in completa adduzione e sopra il bacino, senza però entrarne mai in contatto. Ovviamente questa precisazione serve per evitare di utilizzare gli arti superiori come un aggancio a livello del bacino per rendere l'esercizio più semplice.

In questa variante la difficoltà maggiore viene quasi sempre avvertita non tanto a livello della parete addominale, ma piuttosto a livello degli abduttori dell'anca, che sono necessari per mantenere una divaricata di circa 90°.

Va precisato che in persone molto rigide a livello degli adduttori dell'anca (principalmente i biarticolari) la leva diventa troppo simile alla variante completa con il rischio di avere un salto di difficoltà troppo elevato rispetto alle varianti precedenti ;

- hollow body rocks (full rocks)

In qualsiasi pratica sportiva in cui è necessario imparare a mantenere un certo atteggiamento corporeo in condizioni dinamiche è sempre necessario prima riuscire a mantenerlo in condizioni statiche. Quindi prima di approcciare i dondolamenti di una qualsiasi variante, ti consiglio di diventare molto efficiente nella corrispondente tenuta statica. Prendiamo in analisi l'esercizio che viene mostrato nel video:

  • la prima difficoltà che si presenta è quella di mantenere sempre la medesima estensione d’anca. La capacità di preservare gli stessi angoli di lavoro è data da un sottile equilibrio tra addominali, flessori dell'anca ed estensori dell'anca. Nel caso in cui non si fosse passato abbastanza tempo nel comprendere appieno la tenuta isometrica, sarà più frequente presentare una continua variazione della flesso-estensione dell'anca.Ti consiglio questo semplice test: esegui una serie di 10-15 dondolamenti filmandoti e prova successivamente a fermare il video in qualsiasi punto dell'esecuzione. Teoricamente, se sei in grado di controllare i muscoli che ho menzionato qualche riga fa, non dovresti avere nessun tipo di variazione a livello del bacino;
  • La seconda problematica è il mantenimento dell'apertura delle spalle. Il consiglio è quello di pensare a spingere le mani verso il pavimento durante tutto il movimento. Questo contribuisce a mantenere sempre una flessione di spalle di 180°;
  • La terza e ultima nota riguarda il grado di flessione della colonna vertebrale nel tratto toracico. Nel momento in cui non si è più in grado di resistere alla caduta del corpo, si tende a perdere tensione a livello degli addominali. Questo comporta un aumento dell'estensione toracica e una sensazione di sbattere con le spalle sul pavimento. Inutile ovviamente far presente che arrivati a questo punto l'esercizio perde la sua efficacia .

Allenamento della hollow position

Consiglio di utilizzare una variante dove si riesce a mantenere un buon allenamento per almeno 12 - 15‘’ ed eseguire 4-5 serie. Trattandosi di muscoli ad affaticamento lento, il recupero può anche essere relativamente breve come per esempio 45-60’’. Per ottenere un minimo risultato, è necessario inserire un allenamento quella barchetta 2-3 volte alla settimana.

Hollow position alla sbarra: utile per allineamento e per il kipping (crossfit)

All’interno di questo paragrafo vorrei menzionare alcune applicazioni della hollow position in diversi contesti:

  • nel processo di apprendimento della verticale cercare di simulare la posizione a barchetta rimanendo appesi ad una sbarra sia di pancia e sia di schiena può essere un ottimo modo per comprendere come utilizzare correttamente la muscolatura principale;
  • sia la ginnastica che nel mondo del crossfit la posizione della barchetta è fondamentale per capire e massimizzare tutti i lavori di kipping, che prevedono l'utilizzo del riflesso da stiramento della parete addominale per facilitare l'esecuzione di alcuni gesti;
  • nel mondo della ginnastica artistica l’ alternanza dell'atteggiamento della barchetta e dell' atteggiamento ad arco sono la chiave di tutti i movimenti di oscillazione e di pre-acrobatica.

Hollow position nei piegamenti

Sicuramente l'utilizzo della hollow position all’interno dei piegamenti è oggetto di molte diatribe. La "verità" sta sempre nel mezzo e bisogna cercare di bilanciare quella che è la richiesta sportiva con quello che è il giusto setting a livello posturale per ridurre il rischio degli infortuni. In questo frangente è molto più utile comprendere l'attivazione del plank sui gomiti e applicare quest'ultima direttamente sui piegamenti sulle braccia.

Hollow position nelle trazioni

E’ innegabile che anche l'atteggiamento posturale da mantenere durante l'esecuzione delle trazioni alla sbarra sia oggetto di molte discussioni. C'è chi sostiene che le trazioni dovrebbero sempre essere eseguite con l'adduzione delle scapole e l'estensione della colonna, e ovviamente c'è chi sostiene che le trazioni debbano essere eseguite nella posizione a barchetta.

Come al solito pretendere di avere una visione assolutistica e dire a priori che è giusta solamente una di queste due cose rappresenta una visione molto limitata dell'argomento. Infatti se sussiste almeno una situazione in cui vale la pena mantenere la posizione hollow durante le trazioni, allora è necessario fare una riflessione che dipende dal contesto.

L'esempio più semplice del mondo è il muscle-up. In questo esercizio, per esempio, è necessario cercare di eseguire una salita più verticale possibile e rimanere con lo sterno il più possibile vicino al supporto su cui ci si traziona.

E’ inevitabile quindi pensare che un atteggiamento più “chiuso” come quello della barchetta sia più funzionale a questo obiettivo. D’altra parte mantenere questo tipo di attivazione in sospensione alla sbarra richiede una mobilità scapolo omerale superiore alla media; di conseguenza, se volessi comunque sottoporre una persona con scarsa mobilità di spalle a movimenti di trazione verticale, sicuramente opterei per un'esecuzione dove la colonna viene mantenuta in estensione e nel frattempo attuerei un programma di recupero della mobilità delle spalle per poter in futuro reinserire nuovamente trazioni verticali con l'atteggiamento corporeo necessario per i miei obiettivi .

Infortuni della hollow position

Molto spesso, quando mi trovo a discutere di queste tipologie di movimenti, sembra assurdo parlare di infortuni; eppure ci possono essere delle casistiche in cui una scorretta esecuzione può portare ha dei sovraccarichi funzionali che nel lungo periodo possono anche portare a dolore localizzato.

Nel caso della hollow position l'esempio più semplice è dovuto ad una scorretta e insufficiente attivazione addominale, che può portare ad una eccessiva tensione a livello lombare.

Un altro caso meno frequente consiste nel forzare l'apertura delle spalle nella posizione barchetta in assenza di una adeguata mobilità scapolo-omerale. Protrarre questa situazione per troppo tempo può creare fastidiosi dolori sull’articolazione della spalla.

In questo frangente il mio consiglio è quello di limitarsi ad eseguire delle varianti, dove il braccio si trova sotto il livello della spalla e nel frattempo cercare di recuperare i deficit di mobilità che inducono una sintomatologia dolorosa .

Conclusioni sulla hollow body position

La hollow si presenta come un esercizio di base, spesso sottovalutato, adatto a tutti, ma come avrai capito nasconde tante insidie e sottigliezze, che nel medio-lungo periodo possono fare la differenza tra un'esecuzione corretta e impeccabile e un'esecuzione approssimativa e inefficace.

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Filed Under: Addominali

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L-sit: tutorial, esercizi e progressioni

Maggio 10, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Ab wheel completo di Alessandro Mainente
Alessandro Mainente esegue la L-sit

In questo articolo voglio presentarti della L-sit, un esercizio del modo di calisthenics molto popolare per allenare la muscolatura degli addominali e del core in generale.

Sicuramente questo esercizio ha subito una forte derivazione dal modo della ginnastica artistica dove è ampiamente utilizzato in diverse discipline, da ginnastica artistica maschile, a ginnastica artistica femminile, al trampolino elastico, alla ginnastica aerobica, e in tante altre discipline come, per esempio, il verticalismo e in fine i tuffi dalla piattaforma.

Vedremo i principali muscoli coinvolti, di quelle che sono le limitazioni principali alla realizzazione di questo movimento ed infine una breve didattica per capire da dove iniziare ad approcciarlo.

Voglio fare una piccola precisazione: rispetto a tanti altri movimenti che ho già avuto occasione di trattare la L-sit è sicuramente quello che ha i requisiti maggiori dal punto di vista della flessibilità muscolare.

Che cos’è la L-sit? A cosa serve?

La L-sit, detta anche squadra a terra permette di allenare una elevata mole di muscolature sia dalla parte superiore del corpo sia della parte inferiore del corpo. Infatti, nonostante venga considerata puramente un esercizio per il core si tratta pur sempre di un movimento che viene eseguito in appoggio sugli arti superiori. Con il termine appoggio si identificano tutti quei movimenti dove il corpo viene mantenuto sospeso Tramite l'ausilio della muscolatura degli arti superiori.

In genere, si ritrova sempre una elevata sinergia da parte dei gruppi muscolari che estendono il gomito e che deprimono la spalla.

L'apprendimento di questa posizione isometrica è, infine, di grande utilità per rendere esercizi di base più complessi: un classico esempio sono le trazioni con le gambe in posizione di L, oppure le dip in posizione di squadra oppure la verticale d'impostazione.

E' evidente come la l-sit sia a sua volta un punto di arrivo e nello stesso momento un punto di partenza per lo sviluppo di esercizi più difficili.

Benefici della L-sit

I benefici in questo esercizio sono sicuramente numerosi, soprattutto se si considera nel suo complesso il percorso eseguito per arrivare ad eseguire questo movimento con facilità. Infatti, nella didattica per l'apprendimento della squadra è necessario sviluppare un'ottima forza nei flessori dell'anca, e nello stesso momento una buona mobilità di tutta la catena cinetica posteriore.

Ti troverai al termine di questo percorso con una flessibilità muscolare superiore, e con un core sicuramente più performante.

A livello di applicazioni puramente sportive vale la pena menzionare tutte quelle realtà dove è importante, anzi importantissimo, riuscire a chiudere attivamente l'angolo tra il tronco e la coscia. Due esempi abbastanza evidenti si possono ritrovare nel mondo dell’atletica leggera (in chi per esempio segue la specialità della corsa ad ostacoli) e nel mondo delle arti marziali (sia in chi pratica una disciplina che prevede una dominanza degli arti inferiori, sia in contesti sportivi dove è presente un elevato intervento dei flessori dell’anca nelle movenze principali come per esempio nel judo).

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L sit: esecuzione e tecnica corretta

Parlando di tecnica ed esecuzione corretta mi ricollego indirettamente a quelli che possono essere gli errori che però preferisco trattare in modo leggermente più approfondito al termine di questo articolo. E’ possibile riassumere quelli che sono i dettagli esecutivi della l-sit nei seguenti punti :

  • a livello degli arti superiori deve essere presente una completa estensione del gomito;
  • a livello dell'assetto scapolare le scapole devono essere mantenute in un assetto neutro;
  • la colonna dovrebbe essere mantenuta a sua volta rispettando le curve fisiologiche e senza pretendere di esasperare una delle tre;
  • i dettaglio principale è rappresentato dal posizionamento del bacino che dovrebbe trovarsi esattamente in mezzo agli avambracci appunto immagina per un secondo di visualizzare l'esecuzione della L-sit lateralmente. Se eseguita correttamente, non dovresti essere in grado di scorgere il bacino in quanto esso è perfettamente nascosto dall'abbraccio ;
  • ultima, ma non di minore importanza, è il posizionamento degli arti inferiori. Questi ultimi sono fortemente collegati alla flessione dell'anca, che deve essere di 90 °. Questo prevede per forza di cose che gli arti inferiori siano completamente paralleli al pavimento. Ad essere completamente precisi nel caso in cui si presenti un iperestensione del ginocchio sicuramente la coscia deve essere parallela al pavimento, mentre la gamba può essere inclinata maggiormente verso l'alto e di conseguenza anche i piedi si troveranno ad essere leggermente più alti rispetto al bacino;
  • è necessario fare una piccola ultima precisazione in merito al posizionamento dei piedi in quanto questi ultimi possono essere mantenuti sia in flessione dorsale ma anche in flessione plantare. Ovviamente la scelta di un allineamento rispetto all'altro può incidere in modo importante sulla capacità di mantenere una completa estensione del ginocchio. Affronteremo con maggiore dettaglio questa questione alla fine di questo articolo.

Muscoli coinvolti nella L-sit

Come avrai potuto notare ti ho presentato diversi punti necessari per descrivere l'esecuzione corretta di questo movimento, puoi quindi immaginare che anche il numero dei muscoli coinvolti non sia banale. Mi sento sicuramente di definire questo esercizio come un multi-articolare in quanto via il completo coinvolgimento della parte superiore e dalla parte inferiore del corpo.

Passiamo adesso in rassegna le principali muscolature coinvolte in questa tenuta isometrica dividendo le muscolature in tre zone principali: gli arti superiori , il tronco ed infine gli arti inferiori.

  • a livello degli arti superiori puoi trovare il complesso degli estensori del gomito fra cui principalmente i tricipite brachiale, e tutta la muscolatura dell'avambraccio fondamentale per riuscire a mantenere un saldo appoggio sul pavimento;
  • A livello del tronco sicuramente bisogna menzionare tutta la muscolatura del cingolo scapolo-omerale fra cui tutti i depressori della scapola: il gran dorsale, il gran pettorale, il piccolo pettorale, e altri muscoli che indirettamente assistono a questa funzione. Sempre facenti parte della zona del tronco vi sono i muscoli addominali, in particolare il retto addominale e il fascio obliqui.Per mia personale esperienza nel momento in cui vengono eseguite tenute molto prolungate e sovente percepire oltre ai classici crampi ai flessori dell'anca anche dei simpatici crampi alla muscolatura degli addominali. Inserisco all’ interno dei muscoli del tronco anche i due flessori dell'anca noti come psoas e iliaco;
  • Negli arti inferiori rientrano il retto del femore, in quanto la maggior parte della sua pancia muscolare risiede nell’arto inferiore principalmente nella coscia. Tuttavia, trattandosi di un flessore dell'anca esso origina più in alto, a livello del bacino virgola e infatti il suo coinvolgimento e l'anello di connessione tra gli arti inferiori e il tronco. Per mantenere l'estensione completa del ginocchio è necessario un lavoro completo da parte del quadricipite femorale appunto la cosa sicuramente interessante è che il retto del femore, uno dei quattro capi del quadricipite femorale, ha una duplice funzione: a livello dell'anca concorre insieme al psoas e al muscolo iliaco alla flessione dell'anca, mentre a livello del ginocchio sinergicamente aiuta gli altri capi del quadricipite femorale ad estendere il ginocchio e a mantenerne una completa estensione.

Errori: spalle indietro, bacino indietro gambe tese

Se da una parte ti ho già parlato dell’ esecuzione corretta e giusto anche spendere qualche riga su quelli che sono gli errori principali della L-sit:

  • partiamo dal primo: flettere le ginocchia. Sicuramente è il risultato di una serie di fattori che possono essere un'eccessiva rigidità dei muscoli che coinvolgono la caviglia e il ginocchio, come per esempio i polpacci e i plantari, ma anche una ridotta estensibilità dei muscoli che coinvolgono il bacino e le ginocchia come, per esempio, il complesso degli ischio-crurali;
  • il secondo errore è molto popolare è quello di non riuscire a mantenere la coscia parallela al pavimento; ma come avrai potuto notare nel punto precedente c'è sempre una concomitanza di fattori. Infatti è probabile che, una persona che non riesce a mantenere la coscia parallele al pavimento con le ginocchia in estensione, riesca a correggere la posizione flettendo leggermente le ginocchia. Il problema è sempre da ricercare in una eccessiva tensione della catena cinetica posteriore;
  • un altro errore è arretrare le spalle durante l'esecuzione. Può sembrare una cosa estremamente banale; tuttavia, la motivazione anche in questo caso è quasi sempre le estensibilità della catena cinetica posteriore: immagina per un momento di non riuscire a mantenere un angolo di 90 ° tra il tronco e gli arti inferiori. Se rimanessi con il tronco perpendicolare al pavimento sicuramente i piedi toccherebbe la terra; ecco che spostando indietro le spalle è come se creassi una situazione di bilanciamento per cui mantenendo la tensione a livello di flessione dell'anca; se le spalle si spostano leggermente più indietro anche i piedi si alzano dal pavimento punto ma in realtà tutto questo è un sistema errato per compensare la mancanza di estensibilità della catena cinetica posteriore;
  • anche l'attivazione della muscolatura delle spalle è fondamentale; infatti in chi non si concentra sufficientemente bene ad attivare i depressori della scapola, si ritroverà ad incassare completamente il collo e il capo aumentando inevitabilmente anche lo stress a livello della spalla. Quindi il primo comandamento è sempre cercare di spingersi verso l'alto e di non adagiarsi sull’articolazione;
  • l'ultimo errore di cui ti voglio parlare è una posizione eccessivamente arretrata del bacino. Molto spesso chi possiede una maggiore compressione del tronco sugli arti inferiori tende a compensare una mancanza di forza dei retro oppositori con una maggiore chiusura della parte alta del corpo sulla coscia. Questo si manifesta come una posizione più arretrata del bacino rispetto alle braccia.In questo frangente la debolezza muscolare principale è dovuta a due muscoli solitamente molto trascurati, ovvero il capo lungo del tricipite brachiale e il deltoide posteriore.

Infortuni più comuni nella L-sit

La L-sit, in realtà, non è un movimento che produce di per sé un elevato tasso di infortuni; tuttavia, vi sono delle situazioni in cui, se l'approccio utilizzato per acquisire la flessibilità muscolare della catena posteriore non è stato sufficientemente graduale, si possono presentare dei fastidiosi dolori a livello della muscolatura degli ischio crurali in particolare a livello dell' inserzione del capo lungo del bicipite femorale.

Si tratta, però, pur sempre di una problematica che emerge durante l'apprendimento del gesto e non durante l'esecuzione del gesto in sé. Se dovessi parlarti dell' infortunio più comune nell’esecuzione di questo movimento sicuramente potrei menzionare sovraccarichi funzionali a livello del polso. La mobilità a livello dell'articolazione del polso ha una forte componente genetica; pertanto, è possibile evitare di infiammare la suddetta zona semplicemente utilizzando un supporto che sia diverso dal pavimento come per esempio un paio di parallele.

Uno degli adattamenti funzionali più comuni che si possono presentare quando l'esecuzione della L-sit viene protratto per molto tempo senza un ribilanciamento e sicuramente un irrigidimento generale della capsula articolare del gomito. Questo problema è sostanzialmente dovuto alla contrazione isometrica costante degli estensori del gomito nel punto di massimo accorciamento.

Vale la pena menzionare che la pratica cronica dell'esercizio della squadra può portare ad un accorciamento importante dei flessori dell'anca in quanto ti ricordo, come già menzionato, che il retto del femore viene contratto in duplice modo sia a livello del bacino sia a livello del ginocchio. la naturale conseguenza di un adattamento funzionale dei tessuti del retto del femore e una aumentata antiversione del bacino con un conseguente aumento della lordosi lombare.

E, quindi, sempre bene affiancare lo sviluppo della squadra a terra sia con un esercizio che permette di facilitare l'esecuzione, come per esempio un allungamento della catena cinetica posteriore, sia con un esercizio di compensazione che ripristini la tensione muscolare di quei gruppi che vengono sollecitati maggiormente.

Questo è un tipo di approccio preventivo che permette di evitare tutti quelli accorciamenti muscolari che si presentano con un prolungato lavoro muscolare senza un accurato protocollo di compensazione.

Sviluppare la mobilità per la L-sit: i requisiti minimi

In precedenza ti ho menzionato l'importanza dello sviluppo della mobilità della catena cinetica posteriore. Non ho volutamente menzionato solamente il concetto di elasticità della catena cinetica posteriore inferiore, in quanto sarebbe un concetto molto riduttivo e sicuramente non sufficiente per garantire l'apprendimento e l'esecuzione della L-sit.

Voglio cercare di portarti attraverso il ragionamento logico a comprendere il perché della mia affermazione precedente: se dovessi analizzare gli angoli che si formano durante l'esecuzione della squadra, noteresti che tra il tronco e gli arti inferiori si realizza un angolo di circa 90 °.

Questa flessione d'anca ad angolo retto può essere raggiunta in due modi:

  • mantenendo la colonna in posizione neutra o leggermente in flessione ;
  • mantenendo la colonna in completa estensione.

Entrambe le posizioni sono valide, ma ognuna presenta delle problematiche. Sicuramente nel primo caso, se vuoi mantenere un atteggiamento della colonna che sia neutro o leggermente in flessione, dovrai preoccuparti di avere una buona estensibilità di tutta la muscolatura che permette l'estensione della colonna.

Se, per esempio, sei un atleta che esegue molta panca piana, stacco da terra e squat, è probabile che tu abbia i paravertebrali e i trapezi molto sviluppati; tuttavia entrambe le muscolature possono limitare la capacità di mantenere un angolo di 90° tra il tronco e gli arti inferiori durante l'esecuzione della L-sit.

In particolare, se sei troppo rigido nella catena cinetica postero-superiore, il tuo corpo cercherà di compensare in modo estremamente naturale, estendendo maggiormente i tessuti della catena cinetica postero-inferiore con l'unico risultato che sentirai “tirare” tantissimo sugli arti inferiori.

Ecco che in questa situazione è necessario ridistribuire in modo sufficientemente uguale la tensione sia sulla parte superiore sia sulla parte inferiore. Pertanto, non è possibile a priori capire perché una persona non è in grado di eseguire correttamente una L-sit (tenendo quindi gli arti inferiori paralleli al pavimento), perché l'esecuzione scorretta può dipendere sia dalla parte superiore ma anche dalla parte inferiore.

Nel caso si presentasse una situazione di questo tipo è possibile, grazie fisioterapista, a realizzare dei semplici test di estensibilità muscolare, attraverso i quali puoi sapere in modo molto rapido se la maggior parte delle tensioni sono localizzate nella parte superiore o nella parte inferiore del corpo.

Potrai, quindi, successivamente agire in modo più mirato su una di queste due in modo da ridurre la tensione eccessiva nell'unica parte che normalmente compensa anche per l'altra .

La seconda posizione che ho menzionato all'inizio di questo paragrafo è quella dove la colonna viene mantenuta in estensione. Studiando correttamente la biomeccanica del bacino puoi arrivare alla conclusione che l'allungamento della catena cinetica postero-inferiore diventa molto problematica quando la colonna si trova in completa estensione e il bacino in antiversione. Per poter realizzare  una L-sit in questa configurazione bisogna essere estremamente flessibili a livello di catena cinetica postero-inferiore, ossia glutei, ischiocrurali, polpacci e plantari non devono fornire nessun tipo di limitazione.

Devo però onestamente farti notare come nella quasi totalità dei casi la L-sit viene eseguita con la forma che ho descritto nel primo caso e, quindi, maggiormente con un atteggiamento neutro della colonna vertebrale con la tensione che viene equamente distribuita tra la parte superiore e la parte inferiore del corpo.

Progressioni e propedeutiche per la L-sit

L'apprendimento della L-sit passa necessariamente da un condizionamento di base della muscolatura dei flessori dell'anca e l'esercizio più popolare e più semplice sono sicuramente le chiusure a libretto. Ovviamente anche in questo frangente modulando quella che è la leva è possibile rendere l'esercizio più difficile o più facile.

Tuck L-sit raccolta (gambe piegate)

Una volta eseguita una buona mole di esercizi preparatori di base, è possibile avvicinarsi all'esecuzione della squadra tramite delle varianti più specifiche che passano sicuramente dall'apprendimento della banale posizione in appoggio sino all’introduzione del lavoro dei flessori dell'anca all’interno della posizione isometrica.

Sicuramente la variante più semplice del movimento specifico è rappresentata dalla L-sit con le ginocchia flesse.

Logicamente per poter realizzare questo movimento dovrai utilizzare un paio di rialzi, come per esempio due sedie oppure lavorare su un paio di parallele rialzate in quanto la distanza minima che devi mantenere tra le mani e il pavimento è rappresentata dalla lunghezza della gamba.

E' bene fare uso di un paio di rialzi, soprattutto perché in questo modo ti puoi abituare a mantenere la coscia sempre parallela pavimento; è, quindi, un errore e difetto esecutivo quello di sollevare eccessivamente le ginocchia solamente perché non c'è abbastanza spazio tra il piede e il pavimento.

Straddle l-sit divaricata

Il modo più semplice per aumentare la difficoltà dell'esercizio è aumentare la leva tramite l'estensione delle ginocchia; tuttavia per alcuni individui estendere le ginocchia e mantenere gli arti inferiori completamente uniti può essere un salto eccessivo. Si ricorre, quindi, alla abduzione dell'anca (divaricare gli arti inferiori) per rendere il passaggio ulteriormente più graduale; in questo frangente la problematica principale non è più di tanto mantenere gli arti inferiori paralleli al pavimento, quanto la incapacità di resistere ai crampi, che si presentano sul retto del femore e a livello degli abduttori dell'anca, in particolare il medio gluteo.

Devo sicuramente menzionare che questa variante risente fortemente anche della tensione sugli adduttori, sia quelli mono articolari sia quelli bi articolari. In particolare, questi ultimi sono molto rigidi possono limitare la capacità di divaricare gli arti inferiori, ma anche la possibilità di estendere completamente le ginocchia senza fatica .

L-sit a terra in tenuta isometrica

Nella sua forma finale la L-sit diventa un esercizio estremamente allenante per tutta la muscolatura del core e puoi considerarti forte se riesci a mantenerla per 30 secondi di seguito.

Il mio consiglio è quello di procedere prima all’esecuzione di questo esercizio sulle parallele e solo successivamente spostarsi al pavimento; la motivazione di questa scelta te la voglio spiegare nei prossimi paragrafi.

L-sit agli anelli

L'esecuzione della squadra sugli anelli eredita tutti gli svantaggi dei movimenti in appoggio agli anelli; quindi sicuramente il tuo primo problema è quello di prendere confidenza con questo supporto instabile.

La grossa difficoltà che si trova nell’eseguire la L-sit agli anelli è che gli stessi muscoli che ti aiutano a mantenere gli anelli fermi sono esattamente gli stessi che ti permettono di spingerti verso l'alto e di non incassare le spalle; pertanto non è un caso che molti manifestino un precoce affaticamento della muscolatura delle spalle, del gran pettorale, del piccolo pettorale e del gran dorsale.

Normalmente nel contesto della ginnastica si richiede sempre una extra rotazione degli anelli e questo dettaglio comporta una maggiore difficoltà nel controllo del supporto .

L-sit alla sbarra

La L-sit alla sbarra è un movimento poco conosciuto nel mondo dei calisthenic nelle gare, dove vengono presentate le skill.

Solamente in alcuni movimenti della ginnastica alle parallele oppure alla sbarra è possibile ritrovare questo movimento nell’elemento chiamato kippe + infilata oppure in combinazioni di elementi che portano all’ esecuzione della verticale di impostazione.

A livello esecutivo sicuramente cambia la posizione di appoggio degli altri superiori e, quindi, sei costretto a mantenere una presa che sia prona oppure supina. L'utilizzo di una presa come quella che si presenta alla sbarra, sia che si aprano sia che sia supino può solamente rendere l'esercizio più difficile in quanto c'è una maggiore difficoltà a mantenere il tronco esattamente in mezzo agli arti superiori.

L-sit sulle parallele

L'esecuzione della squadra alle parallele è sicuramente la variante più popolare, dove la scelta di ricadere su questo attrezzo è dovuta:

  • Ad una comodità a livello dei polsi, dato che non tutti possediamo l'articolarità necessaria per eseguirla tranquillamente a terra:
  • Possibilità di eseguire il movimento anche da parte di persone con gli arti superiori particolarmente corti. Infatti, queste persone non riuscirebbero a sostenere il corpo completamente sollevato dal pavimento in quanto gli arti superiori non riescono a compensare la lunghezza del busto.

Esercizi in L-sit: trazioni prone e dips

A di là di quello che può essere lo sviluppo di un movimento più difficile, come menzionato nel paragrafo precedente, la capacità di mantenere un angolo di 90 ° tra le cosce e il tronco e uno schema motorio permette di rendere più difficile esercizi di base come le trazioni oppure le dip alle parallele.

Infatti due varianti molto popolari di esercizi che diventano più difficili quando si coinvolge il bacino sono proprio:

  • le trazioni prone ad L, molto utili per aumentare la forza generale nelle trazioni;
  • Le russian dip in L, esercizio fondamentale per imparare e rendere più semplice la transizione nell’apprendimento del muscle-up controllato gli anelli.

L-sit nel bodybuilding come base leg raise

Ovviamente l'applicazione di questa tenuta isometrica per gli addominali non si ferma al banale apprendimento di un gesto del calisthenic o della ginnastica artistica, ma è possibile trovare beneficio anche nel mondo the bodybuilding. Nel mondo dell’ isolamento muscolare si può trovare un' attivazione muscolare molto simile nell'esercizio chiamato leg-raise.

Mobilità per la L-sit

Probabilmente questo è il paragrafo che tutti volevano leggere.

Principalmente le limitazioni in termini di mobilità provengono dalla catena cinetica postero-inferiore, anche se in precedenza ho menzionato la rilevanza anche della parte superiore del corpo.

Questo è principalmente dovuto all’elevata quantità di ore che vengono normalmente passate al volante e alla scrivania. In entrambe le situazioni comportano un accorciamento della muscolatura degli ischio crurali, dei polpacci , dei plantari, e dei glutei. Se noti che fai fatica a mantenere gli altri inferiori paralleli al pavimento con le ginocchia in completa estensione, è bene dedicare un po' del tuo tempo allo stretching dei quattro gruppi muscolari che ho menzionato precedentemente.

Non di minore importanza è l'estensione dell' articolazione del polso, soprattutto nel caso in cui tu voglia eseguire la L-sit a terra.

Chi è svantaggiato nella L-sit? Leve lunghe e peso

Quasi sempre quando si parla di esercizi a carico naturale tendo a spendere due parole per tutte quelle persone che sono naturalmente svantaggiate nell’eseguire determinati esercizi.

In questo caso è bene menzionare che tutti coloro che presentano delle leve molto lunghe (persone di alta statura) e/o una distribuzione del peso che non è uniforme possono essere potenzialmente svantaggiate nel raggiungimento della L-sit.

Tirare le punte oppure no nella L-sit?

Anche quest‘ultima è una questione molto particolare che però vale la pena di essere approfondita. Come già menzionato precedentemente puoi eseguire la L-sit con due configurazioni a livello del piede: una che prevede la flessione plantare e una che prevede la flessione dorsale. Ma qual è tra queste due situazioni? Nella prima riduciamo l'estensione della muscolatura del plantare che è risaputo essere bi-articolare. Questo comporta che un'eccessiva rigidità favorisca la flessione del ginocchio.

Mantenendo una flessione plantare escludo il fattore “biarticolarità” del plantare. Di conseguenza ho però un maggiore stiramento al livello del tibiale anteriore e questo potrebbe comportare il presentarsi di fastidiosi crampi proprio sulla fascia plantare.

Se, invece, lavori con la flessione dorsale sicuramente i crampi a livello della fascia plantare sono scongiurati ma, stirando maggiormente i muscoli plantare, sarà più probabile flettere le ginocchia e, di conseguenza, dovrai lavorare maggiormente con i quadricipiti per mantenere il ginocchio in completa estensione appunto questo può comportare dei fastidiosi crampi a livello del retto del femore .

Conclusioni sulla L-sit

La L-sit è un esercizio che richiede un perfetto connubio tra forza e mobilità. Saper eseguire correttamente una L-sit è indice di ottima mobilità e ottimo bilanciamento muscolare.

Pertanto, è sicuramente un esercizio da inserire tra quelli a corpo libero, per migliorare la propria mobilità e bilanciare i gruppi muscolari.

Se vuoi allenarti nel calisthenics e nel corpo libero, scarica la mia guida gratuita qui sotto.

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Filed Under: Addominali

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Ab wheel roller per gli addominali: tutorial ed esecuzione corretta

Maggio 4, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Ab wheel completo di Alessandro Mainente
Alessandro Mainente esegue l'ab wheel roller completo

In questo articolo voglio spiegarti come si esegue l’ab-wheel e fornirti una progressione per poterlo imparare. Quando si parla di ab-wheel si pensa subito alla rotella; ovviamente questo non è l’unico modo per eseguire questo movimento, ma è un punto di arrivo che può essere ulteriormente reso più difficile se utilizzi, per esempio, attrezzature instabili come gli anelli.

Ti parlerò della biomeccanica ,dei principali infortuni connessi a questo esercizio e ovviamente di tutto ciò che NON devi fare per trarre tutti I benefici possibili.

Che cos’è l’ab wheel (o ab roller)?

L’ab-wheel, chiamato anche ab-roller, è un esercizio multiarticolare che coinvolge tutto il corpo e viene considerato come un movimento abbastanza avanzato che richiede un controllo e una forza sopra la media. E’ generalmente indicato come un esercizio per il core, ma oggi voglio farti riflettere da un altro punto di vista esattamente come ho già fatto per la dragon flag: l’ab-wheel è veramente un esercizio per il core o il fatto che si senta il core è un effetto collaterale?

Queste riflessioni sono importanti per farti capire quando e perché è possibile utilizzare questo movimento e, soprattutto, se sei in grado di utilizzarlo in modo efficiente.

Si tratta quindi di comprendere quali sono i fattori determinanti per l'esecuzione corretta di questo esercizio: partiamo.

Durante la discesa si aprono sostanzialmente due angoli:

  • i fianchi che passano da una posizione di flessione d’anca ad una estensione e retroversione d’anca (notare che questo concetto è FONDAMENTALE, è una combinazione di entrambe le cose);
  • le spalle che eseguono un ciclo che va da massima flessione, 90° flessione a massima estensione (approfondiremo questo punto in seguito).

La capacità di mantenere l’angolo al bacino sempre in estensione è dovuto agli estensori dell’anca e alla muscolatura della parete addominale.

La capacità di aprire e chiudere l’angolo delle spalle è dovuto agli estensori dell’omero. A questo punto ti faccio due domande molto semplici:

  • se ti togliessi gli addominali riusciresti a fare l’esercizio? Probabilmente compenseresti tutto sui flessori dell’anca e riusciresti a farlo con una tecnica scadente;
  • se ti togliessi gli estensori dell’omero riusciresti a farlo? Sicuramente asseteresti al più grande face-plant della storia.

Dopo avere risposto a queste domande ti verrà quindi un dubbio: è spalla dominante o core dominante? Se dovessimo basarci sulla condizione sine qua non (ovvero quella condizione senza la quale non puoi fare l’esercizio), beh è inevitabile pensare che senza la muscolatura che agisce sulla spalla l’AB-WHEEL non può essere eseguito. Quindi non è propriamente corretto dire che senza addominali non puoi eseguire l’AB-WHEEL ,ma che SE vuoi farlo BENE ti servono anche gli addominali.

Ma allora perché si sente tutto questo lavoro sul core? La risposta si ritrova analizzando la biomeccanica dell’esercizio. Vediamo di risolvere questo enigma una volta per tutte e ti invito a visitare anche l’articolo sulla Dragon Flag perché i punti di incontro sono veramente molti:

  • nell’aprire il primo angolo al bacino vengono stirati i flessori dell’anca, muscoli che portano il bacino in antiversione e più scendi più si stirano. Gli addominali lavoreranno come dei dannati per evitare l’estensione della colonna;
  • più scendi più aumenta la leva sui dorsali che sono muscoli cifo-lordosizzanti e, di nuovo, gli addominali devo essere attivati per evitare l’estensione della colonna nella porzione più bassa;
  • più mi avvicino al pavimento più il pettorale viene stirato e il pettorale comporta nel massimo stiramento una estensione del tratto toracico e un sollevarsi dello sterno. E gli addominali cosa dovranno fare? Evitare l’estensione del tratto toracico;
  • ultimo, ma non meno importante l’estensione del ginocchio comporta un pre-accorciamento del retto del femore, che è biarticolare che rendere quindi la tenuta addominale ancora più difficile da acquisire.

Nel complesso quindi come avrai capito ci sono ben 4 motivi per cui gli addominali si sentono alla grande, ma solo se la tecnica è perfetta. In caso contrario lo stress aumenterà in modo sensibile sulla bassa schiena.

Benefici dell’ab wheel roller

I benefici di questo esercizio sono veramente numerosi, ma è possibile riassumerli in due zone anatomiche:

  • Addominali: sicuramente si sviluppa un controllo della colonna e del bacino superiore alla media e questo, in ambito calishtenico, ginnico, tuffi, atletica è un tipo di capacità fondamentale per utilizzare al meglio I cicli di allungamento/accorciamento degli addominali;
  • Migliora in modo sensibile la chiusura degli arti superiori sul busto. Potrebbe essere quasi considerato alla stregua di un pulldown a braccia tese tipico del bodybuilding. In questo frangente è quindi un ottimo modo per allenare tutti gli estensori dell’omero fra cui appunto il gran dorsale.

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Come si esegue e come si usa l’ab wheel? Tutorial ed esecuzione corretta (fai le foto di pike, plank e long hollow)

Credo che questo paragrafo sia sicuramente il più complesso. Su internet si trovano esecuzioni più disparate, da chi inizia con le ginocchia flesse, a chi inizia con le spalle già in parziale chiusura e via dicendo. Diciamo che si possono effettuare numerose combinazioni giocando sui due angoli principali che sono bacino e spalle per esempio:

  • Mantenere in massima apertura l’angolo delle spalle e lavorare solo sul bacino;
  • Mantenere l’angolo del bacino in massima estensione sin dall’inizio e lavorare solo sulle spalle (per esempio partendo da un plank a braccia tese);
  • Lavorare su bacino e spalle simultaneamente.

Diciamo che le prime due sono quelle meno popolari, mentre la terza è la più mostrata sui social media.

A livello di completezza del movimento preferisco lavorare su più angoli possibile e, pertanto, NON pretendo di dirti COME si esegue l’AB-WHEEL in assoluto, ma voglio proporti una esecuzione che segua un po’ di logica.

Dividi il movimento in 3 fasi: partenza, plank a braccia tese e posizione di massimo allungamento:

Posizione di partenza ab wheel di Alessandro Mainente
  1. Nella prima posizione il movimento parte da una posizione di massima schiacciata busto-arti inferiori con le spalle in massima flessione. Ora, considerando che molti non inseriscono lo stretching nei loro allenamenti, è possibile sacrificare la posizione iniziare…ma in un solo modo: flettere leggermente le ginocchia, non dovete estendere le anche.
Ab wheel a metà discesa, eseguito da Alessandro Mainente

2. A questo punto inizia la discesa, dove l’obbiettivo è quello di arrivare nella posizione di un plank a braccia tese, preferibilmente in extra rotazione, con le anche in completa estensione e il bacino il retroversione. La scelta di arrivare in questa posizione è di reclutare al massimo la parete addominale e gli estensori dell’anca per fissare stabilizzare la colonna PRIMA di aumentare la leva sugli arti superiori. Nella posizione di plank a braccia tese è imperativo cercare di spingere in bacino verso il pavimento e pensare a portare lo sterno in dentro. Nel complesso è una attivazione che facilità il reclutamento degli addominali.

Ab wheel roller completo di Alessandro Mainente

3. Nella terza ed ultima fase devi pensare a fare due cose:

  • Lasciar avanzare lentamente la rotella;
  • Pensare a spingere in basso alla morte.
    E’ importantissimo comprendere come vi siano due tipi di spinta:
    - una che agisce a livello scapolo-omerale e che ti permette di reclutare dorsale e pettorale (in primis) per non cadere sul pavimento;
    - la seconda che agisce SOLO a livello scapolare, ovvero quella del gran dentato. Il dentato anteriore concorre a fissare e abdurre la scapola dalla posizione di plank e facilita l’attivazione della parete addominale in tutti i movimenti che hanno uno schema motorio simile al plank sui gomiti. Man mano che scendi verso il pavimento diventerà ancora più difficile mantenere la sua attivazione ma è fondamentale sia per facilitare la tenuta del core sia per la stabilità della spalla.

Raggiunta la massima profondità si tratta di invertire il movimento, ripercorrendo a ritroso le diverse fasi del movimento.

Errori esecutivi

La lista degli errori è quasi sempre una conseguenza di mancanze di mobilità articolare in quando una eccessiva tensione negli adduttori dell’omero e dei rotatori interni può indurre diverse strategia di compenso fra cui flettere i gomiti e intraruotare l’omero.

Un errore molto comune nel tentativo di scalare il movimento sulle ginocchia è dato alla flessione del ginocchio. Quando il ginocchio è flesso si stira il retto del femore che, essendo biarticolare, flette anche l’anca. Nel complesso il suo prestiramento a livello del ginocchio rende l’estensione dell’anca più difficoltà e riduce la capacità di relcutare l’addome.

Muscoli coinvolti nell’ab wheel roller

Come già menzionato è un esercizio multi articolare che coinvolge tutta la catena degli estensori dell’omero nel movimento di chiusura a livello della spalla e tutto il comparto del core sull’estensione dell’anca.

  • Retto dell’addome: lavora isometricamente durante tutto il movimento per mantenere un allineamento posturale corretto;
  • Dorsali: estendono l’omero e sinergicamente con altri gruppi muscolari permettono di trattenere la posizione nella parte bassa del movimento e il ritorno nella posizione di partenza;
  • Pettorali: sono considerati flessori dell’omero tuttavia esattamente come avviene nelle trazioni concorrono ad estenderlo nei primi gradi di movimento per poi esaurire progressivamente la loro funzione di estensori;
  • Tricipiti: concorrono al mantenimento dell’estensione del gomito. Il capo lungo assististe gran dorsale e gran pettorale nella fase di risalita iniziale;
  • Dentato: assieme al piccolo pettorale permette di mantenersi in spinta verso l’alto man mano che si raggiunge la posizione più bassa del movimento;
  • Quadricipite femorale: concorre ad estendere il ginocchio e non creare facilitazioni del movimento;
  • Glutei e ischiocrurali: in sinergia permettono la retroversione del bacino, l’estensione dell’anca e il mantenimento di questa attivazione.

Infortuni più comuni nell’ab wheel

Arriviamo al capitolo dolente di ogni mio articolo. Passerò in rassegna la maggior parte delle problematiche all’apparato muscolo scheletrico in modo che anche tu sia cosciente del rischio che si corre. Ovviamente la mia intenzione non è fare terrorismo ma farti prendere atto che si può minimizzare ogni trauma con una corretta progressione dei carichi, del volume e del recupero.

  • Schiena: i fastidi alla schiena (soprattutto la parte bassa del rachide) sono indiretti e avvengono quando ripetutamente la muscolatura dei flessori dell’anca prende il sopravvento sugli addominali;
  • Addome: il problema più comune che si può presentare è uno stiramento della guaina addominale dovuto a perdita improvvisa di tensione durante l’esecuzione. In questo frangente consiglio di avvicinarsi nuovamente all’esercizio affrontando un periodo di condizionamento minimo con semplici esercizi che presentino un ciclo accorciamento/allungamento completo come in crunch sulla swissball alternando massima estensione e flessione della colonna;Estensione della colonna: come in tutti i movimenti over-head, dove non arrivi con un assetto neutro della colonna…..ci arrivi estendendola e apparentemente ti sembrerà di guadagnare qualche grado di flessione scapolo-omerale. Purtroppo se estendi la colonna i giochi sono finiti perché hai sicuramente pero la tenuta addominale;
  • Spalle: c’è poco da fare, se non hai mobilità di spalle c’è una elevata probabilità di infortunarti proprio alla spalla. La posizione più bassa con lo sterno in dentro a una forte tenuta addominale necessita di una mobilità di spalle superiore.I tipici compensi in caso di deficit sono:- Gomiti flessi che però sono mantenuti in linea con la spalla e l’impugnatura. Indirettamente qui stai riducendo la flessione scapolo-omerale;

    - Gomiti flessi che puntano verso l’esterno e non sono più allineati con la spalla (non si trovano più sulla linea che unisce spalla e impugnatura sulla rotella). E’ una posizione in cui l’omero cerca una via di fuga. Se nel primo caso la trova riducendo la flessione, in questo si muove verso l’esterno. Un po’ come quando non riesci ad aprire le spalle nella verticale e aumenti la distanza fra le mani;

    - Estensione della colonna: come in tutti i movimenti over-head, dove non arrivi con un assetto neutro della colonna…..ci arrivi estendendola e apparentemente ti sembrerà di guadagnare qualche grado di flessione scapolo-omerale. Purtroppo se estendi la colonna i giochi sono finiti perché hai sicuramente pero la tenuta addominale;

  • Sterno: la posizione di massimo alllungamento pone in elevato stiramento la muscolatura del pettorale e quindi sconsiglio di aggiungere questo esercizio alla vostra routine SE hai avuto in precedenza infiammazioni allo sterno (dovute per esempio ad eccessivo carico nelle dip).

Esercizi e progressioni per imparare l’ab wheel.

In questo paragrafo ti voglio mostrare in successione quelle che dovrebbero essere le tappe fondamentali per poter eseguire in sicurezza l’ab-wheel. Partiamo dal presupposto che serve un minimo di forza negli arti superiori e una buona mobilità di spalle. Fatta questa premessa trattandosi di un movimento che si esegue con una rotella sussiste il seguente problema:

  • Dalla fase 2 (plank a braccia tese) le braccia iniziano progressivamente a spostarsi in avanti;
  • Se nel plank a braccia tese il braccio è perpendicolare al pavimento, le spalle sono sopra le mani e infatti la rotella è ferma. Bene la forza ha solo una componente verticale;
  • Appena inizi a scendere c’è la vera e propria sensazione che la rotella tenda a scappare in avanti e tu devi contrastare esattamente questa tendenza. In questo frangente appena inizi a scendere aumenta la componente orizzontale e , man mano che ti avvicini al punto più basso la componente orizzontale è massima mentre quella verticale si è ridotta moltissimo.

Diventa abbastanza intuitivo che questa rotella che “scappa” in avanti rende tutto più difficile. Io ti propongo, quindi, un lavoro graduale che permette di lavorare inizialmente in una condizione dove il supporto non può “scappare” avanti anzi, si può quasi utilizzarlo come produrre più attrito. Questo supporto sono le nostre mani che spingendo contro il pavimento permettono di creare una sufficiente forza di attrito che riduce la tendenza a scappare avanti. Ovviamente più è scivoloso il pavimento meno sarà efficace l’utilizzo delle mani come soluzione facilitante.

  • Plank: tutto inizia da qui, è fondamentale riuscire a comprendere l’estensione dell’anca e la spinta verso l’alto tramite l’attivazione del gran dentato;
  • Plank braccia tese: una volta compresa la tenuta del corpo sui gomiti è ora di introdurre l’utilizzo degli arti superiori uniti all’atteggiamento posturale mantenuto in 2/3 del movimento;
  • Da pike a plank a braccia tese: in questa fase si rivisita la prima parte del movimento. Il tuo obbiettivo è imparare a distinguere i due atteggiamenti opposti che sono corpo squadrato e corpo disteso. E’ importantissimo comprendere questa sensazione perché poi dovrai rifarti proprio a questi angoli di lavoro.
  • Ponte camminata allontanandosi dal muro: in questa fase sussiste il primo accenno di combinazione di lavoro di arti superiori e bacino. Il mio consiglio è partire fronte a muro , braccia parallele fronte al corpo ad altezza spalle, gomito in estensione, mano che tocca il muro e tronco perpendicolare al pavimento. Mantenendo le mani sul muro camminare indietro sino a quando il corpo si trova su un’unica linea. E’ importante spingersi sempre verso l’alto portando il petto in dentro e pensare ad avvicinare il bacino verso il pavimento. Questo origina la giusta flessione della colonna nella zona toracica che riflette esattamente la corretta attivazione posturale. In questa fase è consigliato extra-ruotare l’omero sin dalla fase iniziale.
  • Ponte in camminata in ginocchio: in questa variante aggiungiamo la componente dinamica , facciamo uso della spinta verso il pavimento per ridurre l’intensità della discesa. L’appoggio sulle ginocchia deve prevedere una estensione del ginocchio
  • Ponte camminata sui piedi: eseguire il movimento dello step precedente partendo la posizione di plank, qui le cose iniziano a diventare più complesse;
  • Ab wheel sulle ginocchia: una volta allenata e migliorata la dinamica dell’esercizio e la confidenza con gli angoli di lavoro è opportuno introdurre la nostra amata rotella ma con una intensità minore: l’appoggio è dunque sulle ginocchia.
  • Ab wheel dal planka braccia tese: rispetto alla variante precedente è necessario ora eseguire il movimento partendo dalla posizione di plank a braccia tese. Si aggiunge quindi una maggiore leva sui flessori dell’anca e un maggior lavoro sugli addominali.
  • Ab wheel completo: seguendo le 3 fasi illustrate nel paragrafo dell’esecuzione potete finalmente eseguire la versione finale di questo esercizio.
Ab wheel fase 1 - Alessandro Mainente
Ab wheel roller a metà discesa di Alessandro Mainente
Ab wheel completo di Alessandro Mainente

Allenamento con l’ab wheel

  • Quante ripetizioni e serie fare?
    Trattandosi di un esercizio che si apprende in diverse step il mio consiglio è di puntare alle 8-10 ripetizioni sino alla variante di ab-wheel sulle ginocchia. Dalla successiva rimanere nel range 3-5 ripetizioni. In entrambi i casi usare 4-5 serie.
  • Quanto recuperare?
    Anche in questo frangente più sei nella fase iniziale del movimento più si tratta di fare una lavoro di preparazione generale e quindi riposare 1’-1’30’’. Più ti avvicini ai movimenti specifici dove utilizzi la rotella più il recupero può salire sui 2’30’’-3’.
  • Usare la loopband
    Dove metterla? in presenza di un salto di intensità eccessivo tra una didattica e la successiva è possibile utilizzare dei tool per ridurre l’intensità di quel che basta per riuscire ad eseguire qualche ripetizione. E’ il caso delle loopband.

Ora, vi sono 2 modi per utilizzarle:

  • Passare la loopbands dietro i piedi e agganciarla alla rotella;
  • Posizionare la loopband sul corpo. Molti la posizionerebbero sul bacino, MA quasi sempre si finisce per adagiarsi sulla loopband e flettere l’anca. La scelta deve ricadere su una zona anatomica dove è poco influente in termini di variazione di allineamento. Io suggerisco quindi di posizionarla sotto lo sterno.

Esempio di scheda di allenamento e workout con ab wheel

Un workout per l’allenamento dell’ AB-WHEEL dovrebbe comprendere un esercizio di attivazione che è proporzionale al proprio livello e che agisca sul bacino e sugli arti superiore. Un esercizio principale e un esercizio di compensazione.

In ordine, quindi, suggerisco sempre:

  • 10 ripetizioni di abduzione e adduzione delle scapole in quadrupedia sul pavimento seguito da 10 ripetizioni di pulldown a braccia tese con un elastico. Il tutto ripetuto per 2-3 volte;
  • Un esercizio della didattica illustrata precedentemente;
  • Un esercizio di allungamento degli addominali, dei dorsali (preferibilmente in flessione scapolo-omerale) e dei glutei.

Conclusioni sull'abwheel roller

L'abwheel è un esercizio molto in voga per via della sua nomea di "super esercizio per gli addominali"; tuttavia, gli addominali non sono il muscolo motore primario, anche se vengono ampiamente reclutati.

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Dragon flag: la guida completa

Aprile 19, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Dragon flag: tutorial ed esecuzione
Dragon flag: tutorial ed esecuzione

La dragon flag è uno degli esercizi più popolari e famosi del corpo libero, del calisthenics e non solo. Anche se normalmente viene inserito solo in programmi di allenamento a corpo libero può costituire un movimento di preparazione fisica utilizzo in tantissimi ambiti sportivi a partire dal crossfit, passando dall’arrampicata sino al canottaggio e al nuoto.

E’ innegabile come sia diventato un gesto popolare anche nel mondo del cinema grazie a Sylvester stallone nei film di rocky ma anche nel mondo della arti marziali grazie a Bruce Lee.

In questo articolo ti mostrerò come analizzare questo esercizio dal punto di vista biomeccanico ed esecutive e, dove possibile, cercherò di sfatare, con logica, uno dei più grandi miti: è un esercizio per l’addome o un esercizio per il dorso?

Come eseguire correttamente la dragon flag? Tecnica d’esecuzione corretta

L’esecuzione della dragon flag, indipendentemente dal supporto che si utilizza presenta sempre alcune caratteristiche:

  • La posizione di partenza è sempre la candela. Questa posizione prevede di sostenere inizialmente il peso del corpo sul tratto toracico/cervicale, mantenendo un corretto allineamento su una linea perpendicolare al pavimento 3 giunti principali ovvero cervicale, bacino e piedi. Se viene preservato questo allineamento il corpo si trova esattamente perpendicolare al supporto su cui lo si esegue.

    Una nota particolare è necessaria: l’attivazione degli estensori dell’anca. Molte persone si limitano a rimanere in candela, dimenticandosi di pre-attivare correttamente la muscolatura che estende l’anca (gluteo e capo lungo del bicipite femorale).

Per fare questo immagina di:

  • Avvicinare il bacino al muro/spalliera;
  • Allontanare i piedi dalla spalliera.
Dragon flag: partenza in candela

Questo genera due movimenti sulla stessa direzione, ma in verso opposto, permettendo una corretta estensione dell’anca, che dovrebbe permetterti di sentire bene l’attivazione di glutei e femorale.

Ovviamente non DEVI mai produrre un reale movimento ne dei piedi ne del bacino: il segreto è un fine equilibrio tra le due componenti accennate prima e questo è il segreto di un allineamento perfetto durante tutta l’esecuzione.

E’ preferibile mantenere le mani in presa sul supporto a larghezza spalle in caso di spalliera o sbarra. Nel caso non fosse possibile usare uno di questi attrezzi limitati a mantenere un angolo di 90° a livello del gomito.

  • Durante la fase di discesa si assiste ad una apertura dell’angolo tronco-braccia con una riduzione dell’estensione scapolo omerale. La discesa termina quando il corpo è approssimativamente orizzontale. Qui avvengono la maggior parte degli errori tecnici. Per essere sicuro di non sbagliare devi percepire un ordine di arrivo del corpo che sia il seguente:
  1. Parte toracica;
  2. Parte lombare;
  3. I glutei sfiorano il supporto.
Dragon flag: posizione di arrivo

Nel caso non percepissi la parte lombare sul supporto, è probabile che tu abbia perso la retroversione del bacino e la tenuta addominale;

  • Infine, si presenta la fase di risalita, dove è sempre necessario pensare a riportare in alto il bacino in posizione di partenza tenendo in basso i piedi.
    Questo tipo di attivazione favorisce il mantenimento dell’estensione dell’anca; una mala applicazione di questo concetto rappresenta la stragrande maggioranza delle esecuzione scorrette della dragon flag.
Dragon-flag-direzione-movimento

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Errori comuni nella dragon flag

Durante l’esecuzione della dragon flag esistono principalmente tre zone anatomiche che sono soggette a errori, ovvero gomiti, fianchi e ginocchia.

  • Presa e GOMITI: un posizionamento scorretto dei gomiti può influire sul reclutamento del dorsale e in generale degli adduttori dell’omero.

    Il consiglio di mantenere una presa a circa larghezza spalle e i gomiti in linea con le mani porta ad una attivazione ideale del gran dorsale. A fronte di una presa molto larga può cambiare il contributo dei muscoli motori primari in sfavore ovviamente degli adduttori dell’omero;

  • Fianchi: la perdita di retroversione ed estensione dell’anca significa perdita di tensione di base a livello della “mid-section” e riflette una debolezza della muscolatura degli estensori dell’anca e dell’addome, su cui prendono sopravvento i flessori dell’anca.

    Questo disequilibrio si presenta come un aumento della lordosi lombare e della flessione dell’anca, man mano che il corpo si avvicina nella posizione di massima orizzontalità;

  • Ginocchia: sicuramente una marcata flessione del ginocchio della variante completa può influire sul livello di stiramento del retto del femore che, come conseguenza diretta, porta ad un aumento della flessione dell’anca e quindi perdita della tensione addominale.

A cosa serve la dragon flag?

Qui si apre un capitolo veramente molto ampio, ma cercherò di essere sintetico per non spostare il focus su altri concetti. Passiamo in rassegna le applicazioni principali, alcune scontate e banali, altre, invece, molto particolari:

  • Calisthenics: sicuramente il lavoro della dragon flag è la base per lo sviluppo del front lever. E’ un esercizio che unisce l’intervento dei mover primari e la tenuta del corpo in una condizione di parziale scarico del peso. Questo permette una graduale sensibilizzazione di tutte le muscolature che fissano e stabilizzano la testa dell’omero e la scapola;
  • Crossfit: nel crossfit molto spesso si ritrovano movimenti alla sbarra, come i muscleup, che presentano una repentina chiusura dell’angolo tronco-braccia. Questi movimenti di potenza reclutano la muscolatura degli adduttori dell’omero lungo una linea di forza sostanzialmente uguale a quella del bodylever. È presumibile, quindi, che un lavoro sulla dragon flag possa essere considerato un buon esercizio introduttivo;
  • Bodybuilding: in un contesto come il bodybuilding a corpo libero (CaliaestheticsTM) è un ottimo modo per simulare un pull-down, soprattutto se l’esercizio è eseguito con il gomito in estensione completa;
  • Ginnastica: nella ginnastica artistica maschile e femminile è un movimento di preparazione per comprendere l’idea della kippe alla sbatta o alle parallele (siano simmetriche o asimmetriche). Ovviamente anche in questo caso il movimento dovrà poi evolvere in varianti a braccia tese.

Quali sono i muscoli coinvolti nella dragon flag?

Trattandosi di un esercizio multiarticolare ti aspetterai una lista infinita di muscolature coinvolte. Cercando di dare una spiegazione più completa possibile è più facile suddividere questa sezione in tre parti: superiore, tronco e inferiore.

  • Nella parte superiore troviamo tutti gli adduttori dell’omero, ovveo gran dorsale, gran pettorale, grande rotondo in primis e la partecipazione di muscoli di assistenza, come capolungo del tricipite e sottoscapolare. Sulle braccia ovviamente lavorano isometricamente tutti i flessori dell’avambraccio sul braccio e i muscoli della presa;
  • a livello del tronco il mantenimento della linea è conferito dal retto addominale, dagli obliqui, dal trasverso, che lavorano sinergicamente con gli estensori dell’anca e i flessori dell’anca;
  • a livello degli arti inferiori il complesso del quadricipite femorale lavora per garantire l’estensione nel ginocchio.

Infortuni più comuni nella dragon flag

Il paragrafo degli infortuni è sicuramente uno dei più interessanti. Ovviamente data la sua semplicità penserai che è impossibile infortunarsi in questo esercizio, in realtà, ci mostra come le cose sono ben diverse. Vediamolo nel dettaglio:

  • problemi al collo: sicuramente chi ha problemi di ernie cervicali dovrebbe prima consultare uno specialista;

Il fastidio più comune è sicuramente dovuto all’assetto scapolare combinato con l’appoggio sulla zona cervicale. Ma cosa succede in pratica? La scapola a causa dell’attivazione di grande e piccolo pettorale ,gran dorsale e basso trapezio si trova ad essere trazionata verso il basso. Allo stesso tempo però la flessione cervicale porta in stiramento la parte medio/alta del trapezio. Questa condizione porta quindi ad un trapezio che viene mantenuto in contrazione nella parte bassa e allungato nella parte alte per 2 motivi: flessione del tratto cervicale e flessione del tratto toracico.

Questa condizione può provocare fastidio alla muscolatura del collo, ma è risolvibile posizionando le spalle sul bordo della panca o del supporto usato in modo da evitare eccessiva flessione del collo.

  • Infortuni al gomito:  un'inadeguata preparazione di base nei movimenti di tirata può portare a dolori al gomito (sul condilo mediale) durante questi movimenti. In questo frangente è necessario comprendere che va fatto un programma di avvicinamento ancora più graduale, affiancato da un lavoro di isolamento sui flessori del gomito;
  • Bassa schiena: hai mai sentito qualcuno riferire dolori alla bassa schiena durante questo esercizio? Io onestamente si! Il fastidio alla bassa schiena è dovuto a due situazioni, che possono essere separate o concomitanti e nel complesso portano ad un aumento dell’estensione lombare:
  1. La prima situazione è la presenta di addominali deboli, che non riescono a vincere la tensione passiva dei flessori dell’anca;
  2. la seconda è un eccessivo accorciamento dei flessori dell’anca mono e bi-articolari, che comportano una perdita di estensione dell’anca e capacità di reclutare la muscolatura della parete addominale.

Qual è la progressione per imparare la dragon flag?

Il pensiero più comune ritrovabile anche nei video su Youtube è: per imparare il front lever fai la dragon flag e, quindi, tutti direttamente a fare la dragon flag salvo poi fermarsi per uno dei problemi del paragrafo precedente. Cerchiamo di capire cos’è la dragon flag: estensione scapolo omerale di un oggetto con un allineamento isometrico.

La prima regola per il movimento corretto è: prima impara a mantenere un allineamento in statica poi, quando ci riesci FACILMENTE, fallo in dinamica. E la dragon flag è esattamente questa situazione.

IL tutto quindi parte presumibilmente dal capire quale allineamento devi mantenere con esercizi come la posizione a barchetta partendo dalle sue varianti più semplici come la raccolta sino ad arrivare alla completa.

In seguito, è necessario fare un ulteriore passo, imparando a gestire una tenuta statica, mentre il corpo è soggetto ad una accelerazione di gravità esattamente come succede durante la barchetta dinamica.

Un principiante che non sa mantenere la tensione durante la barchetta dinamica, non saprà mantenerla correttamente durante la dragon flag…perché? Perché è esattamente lo stesso schema motorio.

Nella barchetta dinamica c’è una fase dove il corpo si appoggia principalmente sulla parte della bassa schiena e si alterna ad una fase dove il corpo si supporta maggiormente nella parte alta.

Nel passare da una fase all’altra la tenuta del corpo fa si che una parte riesca a “trascinare con se” quella più distante senza perdere l’allineamento. E' esattamente cioè che succede quando dalla parte bassa di una dragon flag si inizia la risalita: il mantenimento dell’allineamento permette di muovere i piedi verso la posizione di partenza come diretta conseguenza del movimento del bacino. La stessa considerazione deve essere fatta anche per il movimento di discesa.

Non casualmente il primo esercizio specifico per la dragon flag sono le eccentriche dove, lentamente, si applica il reclutamento dei muscoli motori primari ad una posizione di barchetta. Sostanzialmente il corpo viene SOLO abbassato da una posizione di barchetta in candela ad una posizione di barchetta orizzontale.

La manipolazione della leva diventa in seguito il fattore chiave per rendere la didattica ancora più graduale e adattabile ad ogni persona.

Come scalare la difficoltà con varianti più semplici di dragon flag?

Come accennato precedentemente la manipolazione dell’intensità può avvenire grazie:

  • alla gestione della leva nella parte inferiore del corpo;
  • tramite utilizzo di inclinazioni del piano di supporto del corpo;
Variante dragon flag con Stefano Bodria
  • Aumento della leva sulla parte superiore del corpo, per esempio estendendo i gomiti.
Dragon flag con gomiti estesi

Come allenare la dragon flag?

Il modo più semplice per allenare la dragon flag è sempre quello di associare un esercizio di pre-attivazione, come la barchetta dinamica seguito da un esercizio principale adatto al nostro livello di forza ed eseguire almeno 4-6 serie allenanti.

Durante le serie è caldamente consigliato un lavoro di recupero/compensazione, che lavori su un angolo di movimento opposto, come per esempio il ponte o qualsiasi esercizio di estensione toracica, che comprenda un'estensione della colonna con gli arti superiori in massima flessione scapolo-omerale.

Dragon flag per allenare gli addominali

Questo è sicuramente il paragrafo più interessante di questo articolo: la dragon flag è un esercizio per i dorsali o per gli addominali. C’è chi pretende di dare delle percentuali come 70% dorso e 30% addominali oppure 80-20; in realtà sono asserzioni che lasciano il tempo che trovano, perché di fatto non è possibile dare dei numeri di riferimento; ma puoi facilmente trarre delle conclusioni ragionando su quale è l’obbiettivo da raggiungere e, ovviamente, il come vuoi raggiungere a livello qualitativo questo movimento.

Devi definire qual è l’obbiettivo numero 1 ossia muovere il corpo ripetutamente dalla posizione di candela, raggiungere la parte bassa e poi fare ritorno nella posizione di partenza.

E’ un movimento di estensione scapolo-omerale, movimento che in gran parte può fare solo il dorsale e non l’addome. Quindi di fatto se non puoi usare il dorsale, il corpo non si muove.

Ma allora perché la gente comune dice di sentire gli addominali il giorno dopo?

Beh solitamente questa affermazione è tipica anche di chi, dopo molto tempo a non fare un esercizio, lo inserisce nella scheda. Sostanzialmente il corpo si è disabituato e risponde con una sintomatologia dolorosa.

Quelle succede è che durante la discesa si verificano 2 cose:

  • Man mano che scendi aumenta la leva orizzontale e il carico percepito dai flessori dell’anca, che tendono ad estendere la bassa schiena. Questo impone in chi esegue il movimento un maggior reclutamento della parete addominale, che lavora in contrazione isometrica nel punto di massimo allungamento, condizione che è risaputo produca i doms maggiori;
  • Durante la discesa il dorsale si contrae di più e il dorsale è un muscolo cifo-lordosizzante e, per contrastare la tendenza ad estendere la bassa schiena, gli addominali lavoreranno di più.

Come penso tu abbia compreso si tratta di un enorme lavoro a livello addominale, che deve bilanciare i punti appena descritti.

Tuttavia, se tu decidessi di estendere la bassa schiena senza pensare a reclutare bene la parete addominale e gli estensori dell’anca, potresti tranquillamente spostare il corpo perché è come se gli arti inferiori si “appoggiassero” al tratto lombare. Ovviamente l’assenza di tenuta addominale non garantisce una stabilizzazione della bassa schiena.

Tirando le somme di questo paragrafo:

  • Se vuoi eseguire la dragon flag senza preoccuparti della tenuta addominale, allora è un esercizio puramente di dorso;
  • Se vuoi eseguire la dragon flag con una attivazione corretta della parete addominale l’esercizio rimane comunque dorso-dominante.

Quale mobilità serve per la dragon flag?

Diciamo che non è proprio necessario parlare di mobilità; tuttavia, ci sono delle situazioni particolari come per esempio:

  • cosce muscolose;
  • cosce muscolose e arto inferiore lungo;
  • muscolatura del bacino sviluppata;
  • muscolatura della parte superiore del corpo carente;
  • individui di sesso femminile.

In questi casi l’ausilio di alcune varianti può essere la chiave. È il caso della mezza completa  dove per poter mantenere una linea ottima è necessario avere una ottima estensibilità dei flessori dell’anca biarticolari.

Dove eseguire la dragon flag?

E’ possibile eseguire la dragon flag su diversi supporti:

  • La spalliera ha il grosso vantaggio di poter aggiustare il piolo giusto in base alle nostre leve;
  • Sulla panca: afferrando il supporto dietro la nostra testa è possibile usare una qualsiasi panca. Lo svantaggio è dato dalla presa che coinvolge maggiormente la muscolatura dell’avambraccio e non è possibile allargare le mani per una linea di forza più favorevole;
  • Anche il palo può essere una soluzione, ma solo se si utilizza una presa a mani incrociate o si alterna la posizione delle mani di serie in serie;

Conclusioni sulla dragon flag

La dragon flag non è un esercizio per principianti e non è neanche un esercizio mirato come si pensa per gli addominali, quanto più per i dorsali.

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Buon allenamento!

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Filed Under: Addominali, Front Lever

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Plank per gli addominali: la guida completa

Aprile 18, 2020 by Alessandro Mainente Leave a Comment

Alessandro Mainente esegue la plank
Alessandro Mainente esegue la plank

Il plank è uno degli esercizi più rinomati per il lavoro del core e viene utilizzato praticamente in quasi tutte le preparazioni sportive, dove la capacità di reclutare in modo efficace tutta la muscolatura del corsetto addominale diventa un punto fondamentale per stabilizzare la colonna e scaricare la forza del peso corporeo, gli impatti e via dicendo in modo efficiente ed efficace.

Un altro punto fonte di molte discussioni è il miglioramento della stabilità del core attraverso l'esercizio fisico come strumento di prevenzione degli infortuni muscolo-scheletrici. Ad oggi mancano prove definitive che dimostrino un'associazione tra instabilità di base e infortuni; tuttavia, programmi di prevenzione ben organizzati, inclusi esercizi di stabilizzazione del core, sembrano essere efficaci nel ridurre la frequenza di infortuni alle estremità inferiori e alla bassa schiena.

I programmi di prevenzione che mirano alla stabilità del core si concentrano sul miglioramento del reclutamento degli stabilizzatori locali e globali, dei mobilizzatori globali e dei muscoli che permettono il trasferimento del carico dagli arti superiori/inferiori al tronco, ripristinando la forza e la resistenza muscolare e ripristinando la postura e l'equilibrio attraverso il controllo neuromuscolare.

Aldilà di tutto ciò che riguarda la core stability, che è attualmente oggetto di studio e di discussione, in questo articolo voglio parlarti di uno degli esercizi più importanti dell’allenamento a corpo libero: il plank.

E’ bene fare un'importante precisazione: ogni disciplina dirà che la forma di plank che utilizza nei suoi protocolli di allenamento è sempre migliore di altre. Io mi pongo dalla parte del modello prestativo, dove la richiesta è sempre specifica ed è fine al miglioramento di una certa gestualità.

In questo articolo non voglio dirti quale sia il plank e quale plank bisogna fare a priori, ma che un certo tipo di esecuzione è più funzionale ad un certo tipo di allenamento, nel mio caso l’allenamento calisthenics.

Che cos’è il plank per l’addome?

Diciamo che è opportuno diversificare la tipologia di plank che si esegue in funzione della richiesta; in particolare, nell’ambito calisthenico il plank ha una funzione dominante: attivazione della parete addominale e sinergici per garantire una linea esteticamente piacevole e ottenere un sistema che sia facile da spostare nello spazio, soprattutto in gestualità che hanno un pattern motorio complesso. Vi sono tantissimi sport dove è presente questa necessità: dalla ginnastica artistica maschile e femminile, il trampolino elastico, i tuffi, il canottaggio e molto altro.

E’ ovviamente riduttivo limitare il plank ad un esercizio di attivazione addominale, perché in realtà il sinergismo è veramente molto elevato e, nonostante sia considerato un esercizio semplice e banale da chi pratica calisthenics, troppi peccano ancora nell’esecuzione.

A cosa serve il plank?

Nell’ambito dell’allenamento a corpo libero quando pensi al plank pensi ad una postura “chiusa”, che però non va confusa con “esasperare” un certo tipo di atteggiamento posturale perché si rischia di ottenere un effetto non desiderato.

Nell’universo dei movimenti del calisthenics il plank si inserisce in praticamente tutti i movimenti o meglio, il reclutamento posturale che lo distingue caratterizza quasi tutti gli allineamenti dei movimenti a corpo libero dove si ricerca un'attivazione sinergica, che connetta la parte alta del corpo con la parte bassa. Addirittura, a causa della voluta attivazione di alcuni muscoli scapolari, si crea una elevata connessione tra arti superiori e inferiori attraverso il tronco.

La capacità di connettere attivamente distretti così lontani è un problema non indifferente che ho constatato esserci in quasi tutti i principianti: immagina di non riuscire ad eseguire due movimenti scapolari in sinergia, come puoi pensare di unirli ad un atteggiamento del bacino? E delle gambe? E poi unire tutto all’attivazione degli arti superiori. Il risultato è sempre mediocre e non funzionale, il primo step è sempre imparare una cosa fondamentale: il reclutamento dei singoli muscoli. Solo successivamente puoi procedere ad una integrazione delle diverse componenti.

IL plank è, quindi, un esercizio che presenta una postura che si applica a quasi tutti i movimenti del calisthenics: dalla planche, al front lever, alla verticale, ai piegamenti sino alle trazioni.

Questo non significa che, se non fai il plank come ti descriverò in questo articolo, non puoi fare calisthenics ma che probabilmente prima o poi farai semplicemente più fatica.

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Come si esegue e come si fa l’esercizio corretto del plank?

Vista frontale di un plank
Alessandro Mainente esegue la plank

Come accennato, in questo articolo trattiamo un'esecuzione del plank che abbia un'utilità nel contesto del calishtenics: ovviamente lo spettro delle attività dove si può applicare questa variante è molto grande e va dalla ginnastica artistica alla ginnastica aerobica e, in generale, comprende tutte le pratiche sportive dove è necessario spostare il corpo come un’unica entità.

Vorrei fare una importante precisazione: la postura del plank non è l’unico allineamento utilizzato in discipline come la ginnastica o i tuffi o il trampolino elastico, ma è una delle 2 posture principali. Infatti,  tutto si basa sul ciclo stiramento/accorciamento della catena cinetica anteriore e posteriore per produrre un affetto di accelerazione o/e decelerazione verticale e/o orizzontale del baricentro.

Il plank deve essere sempre funzionale alle sue evoluzioni. Realizzare una forma che poi si "traferisce" poco sugli esercizi considerati una progressione (in termini di difficoltà) significa potenzialmente sviluppare meno forza nei gesti più complessi. E’ importante, quindi, prima definire quali movimenti vuoi imparare, quali posture presentano e creare una digressione didattica fino a spolpare il movimento alla sua forma propepedeutica. Il plank è la forma propedeutica di qualcosa e a sua volta lo step successivo di un qualcosa di ancora più semplice…che però ti spiegherò successivamente.

Adesso ti presento quelli che sono i dettagli principali del plank, giustificando e, se possibile, giustificare la scelta di un certo assetto e/o attivazione muscolare:

  • La prima cosa che DEVE sempre esserci è l’allineamento dei 3 giunti principali che sono spalle, bacino e caviglie. Immaginate di tracciare una linea immaginaria che parte dalle spalle e vai sui piedi…questa linea DEVE passare dal bacino;
  • Il secondo punto importante è il posizionamento delle spalle sopra i gomiti che, sia in visione laterale sia in visione frontale, devono sempre essere sopra i gomiti;
  • Terzo dettaglio non indifferente è la rotazione dell’omero: gli avambracci devono essere paralleli. Perché questa scelta? Immagina il plank come evoluzione di qualcos’ altro. Se da un plank sui gomiti poi procedo ad un plank a braccia tese questo diventa la base dei piegamenti a terra (di cui ho scritto un interessante articolo).

Affinché il piegamento base sia utile per esercizi più complessi, i gomiti devono muoversi lungo il busto, come succede nelle dip alle parallele, o nei piegamenti sbilanciati a terra o nei piegamenti in verticale liberi; ma come fanno a rimanere aderenti alla parte superiore del corpo se l’omero è ruotato internamente (nella posizione iniziale di plank a braccia tese)? Se l’omero è ruotato internamente, la parte posteriore del gomito sarà orientata verso l’esterno e nei successivi piegamenti il l’omero non sarà mantenuto aderente al busto.

Non vale la pena correggere il gesto in futuro, perché sarà solamente una perdita di tempo e un correre dietro ad un sistema nervoso che è stato abituato a fare le cose diversamente;

  • Passiamo alle scapole e alla colonna: l’unico accorgimento è quello di non adagiarsi sulle spalle, ma pensare a spingersi sempre verso l’alto e contemporaneamente mantenere le spalle lontano dalle orecchie.Questo  genera una abduzione delle scapole e una depressione. Nota importantissima: l’abduzione delle scapole dovrebbe limitarsi all’attivazione del gran dentato anteriore e non al piccolo pettorale.

    Ogni movimento dove c’è una esagerazione del piccolo pettorale presenta un'anteposizione eccessiva della spalla e un tilt anteriore. Nell’evoluzione del plank avere un assetto estremizzato non è la soluzione ottimale; tuttavia, in individui alle prime armi si consiglia di spingersi via al massimo, ovvero il principiante non deve assolutamente pensare a modulare l’attivazione. Una cosa che mi ha colpito negli ultimi dieci anni di lavoro è che il neofita non riesce a combinare la protrazione delle scapole e la depressione o meglio se prima si attiva in abduzione di scapola poi la perde quando allontana le spalle dalle orecchie.

La corretta attivazione delle scapole genera una flessione della colonna di circa 15-20°; questo è l’allineamento che si ricerca sempre e purtroppo oggi è confuso con una eccessiva flessione della colonna, che estremizza la cifosi toracica con inevitabili adattamenti posturali e funzionali;

  • Il quinto punto di cui ti voglio parlare è il bacino: la maggior parte delle persone crede che fare un plank voglia dire retroversione. Ma la retroversione è una rotazione avanti del sacro e stop: e tu potresti ruotare il sacro avanti anche in flessione di anca (sino ad un certo punto ovviamente); tuttavia, plank e flessione d’anca sono due cose, che non possono coesistere e, infatti, a livello del bacino si ottiene l’attivazione corretta tramite l'utilizzo di due accorgimenti:
  1. Retroversione del bacino;
  2. Traslazione del bacino.

Ebbene il plank è un movimento di roto-traslazione dell’anca;

  • Questi sono i punti principali a cui ovviamente si aggiunge una adduzione degli arti inferiori e una estensione delle ginocchia.

Errori comuni nel plank

Di pari passo a queste regole di “buona condotta”, seguono sempre gli errori che dovresti sempre evitare; non è la pratica che rende perfetti, ma SOLO la pratica perfetta:

  • Ovviamente, in relazione al primo punto, se non riesci a mantenere sula stessa linea che corre dai piedi alle spalle anche il bacino, significa che non vi sono le corrette attivazioni muscolari;
    Errore esecuzione plank sedere altoErrore esecuzione plank troppo protratto
  • Le spalle: se guardassimo un plank scorretto lateralmente e/o frontalmente, puoi subito notare che l’omero non è perpendicolare al pavimento. Ho volutamente scritto “e/o”, perché l’errore in visione laterale può presentarsi in presenza o in assenza dello stesso errore in visione frontale.

Più le spalle sono sbilanciate in avanti, più il carico sarà su spalle e tricipiti; al contrario, il carico è maggiore sugli adduttori dell'omero.

In visione frontale sussiste un solo errore: il gomito si trova esterno alla spalla. Questo può essere dovuto a diversi fattori, fra cui deltoide posteriore molto accorciato e adduttori delle scapole accorciati; ma quasi sempre è più un'abitudine sbagliata;

  • Gli avambracci che non sono paralleli sono un altro grosso problema. Le motivazioni vanno da una maggiore comodità fino ad una difficoltà vera e propria ad extra ruotare l’omero. Questo succede perché vi sono diversi muscoli che ci aiutano a mantenere la depressione delle scapole, fra cui pettorale, piccolo pettorale, gran dorsale, grande rotondo, trapezi etc. Alcuni di questi sono anche rotatori interni dell’omero e quando vengono contratti per deprimere le scapole finiscono per ruotarlo internamente. Gli extra-rotatori, che sono naturalmente più deboli degli intra-rotatori, dovranno vincere la tensione muscolare prodotta da questi ultimi e riportare gli avambracci in una posizione dove sono paralleli;
    Errore plank gomiti non paralleli
  • Errori nelle scapole: la perdita di spinta verso l’alto produce un'adduzione delle scapole. La spinta potrebbe presentare un problema di attivazione motoria oppure una limitazione passiva di altri muscoli (vedi la parte sulla mobilità).
    Il secondo errore è l’elevazione della scapola: l’idea è sempre quella dell’assetto più sicuro e in questo caso il posizionamento stabile della testa dell’omero nella cavità glenoidea si produce anche con una depressione dell’omero;
  • Il tilt pelvico anteriore concorre a limitare l’atteggiamento corretto del plank esattamente, come la presenza della sola retroversione. Infatti, il classico plank che sembra la capanna di un indiano può presentare una flessione d’anca con antiversione del bacino, ma anche una flessione di anca con retroversione del bacino. Solitamente dato che flessione di anca più antiversione richiede una maggiore estensibilità della catena postero-inferiore sopra a media è più probabile incorrere in una flessione di anca con retroversione. Sono entrambe situazioni sbagliate, perché peccano di estensione d’anca;
  • Divaricare eccessivamente gli arti inferiori aumenta la base di appoggio e la stabilità del movimento. Flettere le ginocchia è un chiaro segno che non si riesce ad estendere l’anca senza coinvolgere le gambe ma nel paragrafo della mobilità vi saranno interessanti approfondimenti.

Come imparare il plank?

Come ho accennato in diversi articoli è necessario creare una digressione, una scomposizione che permetta anche a chi ha poca connessione mente muscolo di raggiungere il plank. Lavorando con centinaia di persone ho notato che ciò che troverai di seguito non è così scontato come sembra ed è un approccio estremamente valido per inserire un tassello alla volta e integrare le singole attivazioni SOLO dopo averle ottimizzate separatamente:

  1. Il primo step è puramente un lavoro sulla connessione mente-muscolo, quella che io chiamo "coscienza muscolare", ossia la capacità di reclutare attivamente un muscolo in una situazione NON facilitante. E la difficoltà è proprio questa: comunemente si pensa che la condizione non facilitante sia solo un carico molto alto, un'intensità altissima, ma in realtà può essere anche una attivazione senza resistenza.Perché è fondamentale fare ciò? Perché nel plank ti trovi ad attivare alcuni muscoli in una condizione in cui non hanno un resistenza che li stimoli ad attivarsi.Se ci pensi quando sei in piedi se porti le spalle vicino alle orecchie poi la forza di gravità ti aiuta a capire cosa vuol dire deprimere le scapole, ma perché il vettore di forza della depressione è parallelo alla forza peso.Ma quando sei in plank questo non succede, perché l’elevazione e la depressione avvengono lunga una direzione che è perpendicolare alla forza peso. Questo significa che devi attivare la depressione in una condizione dove non c’è nulla che ti induce a farlo, che ti aiuta, che ti da un input di partenza. Ed è proprio in questa situazione che entra in gioco la capacità di reclutare volontariamente la muscolatura anche in condizioni non favorevoli.

Lo stesso discorso vale per i muscoli che si alternano in abduzione e adduzione della scapola. Lavorano bene quando il corpo è parallelo al pavimento e non quando è perpendicolare. Questo significa che adduzione e abduzione sono più difficili da riprodurre quando sei in piedi e non quando sei in plank: non a caso TUTTI hanno più difficoltà a deprimere le scapole e non a spingersi via dal pavimento.

Esattamente per questo motivo il tuo primo obbiettivo è imparare a:

  1. Addure e abdurre le scapole in piedi e in quadrupedia prona (a gattoni);
  2. Elevare e deprimere le scapole in piedi e in quadrupedia prona;
  3. Addurre/abdurre in combinazione con l'elevazione/depressione in piedi;
  4. Addurre/abdurre in combinazione con l'elevazione/depressione in quadrupedia prona.

Nel mentre dovrai imparare anche a distinguere e combinare tre atteggiamenti del bacino:

  1. Antiversione e flessione di anca;
  2. Retroversione e flessione di anca;
  3. Retroversione ed estensione di anca.

Solo quando padroneggi bene tutti questi movimenti elementari potrai cimentarti nelle didattiche per la plank.

  1. Il modo più semplice per scalare un plank è eseguirlo su un rialzo a 45°; quindi, per esempio appoggiando gli avambracci su un tavolo o su una panca o su un cubo per la pliometria e avendo cura di introdurre la combinazione di abduzione e depressione scapolare e retroversione ed estensione dell’anca;
  2. Arrivato a questo punto hai due soluzioni: puoi decidere di ridurre l’altezza del rialzo oppure lavorare a terra e scalare la leva.La prima strategia non è molto efficace, perché appena il corpo si posiziona parallelo al pavimento quasi tutti non riesco a deprimere le scapole. Ed è per questo motivo che ti consiglio di lavorare sulla seconda strategia, partendo dal plank sul bacino.

L’idea è la seguente: immagina di eseguire il plank e prendi nota di quanto è alto il bacino da terra. Prendi un rialzo, come un materassino o alcuni libri, e usalo come appoggio per il bacino.

Plank sui gomiti e sulle ginocchia

L’obbiettivo è, dunque, unire atteggiamento delle scapole a quello del bacino con una leva ridotta;

  1. Il passo successivo è allungare la leva e spostare l’appoggio sulle ginocchia, ma senza flettere le ginocchia. Anche in questo caso prendere nota dell’altezza che le ginocchia avrebbero in un plank completo e utilizzatelo anche qui;
  2. Ultimo step: dalla posizione in ginocchio devi rimanere sempre in appoggio sul materasso ma, dopo aver poggiato i piedi a terra, estendere le ginocchia completamente. Questo ridurrà quasi del tutto l’assistenza del ginocchio e finalmente sarete in plank sui gomiti.

Quali sono i muscoli coinvolti nel plank

L’obbiettivo del plank è sicuramente il rinforzo di tutta catena cinetica anteriore, che permetterà di muovere il corpo come un'unica entità, riducendo così la difficoltà del movimento.

In particolare, troviamo una forte attivazione di spalle, retto dell’addome, obliquo esterno e medio gluteo. Per la zona coinvolta nell’attivazione delle scapole troviamo:

  • il gran dentato principalmente come abduttore delle scapole;
  • gran dorsale, gran pettorale e trapezio basso per la depressione delle scapole;
  • Infine, rotatori esterni dell’omero per tenere gli avambracci paralleli.

Bisogna menzionare che, se il plank viene eseguito sul collo del piede, c’è un certo coinvolgimento anche del tibiale anteriore.

Infine, ma non meno importante, il ruolo del quadricipite femorale nell’estensione del ginocchio e dei flessori dell’anca.

Quali sono i benefici del plank?

Come menzionato nei paragrafi precedenti, il plank è un esercizio che stimola in modo importante tutta la parete addominale, è uno schema motorio ampliamente utilizzato nel calisthenics e non solo e può essere un ottimo strumento per una correzione posturale; per esempio, in tutti quegli individui che presentano un deficit di estensione di anca o le scapole alate.

Plank a braccia tese

Plank a braccia tese di Alessandro Mainente

IL plank a braccia tese è la prima evoluzione del plank sui gomiti. La differenza sostanziale è l’estensione del gomito e l’estensione del polso. Entra, quindi, in gioco una componente di stress articolare maggiore, soprattutto in individui con una ridotta estensione del polso.

Notare che per alcuni la capacità di abdurre le scapole spingendosi via dal pavimento aumenta in modo considerevole; al contrario, se tutto il palmo viene mantenuto aderente al pavimento, può essere più difficile:

  1. Estendere i gomiti: questo è dovuto al fatto che la pronazione completa stira al massimo il bicipite brachiale e a questa si aggiunge anche lo stiramento sul gomito. In persone con una elevata tensione al bicipite si può presentare una maggiore difficoltà ad estendere il gomito;
  2. Extra-ruotare l’omero: la pronazione della mano, in caso di pronatori poco elastici (in particolare pronatore rotondo), può trascinare con se la parte distale dell’omero che finisce in rotazione interna. A questo punto solo per una tensione all’avambraccio farai più fatica ad attivare gli extra-rotatori.

Plank a gambe alternate

Il plank a gambe alternate con sollevamento del braccio controlaterale (posa denominata bird-dog) è un esercizio di stabilità del core, che permette di allenare un numero più elevato di muscoli rispetto ad un plank normale e sicuramente incrementa anche la componente coordinativa.

Per eseguirlo si parte da una posizione di quadrupedia prona con un allineamento della colonna neutro; ti consiglio in seguito di eseguire sollevamento unilateraterale di braccio o gamba e solo successivamente coordinare il sollevamento di un braccio con la gamba controlaterale (opposta).

La sinergia muscolare pone in sincronia obliquo esterno, grande e medio gluteo, bicipite femorale (capolungo, se il ginocchio è in estensione completa), lunghissimo del dorso e multifido.

Plank superman (long hollow)

Questa variante del plank a braccia tese è sicuramente avanzata e il raggiungimento della posizione finale simula abbastanza bene il movimento dell’ab-wheel. Rispetto ad un plank a braccia tese normale si produce un aumento della flessione scapolo omerale, portando a:

  • un maggiore stiramento del gran pettorale che, come ben saprai, quando viene allungato porta ad una estensione della colonna, in contrasto con l’atteggiamento di colonna leggermente flessa che dovresti ricercare. Di conseguenza dovrai reclutare maggiormente gli addominali per contrastare questa tendenza ad estendere la colonna;
  • una maggiore flessione scapolo-omerale che impone anche un maggiore stiramento del dorsale e una maggiore contrazione dello stesso per evitare di cadere sul pavimento. Il gran dorsale è cifo-lordosizzante e nel momento in cui si accentua la lordosi lombare inevitabilmente si produce una flessione d’anca con perdita inevitabile dell’estensione dell’anca. In questo frangente soprattutto la parte bassa dell’addome e i glutei dovranno lavorare ancora di più per impedire la perdita di allineamento corporeo;
  • Infine, la massima flessione scapolo-omerale e relativa contrazione degli stessi muscoli che si allungano comporta anche un aumento della tendenza dell’omero a ruotare internamente. La flessione scapolo-omerale e rotazione interna dell’omero non sono una combinazione molto piacevole per la spalla quindi in presenza di limitata mobilità articolare sconsiglio questo esercizio allo stesso modo con cui sconsiglio l’ab-wheel.

Plank monopodalico a una gamba

L’esecuzione del plank monopodalico può avere un suo perché all’interno della preparazione a secco di alcuni sport, come per esempio il nuoto in presenza di stili ad esecuzione prona come lo stile libero. Logicamente tutto il carico si riversa su un solo lato e qui, quasi sempre, si possono mostrare delle differenze tra destra e sinistra. In casi come questo è sempre bene impostare il lavoro sull’arto più debole e mai su quello più forte.

Plank monopodalico a una gamba

Il plank laterale, denominato anche side-bridge, è un ottimo esempio di esercizio di stabilizzazione del core e permette di colpire la spalla principalmente sul deltoide laterale, obliquo esterno, retto dell’addome e gluteo medio.

Nonostante molto spesso venga assegnato in palestra come uno dei tanti esercizi per il core, senza un obbiettivo particolare, è invece una variante che trova diverse applicazioni nella ginnastica artistica, nel calisthenics e nel Pole Sport.

In particolare, nella ginnastica diventa un modo per comprendere come allineare la colonna in tutti gli avvitamenti principalmente quando avvengono sul piano sagittale. Nel calisthenics e nel Pole Sport è un esercizio che io consiglio assolutamente in avvicinamento alla bandiera (human flag), in quanto funge da preparazione fisica di base per la stabilità della colonna nei movimenti in sospensione/appoggio al palo/spalliera.

Plank laterale con rotazione

Plank laterale di Alessandro Mainente

Questa è una delle varianti più sottovalutate e risente moltissimo di tensioni muscolari sul dorso e sull’addome e ovviamente ha come requisito base il plank laterale.

Il movimento trova una forte applicazione in tutti quei gesti dove sussiste una rotazione della colonna o una contro-rotazione della colonna (cioè i fianchi ruotano in un verso e la colonna ruota nel senso opposto). Due esempi sono gli avvitamenti sul piano sagittale tipici della ginnastica artistica e i mulinelli al cavallo con maniglie.

Le direttive esecutive sono molto semplici:

  • Inizia da una posizione di plank laterale su un gomito (supponiamo il destro);
  • La mano sinistra va posizionata dietro la testa e il braccio sinistro in massima abduzione (devi percepire il deltoide posteriore sempre contratto);
  • I piedi sono completamente sovrapposti;
  • A questo punto devi ruotare la colonna e raggiungere il pavimento con il gomito, SOLAMENTE grazie alla rotazione della colonna e non tramite una adduzione del braccio superiore;
  • Nello stesso momento pensare a ruotare i fianchi nel verso opposto (la famosa contro-rotazione). Questo garantisce un lavoro localizzato principalmente nella zona toracica della colonna.

Allenare il plank ogni giorno.

Quando si tratta di allenare gli addominali si pensa banalmente che se li alleno tanto il grasso addominale andrà via, ma in realtà fare il plank tutti i giorni non farà spuntare gli addominali.

Per chi vuole inserire questo esercizio a scopo didattico per la verticale o per la planche o per i piegamenti a terra preferisco contestualizzare:

  • Se non si è in grado di controllare i singoli movimenti, è bene allenarlo 2-3 volte a settimana. Lo stesso si può dire per chi ha già una buona confidenza e percepisce che è un movimento allenante;
  • Se già si ha buona dimestichezza con questo esercizio, lo si può inserire addirittura come un esercizio di riscaldamento.

Quante serie e secondi fare in plank?

Anche in questo frangente definiamo un livello atletico:

  • Il principiante può limitarsi a 3-4 serie da 6-12’’;
  • Intermedio può spostarsi nel range 24-36’’;
  • Chi desidera utilizzarlo come esercizio di potenziamento potrebbe lavorare anche su tenute da 60’’ per almeno 5 serie.

Ricordati sempre che il contesto fa da padrone: se ti serve un core molto forte perché fai sforzi ad alta intensità, potresti anche beneficiare del plank con sovraccarico (per esempio con un disco sulla schiena); mentre se il tuo obbiettivo fosse lo sviluppo della resistenza è inevitabile considerare la possibilità di inserire tenute che vanno bel oltre il minuto, per molteplici serie.

Esempio di scheda per il plank

Trattandosi di un esercizio che lavora principalmente muscoli ad affaticamento lento l’idea più comune è allenarli con un recupero breve e/o utilizzare un esercizio di compensazione per allungare proprio la muscolatura che viene accorciata nel planche (principalmente il retto dell’addome):

  • Eseguire come se fosse un circuito i seguenti 2 esercizi:
  • 60’’ plank;
  • 20’’ di cobra;
  • Ripetere tutto senza sosta per 5-7 serie.

Meglio il plank o i crunch?

Sicuramente il plank è il miglior esercizio di TUTTI…..questa sarebbe la classica risposta di chi vuole tirare l’acqua al proprio mulino. In realtà non esistono esercizi migliori di altri, ma sono esercizi adatti al modello prestativo.

Il plank è un esercizio in estensione di anca in isometria, mentre il crunch è un esercizio dinamico di flesso-estensione della colonna che quasi sempre viene eseguito in flessione d’anca.

Il plank subisce la leva sui flessori dell’anca, che tendono a portare la parte bassa del rachide in estensione, mentre nel crunch gli arti inferiori non lavorano in modo attivo e non concorrono a fare perdere l’allineamento.

Il plank, inoltre, fa utilizzo attivo della muscolatura scapolare e delle spalle, cosa che, invece, nel crunch non avviene.

Infine, mentre il primo insegna un atteggiamento posturale, il secondo è un esercizio fine a sé stesso di reclutamento dei flessori della colonna.

Sono esercizi differenti che, nel loro complesso, attivano muscolature simili ma che non possono essere considerati alternativi se l’obbiettivo è il raggiungimento della prestazione fisica.

Per fare il plank serve la mobilità?

Non ti nego che questo è uno dei paragrafi che morivo della voglia di scrivere.

La fatidica domanda: ma per fare il plank serve mobilità?

Ovviamente, senza pretendere di dare una definizione di mobilità, voglio porti la domanda in un altro modo: ci possono essere difficoltà di esecuzione in presenza di muscoli accorciati? La risposta è DECISAMENTE SI.

In questo paragrafo voglio mostrarti con quanta facilità le tensioni passive muscolo-fasciali possono incidere sulla buona riuscita di un plank:

  • Rotatori interni: quando questi sono molto accorciati impediscono di mantenere gli avambracci paralleli;
  • Addutori delle scapole: se romboide e medio trapezio sono troppo corti impediscono una corretta abduzione delle scapole;
  • Elevatore della scapola e trapezio alto: possono limitare la depressione delle scapole;
  • Paravertebrali molto accorciati mantengono la colonna in estensione limitando indirettamente la flessione della colonna stessa e l’abduzione delle scapole: ne risentiranno sicuramente gli addominali;
  • Quadricipiti e flessori dell’anca: questo è la nota forse più particolare. I flessori dell’anca permettono di spingere contro il pavimento per mantenere su il corpo; il problema è che, se sono più forti degli addominali, si finisce per perdere l’estensione e la retroversione del bacino.

    Questo è uno dei motivi per cui il plank è molto difficile, perché tutti utilizzano i flessori dell’anca ogni volta che camminano a passo lento o sostenuto oppure ogni volta che si fanno le scale. Mi capisci, quindi, che gli stimoli di attivazione che vengono perpetuati durante la giornata sono sempre tantissimi.

    E’ molto più probabile avere flessori dell’anca molto forti. Aggiungi, inoltre, che la vita sedentaria e i lavori da scrivania producono un accorciamento sempre dei flessori dell’anca al punto che dopo un po’ di tempo ti trovi con muscoli forti…e accorciati.

    E gli addominali devono contrastare esattamente tutto ciò…su una leva non certo trascurabile…cioè la lunghezza degli arti inferiori: capito come mai il plank non è così semplice?

Plank sulle dita o sul collo del piede

Anche questo è un paragrafo interessante: quale è il più difficile?

Diciamo che vi sono due problemi principali:

  • Sicuramente mantenere il peso sul collo del piede pone in stiramento il tibiale anteriore e questo molto spesso comporta il presentarti di fastidiosi crampi ai piedi e ai polpacci;
  • Spostare il peso sulla parte anteriore del piede comporta un aumento della leva proporzionale a quanto i estende il tibiale: maggiore la flessione plantare maggiore lo stiramento e quindi maggiore la leva. Vale esattamente il contrario in caso di flessione plantare ridotta.

Il plank sulla swissball

Alessandro Mainente esegue un plank sulla swissball

Ammetto che non vedevo l’ora di scrivere questo paragrafo. Porterò in luce un paio di concetti direttamente dal mondo dell’aerodinamica che però trovano nel plank un contesto molto interessante.

Prima di tutto è bene distinguere 2 tipologie di lavoro sulla swissball:

  • I piedi in appoggio sulla swissball con gli arti superiori su una superficie stabile;
  • Arti superiori sulla swissball e piedi in appoggio a terra.

Questo tipo di lavoro è più facile o più difficile rispetto ad una superficie stabile? E rispetto ad un plank sugli anelli/trx? Mi sento di dire che è semplicemente DIVERSO.

Indubbiamente chiunque la prima volta appoggi i gomiti su una swissball ti dirà che è difficilissimo rispetto al pavimento e che è diverso rispetto agli anelli/trx, esattamente come chi fa gli accordi su una chitarra con la mano destra troverà impossibile eseguire gli accordi con la sinistra.

Dal punto di vista pratico la swissball si comporta esattamente come un aereo. Un aeroplano deve stabilizzare 3 movimenti principali:

  • Rotazione sul suo asse (yaw);
  • Rovesciamento sul piano sagittale (roll);
  • Rovesciamento sul piano trasversale (pitch);
Plank con la swissball come un aereo

Ovviamente, data la pressione che l'atleta esercita sulla swissball, non è necessario dover stabilizzare l’instabilità sul suo asse (yaw) semplicemente perché la palla è spinta verso il pavimento e c’è troppo attrito per creare una rotazione.

Il lavoro si limita quindi ai due rimanenti gradi di libertà e comporta un elevatissimo sinergismo muscolare ed è quindi un ottimo lavoro per la propriocezione e per il riscaldamento, ma ha poca utilità se l’obbiettivo è lo sviluppo della forza su una superficie stabile.

Conclusioni sulla plank

Se sei arrivato fino a qui, avrai capito che la plank non è poi un esercizio così semplice come sembra, e anzi è ricco di dettagli e trappole che vanno sapute affrontare con l'approccio corretto.

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